I vaccini contengono metalli pesanti?

14 Febbraio 2018 di Roberta Villa

Da dove nasce questa idea?

I vaccini sono costituiti essenzialmente da virus, batteri (interi o in parte), oppure prodotti dei batteri stessi, che servono all’organismo a riconoscere i germi responsabili della malattia contro cui si desidera indurre protezione. Per essere sicuri o efficaci i vaccini contengono però anche altre componenti: per esempio conservanti, come un tempo – oggi non è più presente in Europa – il thimerosal (o thiomersal), a base di mercurio, che impediscono la contaminazione e il deterioramento del prodotto, oppure adiuvanti, come l’alluminio, che migliorano la risposta immunitaria oppure la prolungano nel tempo, in modo da ridurre le dosi di antigene o di evitare il ricorso a un’ulteriore dose. Altri sono residui di sostanze indispensabili nella lavorazione di alcuni particolari vaccini, come la formaldeide, che serve a inattivare i virus e alcune tossine.

Siamo abituati a vedere queste sostanze in forme che ci sembra impensabile iniettare a un bambino: il mercurio che per la sua tossicità è stato bandito perfino dai termometri; l’alluminio che costituisce lattine e caffettiere; la formaldeide che è contenuta in alcune vernici e tinture. Occorre ricordare però che ciascuna di queste sostanze a seconda della forma e della dose può essere del tutto innocua, dal momento che a fare il veleno è sempre la dose. Perfino l’acqua, in dosi esagerate, può essere letale.

La formaldeide per esempio è usata come conservante in molti cibi affumicati ed è contenuta in tantissimi oggetti di uso quotidiano. È un normale metabolita delle nostre cellule in cui si trova in concentrazioni maggiori di quelle del vaccino. Una volta assorbita, è metabolizzata nel giro di minuti. Sebbene quindi sia stata classificata dall’IARC (International Agency for Research on Cancer) come sicuramente cancerogena per la specie umana, lo è al pari del sole o dell’alcol, in relazione all’entità dell’esposizione. Le tracce che possono essere contenute nei vaccini, somministrati in una o poche dosi, non sono confrontabili con le quantità che rischiano di provocare danni in un lavoratore esposto per decenni a particolari lavorazioni, né con quelle liberate nell’aria dai rivestimenti di mobili e altri materiali usati per l’edilizia e l’arredamento. Sarebbe come preoccuparsi che una delle cure tradizionali usate nell’ordine dei milligrammi per dilatare le coronarie nell’angina pectoris, la nitroglicerina, possa esplodere nel petto per il fatto di essere, in ben altri ordini di grandezza, anche un potente esplosivo alla base della dinamite.

Anche per l’alluminio usato come supporto per i vaccini – di cui aumenta l’efficacia e riduce il rischio di effetti indesiderati – contano le dosi. Qualunque sostanza in grandi quantità può infatti essere tossica, perfino l’acqua o il sale da cucina. Quest’ultimo, in particolare, provoca danni all’organismo a dosi equivalenti a quelle a cui è tossico l’alluminio. Nella maggior parte dei vaccini che lo contengono (non c’è in quelli a virus vivi e attenuati, nell’antipolio e nell’antinfluenzale) si trovano circa 4,5 mg / 0,5 ml (= 1 dose) di sale da cucina e solo circa 0,5 mg / 0,5 ml di Al3+. D’altra parte l’alluminio è il metallo più diffuso nel pianeta e nel nostro organismo. Ogni neonato nasce con circa 0,4 mg di alluminio, che presto aumenta, per accumulo dal latte materno e ancor più da quello artificiale, e poi dal cibo con cui viene svezzato e dall’acqua che ciascuno beve ogni giorno. In parte è eliminato dai reni, ma nel corso della vita se ne accumulano naturalmente circa 35 mg senza danni per l’organismo. Ogni neonato ne assorbe ogni giorno attraverso l’intestino una quantità, in forma solubile, ben superiore a quella contenute in tutti i vaccini che riceve in occasione delle sue prime sedute vaccinali. Nei vaccini in cui è contenuto si trova in forma non solubile, come gel che rilascia molto lentamente gli antigeni e molto lentamente, senza creare nessun particolare sovraccarico, viene riassorbito ed eliminato per via renale.

