Molti alimenti sono contaminati da listeria?

28 Ottobre 2022 di Roberta Villa

L’allarme listeria delle ultime settimane è partito in Italia con il ritiro di alcuni lotti di wurstel di pollo, ma si è poi esteso a diversi altri prodotti alimentari: tramezzini, pancake, prosciutti poco stagionati, formaggi molli [1]. A scatenarlo sono stati alcuni casi di confermata o sospetta contaminazione da parte di Listeria monocytogenes, un batterio importante per la salute pubblica, seppure meno noto al pubblico di altri germi che possono rendere pericolosi gli alimenti, come la salmonella o il famigerato botulino.

Il germe venne chiamato listeria nel 1940 in onore del chirurgo inglese Lord Joseph Lister (1827-1912), ma non perché sia stato scoperto da lui. Inizialmente individuata negli animali, la listeria fu isolata in Australia nel 1926, riconosciuta come causa di un primo caso umano nel 1929 e come responsabile di un’infezione in un neonato nel 1936, molto tempo quindi dopo la morte di Lister, celebre soprattutto per aver introdotto le prime norme antisepsi nella pratica chirurgica [2].

Dottore, la listeriosi è un’altra nuova malattia?

Se nella prima metà del secolo scorso la listeriosi era quasi eccezionale, dagli anni Sessanta, e soprattutto dagli anni Ottanta, cominciarono a essere segnalati in tutto il mondo ogni anno migliaia di casi, segno, da un lato, del sempre più frequente ricorso a cibi industriali pronti e conservati, e dall’altro di una sempre maggiore attenzione a questo agente come possibile responsabile di infezioni legate al consumo di alimenti.

La listeriosi non è quindi una malattia emersa ora, o riconosciuta per la prima volta adesso, anche se molti non ne avevano mai sentito parlare prima dei casi di cronaca riportati dalla stampa nelle ultime settimane. Listeria è anzi un germe molto diffuso nell’acqua, nel suolo, sui vegetali, dove arriva dalle feci di animali che convivono con il batterio senza conseguenze per la loro salute. Per questa origine da altre specie, la listeriosi è considerata una “zoonosi”.

Come ci si infetta con listeria?

Tramite il terreno, l’acqua o altri materiali contaminati il batterio può raggiungere gli alimenti, direttamente oppure tramite coltelli o altri strumenti usati per trattare le materie prime o i prodotti finiti, su cui il batterio è in grado di proliferare.

Diversamente da altri germi, la listeria cresce bene al freddo, anche in frigorifero, e resiste all’essiccamento, all’acidità, all’alta concentrazione di sale, a temperature fino a 45°C. Per questo si può trasmettere all’uomo tramite l’ingestione di cibi consumati senza essere prima cotti ad alta temperatura per un tempo adeguato: oltre ai tipi di alimenti individuati e ritirati dal mercato nelle ultime settimane, si può contrarre anche tramite il consumo di molti altri prodotti, tipicamente il salmone affumicato, il latte non pastorizzato, verdure confezionate e carni poco cotte, qualora questi siano venuti prima a contatto col germe.

In questi casi, se trova condizioni favorevoli, come capita per i prodotti freschi pronti al consumo o con una lunga vita commerciale nei frigoriferi dei negozi e dei supermercati, ma anche nel frigo di casa, il batterio può proliferare nell’alimento contaminato fino a raggiungere concentrazioni capaci di infettare la persona che poi assumerà quel prodotto.

Listeria può provocare una malattia grave?

La listeriosi è una “tossinfezione” perché il batterio non danneggia direttamente l’organismo, ma agisce tramite una tossina che produce, detta Listeriolisina O. Maggiore è la quantità di tossina prodotta, o più fragile il sistema immunitario della persona colpita, più grave può essere la sintomatologia.

È considerata una malattia grave perché quasi invariabilmente richiede il ricovero in ospedale. Secondo l’ultimo rapporto sulle zoonosi redatto dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare che ha sede a Parma (EFSA) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie in Europa (ECDC) [2], la listeriosi è tra le zoonosi caratterizzate da esiti più gravi, sia in termini di ricoveri ospedalieri sia in termini di decessi. Nel solo 2020 in tutta Europa ha provocato 1.876 casi, per lo più oltre i 64 anni di età, e 167 vittime, pari al 13% delle persone a cui è stata diagnosticata la malattia [3]. In Italia, dal 2020 a oggi, una sessantina di persone sono state colpite da listeriosi alimentare, che in soli tre casi ha portato al decesso dei pazienti, immunocompromessi o molto fragili. La letalità è stata quindi per fortuna molto inferiore a quella attesa. È possibile che l’attenta sorveglianza in atto nel nostro Paese abbia consentito di riconoscere anche i casi più lievi, che altrove non sarebbero stati registrati, abbassando così la percentuale di quelli letali.

