Nel mondo delle diete dimagranti, quelle a basso contenuto di carboidrati e ad alto contenuto proteico spesso attirano l’attenzione. La chetogenesi, in particolare, è un meccanismo che il corpo è in grado di mettere in atto quando dall’alimentazione non vengono forniti sufficienti carboidrati come fonte energetica, e prevede la conversione dei grassi di riserva e delle proteine per mandare avanti i processi energetici necessari al mantenimento dell’organismo.
Utilizzando i grassi come fonte energetica primaria e drenando il corpo rapidamente dall’acqua legata ai carboidrati muscolari di riserva la perdita di peso è più rapida rispetto a una dieta ipocalorica classica [1].Diverse, quindi, sono le diete fondate sulla chetogenesi, tra cui la dieta Dukan di cui abbiamo già parlato.
Ci sono però delle criticità, come il fatto che manchi di personalizzazione (le proteine dovrebbero essere calcolate sulla base del peso ideale della persona), che l’apporto di grassi sia sbilanciato a favore di quelli saturi di origine animale e che si rischino carenze vitaminiche per lo scarso apporto di frutta e verdura, in particolare nelle prime fasi della dieta.
Cosa prevede la dieta chetogenica?
Dal momento che la dieta chetogenica ha un fabbisogno di grasso molto elevato, chi la segue deve mangiare grassi a ogni pasto. In una dieta quotidiana da 2.000 calorie, ad esempio, il rapporto potrebbe essere di 165 grammi di grassi, 40 grammi di carboidrati e 75 grammi di proteine, ma le quantità esatte possono variare secondo esigenze particolari.
Vengono preferiti i grassi saturi da olio di palma o di cocco, lardo e burro, ma sono ammessi nella dieta anche alcuni grassi sani insaturi come noci, mandorle, semi, avocado, tofu e olio d’oliva. La dieta chetogenica riduce in genere l’assunzione totale di carboidrati a meno di 50 grammi al giorno: dagli alimenti più ovvi come pane, pasta e cereali, fino a legumi e la maggior parte dei frutti.
Tutti i frutti, infatti, sono ricchi di carboidrati e si possono consumare in piccole porzioni. Anche gli ortaggi sono limitati a verdure a foglia verde, cavolfiori, broccoli, asparagi, peperoni, cipolle, aglio, funghi, cetrioli, sedano e zucchine. Per intenderci, una tazza di broccoli ha circa 6 grammi di carboidrati. La quantità di proteine, invece, è mantenuta moderata rispetto ad altre diete a basso contenuto di carboidrati [2,3].
Ci possono essere controindicazioni?
Una dieta così sbilanciata a base di grassi può portare a uno stato di chetosi, ovvero a un alterato metabolismo degli acidi grassi. Le persone sane sperimentano naturalmente una lieve chetosi durante i periodi di digiuno (ad esempio, dormendo durante la notte) e in seguito a un esercizio fisico molto faticoso.
I sostenitori della dieta chetogenica affermano che, se la dieta viene seguita con attenzione, i livelli ematici dei chetoni (molecole molto piccole che vengono create nel nostro fegato partendo dagli acidi grassi) non dovrebbero raggiungere un livello dannoso poiché il cervello li utilizzerà come carburante per il corpo e gli individui sani producono in genere abbastanza insulina per prevenire chetoni eccessivi.
Ma il tempo in cui avviene la chetosi e il numero di corpi chetonici che si accumulano nel sangue varia da persona a persona, a seconda della percentuale di grasso corporeo, e per questo occorre fare molta attenzione nell’iniziare una simile dieta senza essere seguiti molto da vicino da un medico [4].
Eccessivi corpi chetonici, infatti, possono produrre un livello pericolosamente tossico di acido nel sangue, chiamato chetoacidosi. Durante la chetoacidosi, i reni iniziano a espellere i corpi chetonici insieme all’acqua corporea nelle urine, causando una perdita di peso correlata al fluido. La chetoacidosi si verifica più spesso negli individui con diabete di tipo 1 perché non producono insulina, ma in alcune situazioni è stata segnalata la chetoacidosi in soggetti non diabetici a seguito di una dieta a basso contenuto di carboidrati prolungata [5].
