Per dimagrire dovrei avere amici magri?

8 Ottobre 2019 di Luca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Per dimagrire dovrei avere amici magriCi siamo: sembra una domanda assurda ma, invece, la risposta può essere illuminante e insegnarci qualcosa di utile non soltanto per dimagrire, ma in generale per rendere più salutare il nostro stile di vita.

Davvero?

Il punto da cui partire è che i comportamenti sono contagiosi. Come i virus, insomma. Basta guardarsi intorno per vedere come, all’uscita da scuola, a molti bambini è offerta una merenda dai genitori o dai nonni e i piccoli che non la ricevono riescono ad armare dei capricci tali che il giorno successivo saranno accolti all’uscita di scuola da meravigliose prelibatezze che faranno loro dimenticare la delusione provata.

Qualcosa di simile accade agli adolescenti che si muovono in gruppo, non soltanto per andare insieme a un concerto, ma assai più spesso per ritrovarsi a chiacchierare davanti a una pizzeria o, più grandi, al bar per l’aperitivo.

Si chiama “mindless eating” e non è altro che il mangiare o lo spizzicare senza pensarci [1]. Insomma, anche se non ci piaceva il caffè, a forza di ricevere inviti a fare due chiacchiere al bar, abbiamo finito col prenderne tre al giorno. Cucchiaini di zucchero compresi.

Va beh, che sarà mai…

Per dimagrire dovrei avere amici magriA dire il vero, l’obesità e il sovrappeso non sono problemi da poco. A proposito: si parla di “epidemia di obesità” e proprio da quella parola – epidemia – traspare la potenzialità del contagio di cui stiamo parlando. Ma si tratta di cose delicate e, per non far circolare inutilmente informazioni allarmanti, la questione dell’obesità contagiosa è stata studiata in modo molto rigoroso.

Se ne sono occupati dei medici statunitensi famosi per la qualità e il rigore delle loro ricerche. L’articolo col quale hanno comunicato i risultati del loro primo studio su questo tema è stato successivamente citato centinaia di volte ed è oggi un riferimento per chiunque faccia ricerca sui modi con i quali si trasmettono le informazioni e si costruiscono le reti tra le persone [2].

Questi ricercatori sono partiti dai dati raccolti da uno studio epidemiologico (vale a dire che ha studiato la frequenza e la distribuzione delle malattie in una popolazione) avviato nel 1948 in una cittadina vicino Boston, negli Stati Uniti. Il nome del paese è Framingham, e oggi lo “Studio Framingham” è conosciuto da tantissimi medici di tutto il mondo. La gran cosa di questa ricerca è che – essendo nata e sviluppata in una comunità relativamente ridotta e molto motivata – sono stati raccolti tantissimi dati, compresi alcuni che non riguardano gli aspetti “clinici” dei cittadini ma anche le loro abitudini e relazioni sociali.

Così, è stato possibile ricostruire la rete di relazioni familiari e amicali di 5.124 persone, a loro volta legate a una comunità più allargata di 12.067 amici e parenti.

Cos’hanno scoperto?

Per dimagrire dovrei avere amici magriRispetto alle persone snelle, le persone obese hanno maggiori probabilità di avere amici, amici di amici e amici di amici di amici ugualmente obesi. Vale dunque la regola dei tre gradi di influenza: non soltanto tra amici diretti, ma anche a distanza, per così dire.

Questa cosa del condizionamento a distanza è particolarmente interessante: prendiamo per esempio il caso di due fratelli che abitino in due paesi distanti e si vedano solo a Natale. Negli ultimi tempi, uno dei due è molto ingrassato ma, incontrandolo alla fine dell’anno, il pensiero del fratello meno… pesante potrebbe essere: “Va bene, è parecchio in sovrappeso ma è sempre il mio caro fratellone”.

Non solo, ma è probabile che il suo successivo stile di vita sia influenzato dal “contagio” con la situazione del fratello, al punto che in previsione del successivo Natale potrebbe iniziare a concedersi qualcosa in più o a cedere alla pigrizia facendo meno esercizio. Anche perché il giudizio degli altri familiari in merito alla sua forma fisica sarebbe meno temuto [3].

Ma la propensione a imitare i comportamenti vale anche in positivo e questa è davvero “la” buona notizia. Pensiamo ad esempio che il successo di interventi che puntano ad aiutare una persona obesa a dimagrire non solo possono avere effetto su di lui o di lei, ma anche sul suo compagno o compagna di vita: moglie o marito, insomma [4].

Quindi, se andando con lo zoppo si impara a zoppicare, andando con il magro si impara a dimagrire?

Esempio perfetto. Se non hai un cane né sei pronto ad adottarne uno dal canile, potresti farti un amico che già ne abbia uno, con cui passeggiare portandolo nel quartiere o al parco a fine giornata. Anche se non farai i diecimila passi fatidici, sarà comunque molto utile per dimagrire o anche solo tenersi in forma.

Eppure, si dice che la maggior parte delle persone è influenzata dalle celebrità…

Per dimagrire dovrei avere amici magriIn realtà siamo più condizionati da chi ci sta vicino che da modelli lontani o virtuali. Gli opinion leader, in un certo senso, li abbiamo in famiglia o in classe [5]. Per avere più probabilità di dimagrire, non dovremmo cercare di ottenere la forma fisica di Federica Pellegrini (un obiettivo probabilmente frustrante perché non realistico); piuttosto, a funzionare è la strategia che coinvolge gli amici che ci sono più vicini e gli amici degli amici, per creare un “gruppo di influencer” più allargato: in questo modo potremo mettere maggiore distanza tra noi e possibili influenze negative.

Autore Luca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Luca De Fiore è stato presidente della Associazione Alessandro Liberati – Network italiano Cochrane, rete internazionale di ricercatori che lavora alla produzione di revisioni sistematiche e di sintesi della letteratura scientifica, utili per prendere decisioni cliniche e di politica sanitaria (www.associali.it). È direttore del Pensiero Scientifico Editore. Dirige la rivista mensile Recenti progressi in medicina, indicizzata su Medline, Scopus, Embase, e svolge attività di revisore per il BMJ sui temi di suo maggiore interesse: conflitti di interesse, frode e cattiva condotta nel campo della comunicazione scientifica. Non ha incarichi di consulenza né di collaborazione – né retribuita né a titolo volontario – con industrie farmaceutiche o alimentari, di dispositivi medici, produttrici di vaccini, compagnie assicurative o istituti bancari.
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