La dieta del panettone mi farà dimagrire?

19 Dicembre 2019 di Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Si avvicinano le festività natalizie e a farci guardare il calendario sono le luminarie che addobbano i negozi del quartiere, i cartelloni sulle strade che pubblicizzano le “indimenticabili serate” animate da comici che non abbiamo mai sentito nominare e i messaggi fugaci dei parenti più furbi che ci comunicano laconicamente che quest’anno non ci saranno, perché hanno deciso di mettere qualche migliaio di chilometri tra loro e il cenone di famiglia. E qualora luci, comici e parenti non bastassero, ad avvertirci sarà la dieta del panettone propagandata su diversi siti internet.

Dottore, ma davvero esiste una “dieta del panettone”?

panettoneChe domande: certamente. Piuttosto, sarebbe da chiedersi quale alimento ancora non abbia innescato l’inesorabile percorso verso una dieta a esso intitolata, sia finocchio, uva o carne di maiale. La dieta del panettone pare sia stata formulata da un “guru della medicina estetica”. Sette giorni di panettone con un massimo di 200 grammi nelle 24 ore. Mai, però, dopo le 9 di sera: non un minuto di più. È essenziale bere da 1,5 a 2 litri di acqua e il guru consiglia di non dimenticare 3 o 4 grandi tazze di tè verde al giorno, “aggiungendo a piacere zenzero e curcuma”.

Ho visto, dottore, ma c’è da fidarsi?

Giriamo la domanda a Stefania Agrigento, biologa nutrizionista dell’Azienda ospedaliera San Camillo di Roma: “Mangiare due etti di panettone al giorno equivale a fornire all’organismo tra le 700 e le 800 Kcal. Se ci limitassimo a mangiare il panettone, la ristrettezza calorica provocherebbe una sicura perdita di peso. A quel punto, però, potremmo pensare anche a una dieta primaverile della colomba pasquale o a una del tiramisù, se questo fosse la nostra passione, che varrebbe tutto l’anno”.

Il consiglio letto suggerisce di accompagnare il panettone con alcuni alimenti “brucia grassi” come rucola, zenzero, pompelmo, ananas, peperoncino, curcuma…

Per bruciare i grassi occorre fare del movimento”, prosegue Agrigento, anche consigliera regionale del Lazio della Associazione italiana di dietoterapia e nutrizione clinica. “Una fetta di panettone del peso di 100 grammi ha un valore energetico che può variare dalle 350 alle 450 Kcal a seconda della farcitura e che equivale alla quota calorica di un panino al prosciutto e formaggio. Se proprio volessimo arrenderci alla dieta del panettone converrebbe consumarlo al mattino a colazione. Poi, però, passeggiata di 40 o 60 minuti a ritmo sostenuto: in un’ora dovremmo compiere una distanza di cinque chilometri, per smaltire la colazione”. In poche parole, l’ideale sarebbe scegliere di andare a comprare il dolce in una pasticceria o in un supermercato ben lontano da casa…

Dottore, possibile che non ci siano mai buone notizie quando si parla di salute?

Non esageriamo. La ricerca seria dà continuamente buone notizie. Ricordiamoci anche che se oggi viviamo così a lungo rispetto a un tempo lo dobbiamo soprattutto ai progressi nell’alimentazione e nell’igiene personale e della comunità. Forse più ancora che per i progressi nella ricerca farmacologica [1].

Fatto sta che mi dirà di stare attento anche col torrone.

Dipende soprattutto da lei e dall’insieme della sua dieta quotidiana. Quel che difficilmente potrà chiedere è di decantare le virtù della “preziosa” presenza della frutta secca. Nocciole, mandorle, noci sono alla base del torrone come di diversi altri dolci regionali autunnali, dal panforte al panpepato. Nell’insieme sono una buona fonte di nutrienti o di fibra. Ma non solo non disponiamo di evidenze solide dalla ricerca che possano provare che abbiano virtù terapeutiche ma è anche temerario sostenere che possano svolgere un’azione “protettiva” nei confronti di malattie come il diabete o di condizioni di rischio quali l’ipercolesterolemia.

Eppure, ho letto che questo tipo di alimenti è alla base della dieta dei nostri progenitori, i “cacciatori raccoglitori”…

Pensa davvero che i nostri antenati stessero meglio di noi? Ad ogni modo – ma forse senza l’ambizione di convincerla – possiamo suggerirle la lettura di un articolo che riporta i risultati di uno studio che potrebbe interessarla. Cosa dicevano? Che non esiste una dieta “vera” che noi “umani” dovremmo necessariamente seguire e che si può stare bene in salute seguendo molti diversi stili di vita alimentare.