Quindi una dieta chetogenica è rischiosa?
Sì, lo può essere. Innanzitutto, è una dieta ricca di acidi grassi saturi che invece non dovrebbero essere assunti in quantità maggiori del 7% delle calorie giornaliere, e che se assunti in eccesso rappresentano un’insidia per la circolazione sanguigna e dunque il cervello e il cuore [6]. Altri rischi includono la carenza di sostanze nutritive, problemi al fegato, testa pesante e sbalzi d’umore.
“Il cervello ha bisogno di zuccheri da carboidrati sani per funzionare, le diete povere di carboidrati possono causare confusione e irritabilità” afferma Kathy McManus, direttrice del Dipartimento di Nutrizione presso l’affiliato di Harvard Brigham and Women’s Hospital [2].
Inoltre, sebbene sia un protocollo alimentare adottabile in diversi campi, anche a fini terapeutici, con diversi benefici, presenta limiti di applicabilità: infatti è sconsigliato in soggetti cardiopatici, con problemi renali, in gravidanza, in allattamento, in determinate fasce d’età, in soggetti con problemi psichici. Per tale ragione questo tipo di dieta va seguito sotto stretto controllo medico e per un determinato periodo di tempo [1].
Come qualsiasi altra dieta, è difficile – oltre che sbagliato – dare consigli che possano andar bene per tutti. Per esempio, le persone con diabete di tipo 2 potrebbero trarre vantaggio da una dieta di questo genere, perché i rischi di uno scarso controllo glicemico derivante dall’assunzione eccessiva di carboidrati potrebbero essere di gran lunga maggiori di quelli legati a un maggiore introito di grassi saturi e perché la maggior parte delle persone con diabete di tipo 2 dovrebbe concentrarsi sulla limitazione dei carboidrati [7]. Ma, come sempre, va considerato il rovescio della medaglia: proprio nelle persone più fragili – e chi soffre di diabete può rientrare in questa categoria di persone – è particolarmente opportuna una personalizzazione delle prescrizioni nutrizionali [7].
Dottore, ma cosa dicono le ricerche?
La ricerca disponibile sulla dieta chetogenica per la perdita di peso è ancora limitata. La maggior parte degli studi fino a ora ha avuto un piccolo numero di partecipanti, erano a breve termine (dodici settimane o meno) e non includevano gruppi di controllo. Una dieta chetogenica ha dimostrato di fornire benefici a breve termine in alcune persone, tra cui la perdita di peso e il miglioramento del colesterolo totale, della glicemia e della pressione sanguigna. Tuttavia, dopo un anno questi effetti, rispetto agli effetti delle diete dimagranti convenzionali, non sono significativamente differenti [3].
Per concludere, serve tenere in considerazione che la scienza dell’alimentazione è un campo di ricerca che ha portato risultati importanti ma che soffre ancora di una diffusa mancanza di rigore metodologico. Dobbiamo dunque fare i conti con l’incertezza. In generale, è difficile trarre conclusioni definitive riguardo alle “migliori abitudini alimentari” anche perché si pubblicano continuamente nuovi studi nutrizionali che confermano o screditano i risultati di ricerche precedenti.
Lo scorso anno sul JAMA [8] John Ioannidis, medico epidemiologo e professore alla Stanford University, ha sottolineato come la maggior delle ricerche in ambito nutrizionale si basi su metodologie poco rigorose o sia condizionata a priori vuoi dalle convinzioni dei ricercatori, vuoi dall’industria degli alimenti. La debolezza delle ricerche nutrizionali deriva soprattutto dal ricorso quasi esclusivo a studi di tipo osservazionale e non sperimentale.
Dimostrare l’associazione tra una dieta o uno specifico alimento e una patologia è molto difficile, anche perché in questa relazione possono avere un ruolo diversi altri fattori (cosiddetti di confondimento) ed evidenziarli può essere difficile. Spesso le diete e i consigli nutrizionali si basano su prove “deboli” e bisogna tenerne conto.
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