Avremo un futuro senza antibiotici?

10 Marzo 2021 di Fabio Ambrosino (Pensiero Scientifico Editore)

Dieci milioni di morti ogni anno. È questo, secondo l’Ad hoc Interagency Coordinating Group on Antimicrobial Resistance dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, il rischio che affronteremo nel 2050, in un futuro senza antibiotici, se non si prenderanno contromisure efficaci nei confronti del fenomeno dell’antibiotico-resistenza [1].

Ogni volta che si usa un antibiotico, infatti, aumenta la probabilità di far nascere dei “super batteri” invulnerabili a questo tipo di farmaci: già oggi circa settecentomila persone muoiono ogni anno nel mondo per colpa di questi germi resistenti. Considerando l’enorme utilizzo degli antibiotici nella moderna medicina – ma anche in agricoltura e allevamento – è facile capire perché l’antibiotico-resistenza costituisce una delle maggiori minacce per la salute a livello globale. L’Italia è un contesto particolarmente a rischio, essendo uno dei Paesi europei che consuma più antibiotici e produce più batteri resistenti.

Dottore, in cosa consiste l’antibiotico-resistenza?

avremo un futuro senza antibiotici int2Quando nel 1948 Alexander Fleming ricevette il Premio Nobel per la medicina per aver scoperto la penicillina, il primo antibiotico, utilizzò il suo discorso di ringraziamento per mettere in guarda dai rischi legati a un utilizzo sconsiderato di questi medicinali: “Potrebbe arrivare un momento in cui la penicillina sarà acquistabile da chiunque nei negozi. C’è quindi il rischio che una persona ignorante possa somministrarsi una dose non sufficiente a uccidere tutti i microbi, rendendo quest’ultimi resistenti” [2].

In generale, come abbiamo già visto in una precedente scheda, la resistenza agli antibiotici si verifica quando germi come batteri e funghi sviluppano, attraverso meccanismi diversi, la capacità di sconfiggere i farmaci progettati per eliminarli. Questi super batteri sopravvivono quindi agli antibiotici e riescono a causare infezioni difficili o persino impossibili da trattare. Nella maggior parte dei casi, infatti, le infezioni resistenti agli antibiotici richiedono ricoveri ospedalieri prolungati, terapie costose e numerose visite mediche di controllo [3].

Le cause di questo fenomeno sono molteplici, dall’uso eccessivo dei farmaci antibiotici per l’allevamento animale all’aumento dei viaggi internazionali [4]. Uno dei fattori che desta più preoccupazioni è però l’eccessivo utilizzo di questi farmaci in ambito clinico: in molti casi, ad esempio, gli antibiotici vengono prescritti per malattie per cui risultano completamente inutili, come il raffreddore o il mal di gola.

Quanti antibiotici si consumano in Italia?

Secondo i risultati dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio sull’uso dei medicinali (Osmed) sull’uso degli antibiotici nel nostro Paese, realizzato dall’Agenzia Italiana del Farmaco, nel 2019 circa 4 italiani su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione per un farmaco di questo tipo [5]. Nonostante una riduzione rispetto agli anni precedenti e una grande differenza tra le regioni, il consumo di antibiotici in Italia continua a essere superiore alla media europea.

avremo un futuro senza antibiotici int3Esistono poi diverse situazioni che suggeriscono che una parte considerevole di questi farmaci viene utilizzata in modo inappropriato. Ad esempio, una delle fasce di età in cui vengono prescritti più antibiotici è quella tra i 2 e i 6 anni, con una percentuale che raggiunge il 50%. Considerato che la maggior parte delle infezioni che colpisce i bambini in quella fase della crescita è causata da virus e non può essere trattata con antibiotici è probabile che la loro prescrizione sia semplicemente non giustificata.

Altri due elementi, infine, mettono in evidenza un possibile uso inappropriato di questi farmaci. In primo luogo il rapporto Osmed mostra come l’andamento del consumo di antibiotici in Italia sia collegato al numero di casi di sindromi influenzali e parainfluenzali. Anche in questo caso, tuttavia, essendo le influenze causate da virus e non da batteri, questo dato sembra suggerire un utilizzo prevalentemente incongruo.