La listeriosi si manifesta in genere da poche ore fino a tre giorni dopo l’ingestione degli alimenti contaminati con i disturbi tipici di una gastroenterite (nausea, vomito, diarrea), spesso accompagnati da febbre anche alta, brividi e dolori muscolari, che tuttavia in genere si risolvono spontaneamente. Quando la carica infettante è invece particolarmente elevata o il soggetto ha le difese immunitarie compromesse o ancora immature, come nei neonati, è possibile che l’infezione dia una malattia invasiva, talvolta con meningiti, encefaliti o sepsi che possono anche portare a morte. In questi casi l’incubazione media è di tre settimane (ma può prolungarsi fino a 70 giorni).

Le donne in gravidanza sono particolarmente a rischio?

Una categoria di persone che deve prestare particolare attenzione al rischio di contaminazione da listeria sono le donne in gravidanza. La gestazione, infatti, richiede una minore reattività delle difese immunitarie, così da consentire all’organismo della madre di tollerare il feto, che dal punto di vista del sistema immunitario potrebbe essere riconosciuto come “estraneo”. Per questo durante l’attesa la donna, a parità di esposizione, può essere più suscettibile a forme similinfluenzali di listeriosi, con febbricola, tremori, dolori muscolari e lombari, lieve diarrea. Anche se questi disturbi possono sembrare poco gravi, la listeriosi può ripercuotersi sulla gravidanza, con un maggior rischio di aborto, morte in utero del feto, parto prematuro e, a termine, sul nascituro, che può essere infettato durante il parto.

Nel dubbio, in situazioni di questo genere, è bene quindi rivolgersi subito al proprio ginecologo, che potrà intervenire con una terapia antibiotica adeguata e sicura in gravidanza (in genere ampicillina), che protegge anche il nascituro. Anche i neonati di donne che hanno sofferto di listeriosi al momento della nascita dovranno comunque per sicurezza essere sottoposti a controlli.

Dottore, cosa si sta facendo per cercare di proteggere i cittadini?

Le autorità sanitarie occidentali considerano la listeriosi un importante problema di sanità pubblica e nell’Unione europea una zoonosi prioritaria, nei confronti della quale esiste una rete di coordinamento della sorveglianza affidata al ECDC, in collaborazione con l’EFSA. A livello nazionale, l’Istituto Superiore di Sanità in Italia, e altri enti all’estero, contribuiscono con la raccolta di dati epidemiologici e microbiologici, anche attraverso il sequenziamento genetico dei batteri isolati dai pazienti.

Esiste inoltre una legislazione molto severa che definisce come gestire i processi produttivi, garantire l’igiene degli ambienti, manipolare in maniera sicura gli alimenti e le materie prime per evitare il rischio di contaminazione.

Dottore, come si può evitare di prendere la listeriosi?

Per ridurre il rischio di questa tossinfezione è bene mettere in atto le stesse misure igieniche raccomandate contro tutte le contaminazioni alimentari.

L’Istituto Superiore di Sanità, in particolare, consiglia:

Per il lavaggio e la manipolazione degli alimenti:

• Lavare accuratamente gli alimenti crudi, come frutta e verdura, sotto l’acqua corrente prima di consumarli, sbucciarli, tagliarli o cuocerli;

• Pulire la superficie degli alimenti come meloni e cetrioli con una spazzola pulita;

• Asciugare i prodotti con un panno pulito o un tovagliolo di carta;

• Separare le carni crude dalle verdure e dai cibi cotti e pronti al consumo.

Per la cucina:

• Lavare le mani, i coltelli, i piani di lavoro, e i taglieri dopo la manipolazione e la preparazione dei cibi crudi;

• Mantenere la corretta temperatura di esercizio di frigoriferi e congelatori separando al loro interno gli alimenti crudi da quelli cotti;

• Mantenere il frigorifero pulito, lavando frequentemente le pareti interne e i ripiani con acqua calda e sapone liquido;

• Cuocere accuratamente e completamente (in profondità) la carne e i prodotti a base di carne crude.

Per la conservazione sicura degli alimenti:

• Consumare i prodotti precotti, o pronti per il consumo, appena possibile;

• Non conservare né consumare i prodotti refrigerati oltre la data di scadenza;

• Conservare gli avanzi di cibo cotto, nel frigorifero, in contenitori provvisti di coperchi e poco profondi, così da farli raffreddare più velocemente, e consumarli in breve tempo.

Le donne in gravidanza e le persone immunodepresse dovrebbero inoltre prestare particolare attenzione all’igiene dopo aver praticato giardinaggio, a causa della possibile contaminazione del terreno, ed evitare il consumo di:

• Prodotti lattiero-caseari freschi, in particolare formaggi a pasta molle, a breve stagionatura ed erborinati;

• Salumi a breve stagionatura;

• Pesce fresco affumicato pronto per il consumo;

• Preparazioni gastronomiche da consumarsi senza trattamento termico;

• Paté di carne freschi.

Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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