Gli antibiotici non curano l’influenza?

14 Marzo 2018 di Roberta Villa

Da dove nasce questa idea?

La brutta abitudine di usare antibiotici anche in caso di influenza deriva probabilmente da un principio di precauzione, quello che si sintetizza nel concetto di fornire una “copertura antibiotica”. Nelle persone più fragili e debilitate infatti è possibile che all’azione dei virus influenzali, contro cui gli antibiotici sono totalmente inefficaci, si sovrappongano infezioni batteriche, potenzialmente più pericolose. Trattare con farmaci antibiotici, cioè antibatterici, tutti coloro che si ammalano di influenza è però del tutto ingiustificato e potenzialmente controproducente sia per il paziente stesso sia, come si vedrà più sotto, per la comunità.

Gli antibiotici non curano l’influenzaA molte persone infatti non è ancora ben chiara la distinzione tra malattie batteriche e virali. Circola l’idea che gli antibiotici siano semplicemente una cura “più forte”, che potrebbe essere inutile in quanto l’influenza “passa da sola”, ma a cui vale la pena ricorrere se si vuole stare subito un po’ meglio o accelerare il decorso della malattia. Invece i virus (che provocano raffreddore e influenza, oltre che molte altre malattie acute e croniche) e i batteri (responsabili tra l’altro di alcune forme di polmoniti e di altre complicazioni a livello delle vie aeree, ma non solo) sono microrganismi molto diversi tra loro per dimensione, struttura e caratteristiche biologiche.

Perché gli antibiotici non servono per curare l’influenza?

Le diverse classi di antibiotici agiscono in maniera specifica contro componenti o attività metaboliche tipiche dei batteri. Questi sono organismi unicellulari che si riproducono in maniera autonoma, mentre i virus, per sopravvivere e riprodursi, devono ricorrere alle strutture della cellula infettata. Per questo è stato più difficile mettere a punto terapie antivirali efficaci che non antibatterici come gli antibiotici.

Ancora oggi i farmaci antivirali per l’influenza in commercio (oseltamivir e zanamivir) possono ridurre di meno di un giorno il decorso della malattia. Il loro uso quindi è raccomandato solo nelle forme gravi o nelle persone ad alto rischio in cui, se assunti entro 48 ore dall’insorgenza dei primi sintomi, alcuni studi indicano che potrebbero ridurre il rischio di complicazioni e la mortalità nei pazienti ricoverati in ospedale.

Usare gli antibiotici per trattare un’infezione virale invece non significa ricorrere inutilmente alle maniere forti, ma assumere farmaci che non hanno alcun effetto contro la causa della malattia.

D’altra parte il trattamento non è del tutto innocuo. L’antibiotico, oltre ad altri possibili effetti indesiderati, agisce comunque contro i tanti batteri che contribuiscono al nostro benessere nel cosiddetto “microbiota”, cioè che convivono con l’organismo non solo a livello della mucosa intestinale, ma anche delle altre mucose e della cute.

Perché è importante usare gli antibiotici nel modo corretto?

L’abuso di antibiotici, non solo in caso di influenza ma in occasione di molte altre condizioni comuni (come le tante infezioni virali delle alte vie respiratorie tipiche dei bambini) associato al loro uso scorretto, per esempio in termini di dosaggio o di durata della cura, contribuisce a selezionare ceppi di batteri resistenti ai farmaci, a livello del singolo individuo non meno che nell’ambiente.

Il loro uso improprio anche negli ospedali, unitamente alla difficoltà a rispettare le più rigorose norme igieniche – nei reparti come nelle strutture residenziali, per esempio per gli anziani – favorisce le infezioni da parte di batteri che non rispondono agli antibiotici più comuni, ma solo a medicinali gravati da pesanti effetti collaterali oppure, nei casi più gravi, che non si riescono a trattare in nessun modo.

Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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