Per Covid-19 l’immunità di gregge è vicina?

18 Ottobre 2021 di Roberta Villa

Per Covid-19 l’immunità di gregge è vicina?L’espressione “immunità di gregge”, traduzione dell’inglese “herd immunity”, indica la protezione che in alcuni casi e per alcune malattie infettive può essere conferita, a chi non è immune, dal fatto di avere intorno una larga maggioranza di persone che invece sono già al sicuro da una determinata infezione. Talvolta, chi ha sviluppato una risposta immunitaria efficace – grazie alla vaccinazione o per aver contratto in passato la malattia – può bloccare la trasmissione e la circolazione dell’agente infettivo, creando così una sorta di barriera intorno a chi è più vulnerabile per non aver risposto alla vaccinazione, per non essersi voluto vaccinare, o non averlo potuto fare a causa di controindicazioni mediche, età o altro [1,2].

Il fenomeno è descritto con equazioni matematiche complesse, che mostrano come la soglia di persone immuni necessaria a proteggere gli altri vari in relazione a quel fattore R0 che ormai abbiamo imparato a conoscere e che indica la contagiosità propria di un agente infettivo. Per il morbillo, che è tra i virus più contagiosi, con un R0 tra 15 e 18, la soglia per raggiungere l’immunità di gregge è stimata intorno al 95%; per l’influenza stagionale, che ha un R0 appena sopra l’1, in una popolazione può bastare meno di una persona immune su quattro a creare un ambiente più protetto per gli altri [3,4].

Per il ceppo originale di SARS-CoV-2, che aveva un R0 intorno a 3, si era parlato di una soglia del 65-70% di popolazione immune da raggiungere per ridurre al minimo la circolazione del virus, ma da allora molte cose sono cambiate, soprattutto a causa dell’arrivo di nuove varianti. Con la alfa, si è cominciato a parlare dell’80%. Con la Delta l’obiettivo è salito ulteriormente al 90% di tutta la popolazione, ma in realtà non è nemmeno certo che sia realisticamente raggiungibile [5].

Dottore, ma l’immunità di gregge si può raggiungere per via naturale senza vaccini?

All’inizio fu la Great Barrington Declaration [6]: tre esperti di epidemiologia e salute pubblica di altrettante università, tra le più importanti al mondo (Oxford, Harvard e Stanford), nell’ottobre 2020 stesero un appello, poi sottoscritto da oltre 864.000 persone (tra cui quasi 15.000 ricercatori e più di 44.000 medici), perché venissero eliminate tutte le misure non farmacologiche di controllo della pandemia. Basta continuare a lavarsi le mani e restare a casa quando non si sta bene, dicevano, ma, per il resto, la vita della popolazione generale può riprendere come prima. Solo i più vulnerabili dovranno continuare a mantenere distanze interpersonali per essere protetti. Una “focused protection”, una protezione mirata ai più fragili, che consentisse al virus di circolare liberamente tra tutti gli altri, in modo che gran parte della popolazione potesse produrre i propri anticorpi e nel giro di pochi mesi si riuscisse a costruire un ambiente abbastanza sicuro da poter riaprire la vita sociale anche ai più fragili.

Per Covid-19 l’immunità di gregge è vicina?L’idea era già stata ventilata dal premier britannico Boris Johnson nelle sue prime conferenze stampa all’inizio della pandemia, prima che la terribile prima ondata che aveva già travolto il Nord Italia traversasse la Manica. A quel punto, in pochi giorni, il governo di Sua Maestà fu costretto a cambiare rotta e imporre immediatamente restrizioni agli spostamenti e agli incontri tra le persone, per cercare di contenere l’invasione che rischiava di sovrastare gli ospedali e tutto il servizio sanitario nazionale.

Ottenere un’immunità diffusa nella popolazione in maniera “naturale”, senza l’aiuto dei vaccini, è infatti possibile, ma può costare molto caro. Avveniva con il vaiolo o con la peste, che si ritiravano da una zona quando ormai la maggioranza degli abitanti era immune perché sopravvissuta alla malattia, ma il prezzo da pagare per questa strategia (che allora non era tale, perché non c’erano alternative) erano centinaia di migliaia o milioni di vittime che restavano sul campo.

covid coronavirus icon virus

Dottore, vale anche per Covid-19?

La letalità da Covid-19 è certamente inferiore a quella di questi grandi flagelli del passato, ma non è trascurabile come a volte si vuol far credere, così come non trascurabili sembrano essere le sue conseguenze, più o meno gravi, a distanza di tempo. Le segnalazioni di long Covid anche tra le persone più giovani e dopo forme lievi non possono più essere ignorate [7].

Lasciar circolare liberamente l’infezione in attesa che la popolazione si immunizzi significa quindi fronteggiare un numero enorme di casi gravi, l’impossibilità di curare le altre malattie e un incalcolabile carico di conseguenze a lungo termine, tra cui possibili danni neurologici, cardiovascolari e addirittura, secondo qualche esperto, una possibile pandemia di diabete all’interno della pandemia da Covid-19, dovuta alla distruzione delle cellule deputate a produrre l’insulina nelle isole pancreatiche [8,9,10].

Tra i diversi approcci seguiti nei diversi Paesi del mondo per contrastare la pandemia, quello di chi ha cercato di inseguire un’immunità di gregge in questo modo non sembra aver ottenuto grandi successi, come dimostra il tragico caso del Brasile [11] o quello della Svezia, a volte raccontato in maniera distorta, ma ben spiegato nella scheda “Il modello svedese per la gestione di Covid-19 ha funzionato?”.

