Da dove nasce questa idea?
I vaccini agiscono attivando le difese dell’individuo nei confronti di diversi microrganismi. Poiché il sistema immunitario è un meccanismo estremamente delicato e complesso, è lecito temere che un intervento esterno possa in qualche modo indebolirlo oppure sbilanciarlo, scatenando malattie autoimmuni e allergie. In realtà la stimolazione indotta dalle vaccinazioni, come spiegato qui, è irrilevante rispetto alle tante che l’organismo riceve ogni giorno. Ma il fatto che le stesse malattie infettive che le vaccinazioni simulano possano a volte produrre effetti di questo tipo ha spinto i ricercatori ad approfondire comunque la questione.
Malattie come l’influenza o il morbillo, per esempio, anche quando sono superate senza complicazioni, lasciano i pazienti debilitati e più suscettibili ad altre infezioni. Dopo aver fatto il morbillo, un bambino resta indebolito anche per due o tre anni: si ammala di più e rischia più di un bambino vaccinato che alle comuni malattie delle alte vie respiratorie, per esempio, si sovrappongano polmoniti pericolose, al punto da fargli rischiare la vita. E questo è stato dimostrato sui bambini dei Paesi più ricchi, non di quelli poveri, dove concorrono altri fattori di rischio come il livello di assistenza sanitaria o le condizioni nutrizionali.
Inoltre, ci sono malattie infettive in grado di scatenare reazioni autoimmuni, per esempio per la somiglianza tra componenti di alcuni microrganismi e di alcuni tessuti: basti pensare alla malattia reumatica scatenata dallo streptococco o ad alcune forme di diabete innescato da infezioni virali. Si è quindi indagato a lungo se anche le blande infezioni asintomatiche provocate dai vaccini a virus vivi e attenuati oppure gli antigeni portati dagli altri potessero provocare gli stessi effetti.
Infine, alcune teorie racchiuse sotto il nome di “ipotesi igienica”, alla fine del secolo scorso, sembravano attribuire un ruolo protettivo delle infezioni della prima infanzia rispetto allo sviluppo di asma e allergie. Il precoce contatto con molti microrganismi negli ultimi figli di famiglie numerose o nei ragazzini cresciuti in campagna avrebbe in qualche modo “istruito” il sistema immunitario a rispondere in maniera adeguata, mentre il miglioramento delle condizioni igieniche e i minori stimoli a cui sarebbero sottoposti i figli unici, più comuni oggi, renderebbero conto dell’aumento dei casi di asma e allergia registrati negli ultimi decenni. A parte il fatto che questa linea di ricerca oggi è parzialmente ridimensionata, seppure per certi aspetti considerata ancora interessante, in nessun modo questa avvallerebbe un maggior rischio prodotto dalle vaccinazioni, dal momento che per il sistema immunitario queste equivalgono al contatto con il rispettivo agente infettivo.
Cosa la smentisce?
Anche gli studi epidemiologici smentiscono che nei bambini vaccinati vi sia una maggiore incidenza di malattie di natura allergica o autoimmune rispetto a quel che si ritrova tra i non vaccinati. Anzi, i bambini più vaccinati rischiano meno allergie nei primi anni di vita rispetto agli altri, e non il contrario.
Per quanto riguarda le malattie autoimmuni, esistono casi in cui la vaccinazione può indurre la stessa reazione della malattia da cui protegge, ma molto più raramente: può capitare per esempio in un caso su 30.000 bambini vaccinati contro morbillo, parotite e rosolia, che il sistema immunitario attivato contro i virus prenda di mira anche le piastrine che impediscono i sanguinamenti spontanei, un’eventualità che si verifica in un caso su 3000, cioè dieci volte più spesso, nei pazienti col morbillo, ma che comunque è transitoria e benigna.
Molti studi hanno invece escluso possibili legami tra le vaccinazioni e altre possibili malattie autoimmuni (diabete, morbo di Crohn o sclerosi multipla).