Il latte crudo è più sano?

22 Settembre 2023 di Roberta Villa

Il latte appena munto in una malga di montagna sembra il prototipo di un alimento sano. Candido, fresco per origine e tiepido per temperatura – se consumato immediatamente sul posto – senza coloranti né conservanti, proviene da un ambiente naturale, dove aria e acqua sono pure, e non passa attraverso alcun processo industriale. Eppure, a riprova che non sempre la natura garantisce la salute più delle conquiste della scienza, il latte crudo può essere molto pericoloso. A meno che prima di berlo non lo si faccia almeno bollire (operazione che peraltro contrasta con l’attributo “crudo” per cui lo si preferisce) [1].

Nell’estate del 2023 la questione è tornata di attualità con la notizia del ricovero in ospedale di una bambina di 2 anni che in Trentino avrebbe consumato formaggio fresco prodotto con latte crudo, ma episodi di questo tipo purtroppo possono avvenire tutto l’anno e in tutto il mondo [2,3].

Il rischio non riguarda solo il latte, ma anche formaggi, latticini, yogurt, gelati e qualunque altro prodotto sia realizzato con questa materia prima non pastorizzata. La pastorizzazione è infatti il processo con cui, attraverso l’esposizione al calore per un tempo adeguato, si possono uccidere tutti i batteri presenti nell’alimento.

Dottore, ma il latte crudo non è più “puro”?

Il latte appena raccolto da mucche, pecore o capre, può essere contaminato con germi che infettano l’animale o sono presenti sulla sua cute o nelle mammelle, germi che provengono dalle loro feci o sono portate da insetti o roditori, sono presenti nel secchio, sulle mani o sugli abiti del mungitore o comunque nella stalla [4].

Maggiore è l’igiene dell’ambiente in cui avviene questa procedura, minori sono i rischi, che però non spariscono del tutto. Per renderlo sicuro, prima di essere immesso in commercio, il latte viene quindi sottoposto all’interno di impianti industriali rigidamente controllati a un processo che può essere di pastorizzazione tradizionale, ad alta temperatura in un tempo breve (“latte fresco”) o più lungo (“a lunga conservazione”, UHT), eventualmente dopo essere stato microfiltrato, così da conservare le proprietà organolettiche del latte fresco.

Dottore, ma il latte crudo si può comprare anche in città?

Il prodotto che arriva al consumatore senza essere passato attraverso queste procedure è detto “latte crudo”. La sua vendita è consentita in Europa dal 2004, ma solo a determinate condizioni. Prima di tutto, come si è detto, che il consumatore sappia di doverlo bollire: per questo dal 2008 è obbligatorio in Italia che questa raccomandazione sia scritta ben chiara sulle etichette e sui distributori automatici che in alcune parti di Italia permettono ai produttori di raggiungere direttamente i consumatori.

Queste macchine devono inoltre garantire una refrigerazione adeguata e costante, e il latte in esse contenuto deve essere sostituito ogni giorno; una volta acquistato, il latte deve essere consumato in giornata [5].

Dottore, ma è vero che il latte crudo “fa bene”?

Secondo i suoi sostenitori, questo alimento sarebbe più ricco di vitamine, enzimi e micronutrienti che possono essere alterati dal processo di pastorizzazione. I batteri vivi che contiene, inoltre, aumenterebbero la varietà di specie nel microbiota intestinale, potenziando il sistema immunitario e tenendo così a bada eczemi e allergie.  Qualcuno sostiene anche che possa facilitare la digestione e aggirare l’intolleranza al lattosio.

Secondo i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie di Atlanta non ci sono tuttavia prove scientifiche a supporto di un vantaggio nutrizionale del latte crudo su quello pastorizzato, mentre ne sono ben documentati i rischi [4].

Bollendo il latte crudo questi si possono ridurre quasi a zero, ma così facendo si eliminano anche le fonti di eventuali vantaggi per la salute, con un processo fisico meno sicuro di quello che avviene negli appositi impianti. Qui, invece, macchinari, procedure, materiali e prodotti finali sono sottoposti a continui, rigorosi controlli di qualità, per unire la massima sicurezza alla migliore conservazione delle caratteristiche dell’alimento.

Dottore, ma quali sono i rischi del latte crudo?

Tra i batteri contenuti nel latte crudo, oltre a quelli benefici per la salute, se ne possono infatti talvolta trovare di molto pericolosi, come CampylobacterSalmonella, Listeria monocytogenes e particolari sottotipi di Escherichia coli capaci di produrre tossine.

In molti casi questi germi possono provocare diarrea, vomito e crampi addominali, oppure, come accade con la brucellosi, mal di testa, dolori ossei e muscolari, ma soprattutto febbre. Se la malattia provocata da varie specie di brucella non viene diagnosticata e curata con antibiotici, il rialzo della temperatura può durare per settimane e mesi, con un tipico andamento ondulante, caratterizzato da periodi di malessere più marcato, alternati a fasi di remissione.

Condizioni ancora più gravi legate all’assunzione di latte crudo sono forme di paralisi transitoria (sindrome di Guillain-Barré) e la sindrome emolitico-uremica, una grave trombosi generalizzata che colpisce soprattutto i bambini piccoli, provocando insufficienza renale, talvolta ictus e danni ad altri organi, tanto da mettere a rischio la vita. Per questo il latte crudo è da evitare soprattutto sotto i 5 anni, sopra i 65, nelle persone immunodepresse e nelle donne in gravidanza, tutte categorie che possono avere difese insufficienti a respingere l’attacco dei germi presenti nella bevanda “al naturale”[6].

Argomenti correlati:

Alimentazione

Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
Tutti gli articoli di Roberta Villa