Dottore, nel caso di Covid-19 con la vaccinazione si può raggiungere l’immunità di gregge?

Per Covid-19 l’immunità di gregge è vicina?Diverso è il caso dell’immunità di gregge ottenuta con le vaccinazioni. Proprio il morbillo è il miglior esempio di come una vaccinazione di massa estesa, se non lascia sacche o fasce di età suscettibili, possa evitare epidemie anche dove emerge sporadicamente qualche caso. Il morbillo, però, così come la vaccinazione per evitarlo, conferiscono una immunità vivace e permanente, capace di impedire il contagio, non solo i sintomi della malattia.

Purtroppo per ora sembra che né un’infezione da Covid-19 né alcuno dei vaccini a oggi disponibili possano garantire lo stesso risultato. Prima di tutto, sebbene i dati italiani siano per ora molto rassicuranti, ci sono ormai numerose indicazioni che la concentrazione di anticorpi nel sangue delle persone guarite o vaccinate tenda a scendere nel tempo e a sei mesi sia già significativamente ridotta [12,13,14].

Come spiegato nelle schede relative all’uso dei test sierologici e alle terze dosi di vaccino ciò non significa necessariamente che la protezione svanisca del tutto in così breve tempo. Secondo i dati epidemiologici il dato si riflette in un sostanziale calo dell’efficacia nel prevenire l’infezione, che non possiamo sapere quanto scenderà ulteriormente in futuro. Rimane per ora una buona protezione nei confronti della malattia grave e i decessi, che ovviamente sono l’elemento cruciale, ma che non incidono sulla possibilità di avere un’immunità di gregge. Al calare dell’efficacia del vaccino, aumenta la percentuale di persone da vaccinare per poter raggiungere l’immunità di gregge, ma sotto un certo valore di efficacia questa diventa irraggiungibile anche vaccinando il 100% della popolazione [15].

Che cosa ci impedisce di raggiungere l’immunità di gregge?

L’ottimismo di chi pensava di poter raggiungere l’immunità di gregge con un buon tasso di vaccinazione della popolazione generale è stato incrinato da una serie di dati e risultati emersi negli ultimi mesi, ma soprattutto dalla comparsa delle varianti. Le mutazioni di cui è portatrice la variante Delta, per esempio, ormai prevalente in Italia e in Europa, la rendono più contagiosa delle varianti precedenti, aumentando l’asticella del tasso di vaccinazione necessario per una protezione collettiva. Inoltre, la variante Delta è in grado di eludere almeno in parte la risposta anticorpale indotta sia dalla malattia sia dal vaccino, per cui oggi è più facile che anche una persona con anticorpi contro la versione originaria di SARS-CoV-2 si possa infettare e trasmettere il virus ad altri. Il suo rischio di ammalarsi gravemente e finire in ospedale è sempre molto ridotto, ma la protezione nei confronti di chi gli sta vicino è inferiore.

Inoltre, se già non è facile raggiungere gli altissimi tassi di vaccinazione richiesti dai calcoli per la valutazione della soglia per l’immunità di gregge, non va dimenticato che al momento non disponiamo ancora di prodotti autorizzati al di sotto dei 12 anni, una fascia di popolazione che quindi per ora, mentre resta sicuramente esclusa dalle vaccinazioni, è anche uno dei gruppi dove ci sono più scambi, più a lungo, con più persone.

Infine, c’è il resto del mondo. L’immunità di gregge si può ottenere in un ambiente chiuso, ma la società in cui viviamo è, per fortuna, una società aperta, dove siamo felici che finalmente riprendano gli scambi, anche internazionali. Finché molti Paesi del mondo (non solo i più poveri) avranno tassi di vaccinazione molto più bassi del nostro, sarà sempre possibile che si verifichino focolai, nei quali potrebbero restare coinvolte anche persone fragili.

Più ci vacciniamo, più possiamo stare tranquilli, ma per girare del tutto pagina occorrerà ancora un po’ di pazienza.

Dottore, perché alcuni non la chiamano “immunità di gregge”?

Per Covid-19 l’immunità di gregge è vicina?La comunicazione della medicina e della salute non deve fare i conti solo con i dati, ma anche con le reazioni inconsce delle persone, le loro trappole mentali, le loro emozioni e l’impatto che l’uso delle metafore può avere nell’inquadrare in un modo positivo o negativo un’informazione. Basta pensare al linguaggio bellico usato dopo la pandemia per capire l’impatto che la scelta linguistica può avere sulle reazioni dei cittadini.

Allo stesso modo l’immagine del gregge è ormai fuori dall’esperienza quotidiana della maggior parte di noi e ricorre più nel linguaggio ecclesiastico che in quello quotidiano, favorendone un’interpretazione metaforica che può facilmente essere diversa da quella che si vorrebbe raggiungere. Se ci si sofferma su questo aspetto, è facile intuire che il gregge richiama l’idea di una massa di individui tutti uguali, che seguono un pastore senza manifestare né rivendicare una propria individualità. Per questo è spesso sbeffeggiata dagli esponenti più radicali del movimento antivaccinista come prova che chi decide di vaccinarsi o vaccinare i propri figli non è altro che un “pecorone” privo di senso critico e capacità di pensare controcorrente, al di fuori del pensiero mainstream.

Per evitare questi automatismi mentali che possono portare fuori strada, molti hanno proposto di sostituire il termine “immunità di gregge” con “immunità di gruppo”, “immunità sociale” o “di comunità”, per sottolineare il valore altruistico e collettivo di questo risultato.

Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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Bibliografia