Ma c’è una cosa che le popolazioni di cacciatori-raccoglitori che le stanno così a cuore avevano in comune: un livello molto alto di attività fisica. Qualcosa come 8 o 10 o 12 chilometri a piedi al giorno [2]. E altra cosa molto importante era l’elevato consumo di fibre. Ad ogni modo, sembra che se al giorno d’oggi trasferissimo in un contesto cittadino occidentale delle persone abituate a uno stile di vita simile a quello dei nostri progenitori, il loro “benessere” sarebbe travolto e aumenterebbe radicalmente il rischio di contrarre patologie metaboliche [3].

Perché la ricerca nutrizionale dà risposte così contraddittorie?

Soprattutto perché è molto difficile condurla in modo rigoroso. Un esempio: pensi al placebo, la sostanza inerte utilizzata per rendere invisibili agli occhi di medici e pazienti i trattamenti con cui sono confrontate le terapie oggetto di sperimentazione. Ebbene, come possiamo riuscire a misurare l’effetto di un alimento o di uno schema dietetico non potendo contare su uno strumento essenziale della ricerca clinica? [4] Se a lei fosse data una fetta di panettone, cosa potremmo dare alla persona di controllo di “identico al panettone” ma privo delle calorie da esso contenute?

Dobbiamo considerare anche che la ricerca farmaceutica riceve molto sostegno economico, perché i farmaci possono essere altamente redditizi. Un’importante sperimentazione clinica può costare diverse centinaia di milioni di euro, ma un farmaco di successo può promettere molti miliardi di profitti. Anche per questa elevata redditività l’industria farmaceutica è motivata a svolgere questi studi nel modo più rigoroso – per disegnarne correttamente i metodi e per assicurarsi che abbiano la forza e il potere statistico per ottenere risposte delle quali potersi fidare. In ambito alimentare lo scenario è diverso: i cittadini scelgono e acquistano i prodotti direttamente, a un costo mediamente inferiore a quello dei medicinali, e sono destinatari diretti anche della pubblicità industriale. Anche per questo, l’industria alimentare non riesce a destinare finanziamenti importanti per la ricerca e le istituzioni pubbliche allocano dei budget abbastanza modesti per condurre studi nutrizionali.

Devo quindi dimenticare il panettone?

“Una dieta equilibrata – propone la dottoressa Agrigento – può prevedere a colazione una tazza di latte parzialmente scremato o un vasetto di yogurt accompagnati da una fetta di panettone del peso di circa un etto. A pranzo, 100 g di carne o 150 di pesce oppure due uova con un contorno di due porzioni di verdura e 40 g di pane integrale: un cucchiaio di olio extravergine per condire il tutto. A cena, una zuppa di legumi con 40 g di cereali a chicco come l’orzo, di nuovo verdure e olio per condire. Sono circa 1500 Kcal”.

Aggiungiamo, però, un elemento importante. Possiamo seguire una dieta che riduca le calorie e di conseguenza perdere peso. Ma dopo alcuni giorni o settimane, la fame aumenta e il metabolismo di chi è a dieta rallenta: questa è la premessa per riguadagnare peso. Ecco perché da una parte c’è bisogno di studi a lungo termine per valutare l’impatto degli alimenti sulla nostra biologia e le probabilità di successo del mantenimento della perdita di peso. Dall’altra parte, però, basare una dieta su un alimento così fortemente – più che stagionale – “passeggero” come il panettone sembrerebbe davvero poco consigliabile.

Possiamo però essere abbastanza fiduciosi sulla capacità di mantenere il nostro peso forma anche dopo le festività natalizie?

Non è scontato, in realtà. Uno studio su un gruppo di studenti statunitensi ha dimostrato che all’indomani della festa del Ringraziamento – il Thanksgiving – il peso era aumentato in media di 500 grammi [5]. In un solo giorno, mezzo chilo. Teniamo in considerazione che il peso si guadagna anche nei fine settimana, perché per quanto possa apparire paradossale spesso ci muoviamo di meno [6].

Una buona notizia è che circa la metà dell’aumento del peso durante le festività lo perdiamo nei giorni successivi. La notizia cattiva è ovviamente che la metà del peso resta con noi [7]. Questo è il motivo che dovrebbe motivarci a essere prudenti nell’alimentazione e, soprattutto, dovrebbe suggerirci di aumentare l’esercizio fisico durante le feste natalizie [7]: sfidare il freddo e camminare a passo spedito. Cercando per quanto possibile di evitare che la meta sia una pasticceria.

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Autore Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Rebecca De Fiore ha conseguito un master in Giornalismo presso la Scuola Holden di Torino. Dal 2017 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per riviste online e cartacee di informazione scientifica. Fa parte della redazione del progetto Forward sull’innovazione in sanità e collabora ad alcuni dei progetti istituzionali con il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
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