I colpi d’aria sono pericolosi per la salute?

10 Dicembre 2019 di Roberta Villa
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La paura dei colpi d’aria è motivata?

Gli stranieri spesso prendono in giro gli italiani per la paura [1] che spifferi, correnti e colpi d’aria siano all’origine di una lunga serie di disturbi: dal torcicollo al colpo della strega, dai raffreddori alle otiti, fino ad arrivare alle polmoniti. Sebbene questa sia una credenza molto diffusa anche in altre culture, resta comunque difficile spiegarne l’origine [2].

Una maggiore probabilità che si verifichi una contrattura muscolare con l’improvvisa esposizione al freddo, soprattutto dopo uno sforzo, sembra per esempio essere un’esperienza comune, che tutti tendiamo a dare per scontata: quando però si vanno a cercare colpi d’aria, spifferi o improvvisi raffreddamenti come cause di dolori muscolari, cervicali o mal di schiena, è difficile trovarne cenno nella letteratura scientifica internazionale o nei più autorevoli libri di medicina.

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Esiste qualche prova in più di un legame tra il freddo e le infezioni delle alte vie respiratorie. La ragione principale per cui di inverno ci si ammala di più non è direttamente il calo delle temperature, ma il fatto che, a causa del clima più rigido, si trascorre più tempo al chiuso, spesso all’interno di ambienti affollati, come scuole, cinema, locali. Si ipotizza però anche che il raffreddamento possa ridurre le capacità di reazione del sistema immunitario in vari modi: attraverso una costrizione dei vasi sanguigni, che a sua volta ostacola la messa in campo delle difese immunitarie; a causa di una ridotta attività delle ciglia, che sulla superficie delle cellule che rivestono le vie aeree normalmente contribuiscono a eliminare gli agenti esterni; ma, soprattutto, attraverso un’azione irritante diretta dell’aria molto fredda, soprattutto se secca, sulle mucose [3,4].

Tutti questi fattori, dovuti alla stagione invernale, o viceversa, d’estate, a un abuso di aria condizionata (vedi la scheda “Dottore ma è vero che l’aria condizionata fa male?”), possono concorrere all’insorgenza della malattia, ma da soli non bastano a provocare raffreddori, otiti, mal di gola o influenza, tutte malattie su base infettiva che richiedono l’intervento di un virus o di un batterio. Senza lo zampino di un germe, né il gelo né gli spifferi possono farci ammalare.

Perché questa idea può essere, viceversa, pericolosa?

La “paura dell’aria” porta con sé conseguenze paradossali. Nel caso delle infezioni delle vie aeree, per esempio, il rischio di contagio nei luoghi affollati come le aule scolastiche si riduce proprio aprendo spesso le finestre, per far circolare aria fresca. L’inquinamento indoor dovuto alla presenza di radon, un gas cancerogeno che si libera naturalmente dal terreno, al fumo prodotto da camini e stufe, e quello di tabacco, è considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità un importante fattore di rischio per l’insorgenza di malattie respiratorie [5].

Nei Paesi del Nord Europa i bambini giocano all’aria aperta anche con temperature polari, ignorando il maltempo, senza ammalarsi più degli italiani, che hanno anzi il record europeo di obesità anche a causa di un’eccessiva inattività [6,7].

Il caso estremo è però quello per cui il timore della corrente impedisce di alleviare il calore durante l’estate, non solo facendo passare aria da una stanza all’altra attraverso le finestre aperte, ma anche usando ventilatori o aria condizionata. Questi sistemi di ventilazione, che permettono di abbassare la temperatura, sono invece fondamentali per mantenere in casa un ambiente gradevole e salubre, soprattutto durante le ondate di calore la cui frequenza e intensità andranno aumentando a causa della crisi climatica, con gravi rischi per la salute, in particolare degli anziani: la corrente d’aria, lungi dal danneggiarli, in questi casi può salvare loro la vita.

Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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