L’aria condizionata fa male?

16 Luglio 2019 di Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Anche in questa occasione, occorre una premessa: il cambiamento climatico ha un impatto molto negativo sulla nostra salute a causa dello stress da calore e dell’esposizione a inquinanti atmosferici. Ricorrere all’aria condizionata può essere una strategia efficace per ridurre l’esposizione al calore. Ma, occorre sottolinearlo, è una “soluzione” individuale che, con uno sguardo di sanità pubblica, non risolve ma complica il problema. Un maggiore uso di aria condizionata aumenta le emissioni di inquinanti atmosferici dalle centrali elettriche, peggiorando a sua volta la qualità dell’aria e l’impatto sulla salute umana [1].

In quali situazioni è opportuno per la salute ridurre la temperatura tramite l’aria condizionata?

Come abbiamo scritto nella scheda sui cambiamenti climatici (che, ricordiamolo, non sono affatto una bufala…), dovrebbero essere protette dalle ondate di calore le persone con la salute più fragile: bambini e soprattutto adulti con problemi cardio-respiratori e anziani.

Quali precauzioni occorre prendere per l’utilizzo dell’aria condizionata?

condizionatore sanificato Covid-19Il funzionamento corretto dell’impianto di condizionamento dipende dallo stato dei suoi componenti. Quelli correlati all’umidità, se mal gestiti, possono essere fonti di contaminanti che causano effetti avversi sulla salute, anche se gli studi che sono stati condotti non sono sempre riusciti a identificare o misurare le relazioni “esatte” di causa-effetto tra il deterioramento dell’impianto e i disturbi registrati [2]. In altri termini, pur avendo evidenziato un certo “rischio” derivante da sistemi di umidificazione con scarsa manutenzione, non è facile determinare quali possano essere i vantaggi evidenti (indiscutibilmente correlati all’insorgenza di sintomi o malattie) che possono garantire sistemi di umidificazione ben mantenuti. Tra le evidenze più solide, si può dire che è preferibile che le prese d’aria di ventilazione urbana siano posizionate il più lontano possibile dal livello del suolo o siano dotate di depuratori d’aria che rimuovano gli inquinanti gassosi [2]. Comunque, la ricerca sull’argomento sta proseguendo, con buoni risultati.

E quali sarebbero questi “buoni risultati”?

Possiamo dire che un impianto di aria condizionata sottoposto a corretta manutenzione e controllo può ridurre la penetrazione di inquinanti esterni all’interno delle abitazioni o degli uffici [3]. I filtri presenti nell’impianto possono contribuire anche a ridurre la presenza di pulviscolo atmosferico, polveri fini, polveri totali sospese (particolato), i microbi trasportati dall’aria e le spore fungine, con una diminuzione del rischio di gravità dell’asma.

Tutte buone notizie, insomma…

Veramente no, non solo buone notizie. Iniziando da una vecchia conoscenza, il “colpo della strega”. Parliamo di un’entità indefinita che comprende una serie di malesseri muscolari, perlopiù legati tra loro per essere indotti da un irrigidimento dei muscoli spesso correlato a un abbassamento delle temperature e dell’umidità ambientale. Ma in realtà i risultati degli studi condotti sono contrastanti perché diverse ricerche non hanno provato l’influenza delle temperature sui disturbi muscolo-scheletrici [4]. Se il dolore derivante dal “colpo della strega” non si risolve in pochi giorni, è opportuno chiedere consiglio al proprio medico curante. Le origini del mal di schiena sono infatti diverse e altrettanto differenti sono le strategie per arrivare ad una diagnosi corretta e al migliore trattamento [5].

In generale, però, l’aria condizionata consuma energia, contribuendo così a determinare livelli di inquinamento atmosferico più elevati. Pertanto, un più intenso ricorso all’aria condizionata potrebbe non migliorare in generale la salute della popolazione. Basti pensare che l’uso di energia per il condizionamento negli Stati Uniti è cresciuto di un terzo tra il 1978 e il 1997 [6]. La prevalenza dell’uso di aria condizionata è costantemente aumentata: erano meno del 2% le famiglie statunitensi che ne disponevano nel 1955, ed erano diventate più del 50% nel 1980 [7]. Gli impianti costano sempre di meno, sono sempre più pubblicizzati, le abitazioni sono costruite in maniera tale da rendere ancora più semplice l’installazione e molti edifici prevedono oggi la presenza di sistemi centralizzati. Ma l’impatto in termini di salute pubblica potrebbe non essere trascurabile [8].

Un’ancora maggiore diffusione di aria condizionata nelle case potrebbe non essere una strategia efficace a lungo termine nelle regioni in cui le temperature continuano ad aumentare. Pensiamo ai cali di tensione e ai blackout che si verificano spesso durante i periodi di maggiore utilizzo, che possono determinare un brusco cambiamento di clima, rischioso per le persone più fragili.

Possiamo dire che discutere di aria condizionata in relazione alla salute mette in luce alcune delle più importanti criticità della sanità di oggi…

Quali “criticità”?

Al momento, l’aria condizionata è principalmente un investimento fatto da una famiglia o da un’azienda: un investimento privato, in fin dei conti. I suoi costi comprendono l’investimento iniziale, la manutenzione e la gestione delle spese di energia elettrica. In un contesto domestico, si tratta di una soluzione locale, al punto che risolve il problema nel singolo ambiente interessato dall’impianto. Poiché l’onere economico di installare un sistema di raffreddamento è sulla singola famiglia, la scelta tra installare o meno un impianto di aria condizionata sta esacerbando le disuguaglianze di salute tra segmenti più ricchi e più poveri della società [10]. Per una famiglia ad alto reddito, l’investimento in uno o due sistemi di aria condizionata o un sistema di raffreddamento centralizzato e il pagamento della bolletta elettrica sono problemi minori. Per una famiglia povera, l’acquisto di un condizionatore e il pagamento dell’elettricità potrebbero essere impossibili.

Ragionando in termini non individuali, cosa si potrebbe fare?

Qualche esperienza esiste, ovviamente in contesti assai diversi l’uno dall’altro e quindi difficilmente generalizzabili. Alcune soluzioni “individuali” sono quelle che comprendono possibili cambiamenti nelle abitudini di vita, l’allestimento di spazi condominiali condivisi, modifiche anche parziali degli orari di lavoro e così via. In alcune nazioni, le autorità cittadine hanno affrontato il problema dello sviluppo dello spazio urbano per limitare l’aumento del calore urbano [11].

Lasciare la responsabilità della gestione del calore al singolo cittadino o alla famiglia è ingeneroso e, probabilmente, anche miope. Le istituzioni dovrebbero assumere un ruolo guida e allo stesso tempo incentivare e premiare comportamenti sensibili ai problemi legati al clima. Beninteso: le scelte individuali contano, ma la comunità può svolgere un ruolo importante nel processo di cambiamento degli atteggiamenti e dei comportamenti dei cittadini [11].

Autore Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Rebecca De Fiore ha conseguito un master in Giornalismo presso la Scuola Holden di Torino. Dal 2017 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per riviste online e cartacee di informazione scientifica. Fa parte della redazione del progetto Forward sull’innovazione in sanità e collabora ad alcuni dei progetti istituzionali con il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
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Bibliografia