In ultimo, guardando i dati relativi alle prescrizioni di antibiotici si nota che nelle regioni del Sud se ne prescrivono di più rispetto a quelle del Centro e del Nord. Di nuovo, non essendo questa differenza giustificabile da motivi clinici, sembra probabile che in alcuni contesti la prescrizione di questi farmaci sia più frequente del necessario.

Dottore, cosa si può fare per non rischiare un futuro senza antibiotici?

avremo un futuro senza antibiotici intProprio per cercare di ridurre e ottimizzare il consumo di antibiotici nel nostro Paese nel 2017 è stato lanciato il Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (Pncar) 2017-2020, il quale prevedeva una serie di obiettivi da raggiungere entro la fine dello scorso anno, tra cui una riduzione del 10% del consumo in ambito territoriale e del 5% in ambito ospedaliero, una riduzione del 10% del consumo di fluorochinoloni – la classe di antibiotici che presenta i tassi di resistenza più elevati –, una riduzione del 30% del consumo in ambito veterinario e altri ancora [6].

“Purtroppo la maggior parte degli obiettivi fissati dal Pncar per la fine del 2020 non sono stati raggiunti: siamo ancora lontani dalla media dei Paesi europei”, spiega Filomena Fortinguerra, dell’Ufficio Monitoraggio della spesa farmaceutica e rapporti con le Regioni di AIFA, tra gli autori dell’ultimo rapporto sull’uso degli antibiotici in Italia. “A breve verrà istituito un nuovo piano e si prenderanno in considerazione anche altri elementi da tenere sotto controllo, come indicatori più specifici in merito all’utilizzo degli antibiotici a livello ospedaliero e in ambito veterinario”.

Il problema dell’utilizzo eccessivo e spesso inappropriato di questi farmaci è almeno in parte legato a un fattore di natura culturale. “In molti casi i medici che prescrivono gli antibiotici – così come altre figure coinvolte, ad esempio i farmacisti – non sempre hanno la possibilità di restare al passo delle più recenti evidenze scientifiche che riguardano il loro utilizzo. Allo stesso tempo, in molti casi sono gli stessi pazienti a fare pressione sui medici per ricevere la prescrizione di un antibiotico”, spiega Fortinguerra.

Avremo un futuro senza antibiotici intUn caso emblematico, in questo senso, è quello della pediatria. “Si pensa che un bambino sano sia segno di una famiglia sana, mentre uno malato desta delle preoccupazioni etiche” racconta Laura Reali, pediatra di libera scelta dell’Asl Roma 1 “quindi si vuole fare di tutto per farlo guarire. Ma c’è anche un aspetto di natura economica: per molti genitori i bambini devono andare sempre a scuola perché non possono permettersi di stare a casa e facendo perdere a uno dei genitori un giorno di lavoro”. Di conseguenza, come spiega Fortinguerra, “sono auspicabili attività formative e informative per i medici ma anche per il cittadino”.

Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza non è tuttavia legato esclusivamente al consumo di antibiotici. Sono moltissimi i fattori coinvolti: dall’igiene alla globalizzazione della produzione alimentare, dall’agricoltura e l’allevamento intensivi alla tendenza delle industrie farmaceutiche a non investire nello sviluppo di nuovi antibiotici. Per questi motivi molti ricercatori sostengono che il fenomeno dell’antibiotico resistenza andrebbe affrontato secondo i concetti di One Health e Global Health, i cui principi di base sono rispettivamente quelli dell’interdipendenza tra salute umana, animale e dell’ambiente e tra fenomeni locali e globali [7,8].

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Autore Fabio Ambrosino (Pensiero Scientifico Editore)

Fabio Ambrosino ha conseguito un master in Comunicazione della Scienza presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Dal 2016 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per siti di informazione e newsletter in ambito cardiologico. È particolarmente interessato allo studio delle opportunità e delle sfide legate all’utilizzo dei social media in medicina.
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