Cosa si è fatto al riguardo?

Ci danno vaccini scadutiFormaldeide e alluminio sono attualmente indispensabili per produrre vaccini efficaci e sicuri. Non esistono alternative che garantiscano gli stessi risultati, per cui non avrebbe senso rinunciare a presidi così preziosi contro malattie gravi solo per accondiscendere a paure immotivate. È stato infatti ripetutamente accertato che le quantità che se ne possono trovare nei vaccini sono così irrisorie da non poter rappresentare in nessun modo un rischio per la salute. Ogni azione che cerchi di andare incontro a timori ingiustificati rischia anzi di confermarne le ragioni.

È quel che è successo con il thimerosal, usato come conservante non solo nei contenitori di vaccini multidose, ma anche in molti altri prodotti di cui è importante conservare la sterilità, come gli inchiostri per i tatuaggi. Quando, solo per prudenza, è stato tolto dai vaccini per l’infanzia, si è rafforzata l’idea che fosse davvero pericoloso, e che, nonostante questo, per anni fosse stato somministrato a generazioni di bambini.
Ora che non è più contenuto in nessun vaccino per l’infanzia né in Italia né negli Stati Uniti, la paura che evoca non si è per niente attenuata.

Eppure questo conservante libera etilmercurio, una sostanza molto meno pericolosa del metilmercurio, che si accumula per esempio nei pesci di mare. La differenza tra i due richiama quella tra il metanolo, che in passato ha provocato casi di intossicazione anche in Italia, e l’etanolo, che si trova in tutte le bevande alcoliche. Le quantità di etilmercurio contenute nei vaccini (somministrati occasionalmente nella vita) erano mille volte inferiori alla dose minima che può rivelarsi tossica se assunta tutti i giorni per anni, e quindi del tutto innocue. Tuttavia, come si è detto, la sostanza è stata eliminata da tutti i vaccini per l’infanzia in Europa, per cui di questo non bisogna assolutamente preoccuparsi.

Perché questa idea ha attecchito?

I vaccini contro Covid-19 causano disfunzione erettile o infertilità?L’idea che nei vaccini possano essere contenute sostanze pericolose preoccupa particolarmente i genitori, più di altri rischi a cui i bambini possono essere esposti ogni giorno, per esempio in auto o per strada. Secondo gli studi che hanno esaminato i fattori che aumentano la nostra percezione di un rischio, facendocelo sottovalutare o viceversa sembrare maggiore di quello che è, l’atto di iniettare qualcosa di per sé già preoccupa più di quel che si mangia o ancor meno che si mette a contatto con la pelle, anche se non è detto che le probabilità di una reazione grave siano superiori. Il vaccino antipolio orale, per esempio, può provocare in rarissimi casi una poliomielite da vaccino, cosa che è invece impossibile con quello compreso nell’esavalente adottato oggi in Italia e in tutti i Paesi dichiarati liberi dalla malattia.

La sensazione di pericolo è ingigantita anche dal fatto che si somministri un prodotto industriale per proteggere il bambino da un agente infettivo che in fondo è naturale, sebbene il primo possa provocare al più un po’ di febbre o una reazione allergica, mentre il secondo è potenzialmente mortale. Il problema dell’inquinamento urbano e soprattutto industriale su cui è stata attirata l’opinione pubblica dalla seconda metà del secolo scorso ha inoltre accentuato il timore per tutto ciò che è “chimico”, in opposizione al naturale. Eppure sostanze considerate “chimiche”, seppure non di sintesi (come per esempio l’alluminio, appunto), si trovano anche in natura, e viceversa in natura si trovano potenti veleni e altri tipi di minacce per la sopravvivenza.

Qualcuno inconsciamente può credere che l’iniezione di un vaccino possa in qualche modo compromettere la purezza incontaminata di un neonato: capire che tutto questo è frutto di sovrastrutture culturali, simboliche e metaforiche, ma che non risponde a verità, può evitare di esporre il proprio figlio a rischi invece terribilmente reali.

Dove approfondire?

Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
Tutti gli articoli di Roberta Villa