Da dove nasce questa idea?
Purtroppo in rete o nei discorsi comuni è facile imbattersi nell’idea che i vaccini possano ridurre l’attività del sistema immunitario, cioè esattamente il contrario della ragione per cui sono stati prodotti e vengono somministrati.
È curioso che i sostenitori di questa teoria spesso rivolgano ai vaccini anche l’accusa opposta, cioè di determinare un’eccessiva stimolazione del sistema immunitario, facilitando la comparsa di allergie e malattie autoimmuni, come si spiega qui.
Il paradosso deriverebbe da uno sbilanciamento delle diverse componenti del sistema immunitario, una teoria plausibile, che tuttavia non trova prove a sua conferma, tanto più che la stimolazione indotta dalle vaccinazioni, come spiegato qui, è irrilevante rispetto alle tante che l’organismo riceve ogni giorno.
Cosa la smentisce?
Malattie come l’influenza o il morbillo, anche quando sono superate senza complicazioni, lasciano i pazienti debilitati e più suscettibili ad altre infezioni. Lo stesso non è stato tuttavia verificato dopo le vaccinazioni contro le medesime malattie.
Fin dal 2000 uno studio tedesco dimostrò che nei bambini vaccinati contro difterite, tetano, pertosse, emofilo B e poliomielite contemporaneamente entro il terzo mese di vita i sintomi tipici di malattie infettive (vomito, tosse, raffreddore, agitazione, dolore, esantemi) erano molto meno frequenti che nei bambini non ancora vaccinati [1].
In Danimarca, un grande studio condotto su oltre 400.000 bambini ha dimostrato che quelli che entro i due anni avevano ricevuto il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia avevano meno ricoveri ospedalieri per infezioni rispetto a quelli in cui la procedura era stata rimandata.
Dopo aver fatto il morbillo, per esempio, un bambino resta indebolito anche per due o tre anni: si ammala di più e rischia più di un bambino vaccinato che alle comuni malattie delle alte vie respiratorie, per esempio, si sovrappongano polmoniti pericolose, al punto da fargli rischiare la vita. Una maggiore mortalità per altre malattie infettive, negli anni successivi al morbillo, è stata dimostrata sui bambini di Inghilterra, Danimarca e Stati Uniti, non solo negli abitanti dei Paesi più poveri, dove concorrono altri fattori di rischio come il livello di assistenza sanitaria o le condizioni nutrizionali [2].
Uno studio pubblicato sull’importante rivista Science ha poi confermato che questa maggiore suscettibilità alle infezioni ha un fondamento biologico forte, dal momento che in bambini non vaccinati che avevano preso il morbillo è stato dimostrato un calo importante degli anticorpi rivolti contro altri agenti infettivi [3].
I vantaggi non riguardano solo la vaccinazione contro il morbillo: un grande studio di popolazione condotto sugli oltre 800.000 bambini nati in Danimarca tra il 1990 e il 2001, all’aumento del numero di vaccinazioni a cui erano sottoposti non è corrisposto alcun incremento nel numero di ricoveri per infezioni [4].