Gli antibiotici più si usano, meno diventano efficaci?

8 Marzo 2019 di Redazione
di Scuola di Specializzazione in Igiene e medicina preventiva, Università di Foggia
e di Stefania Iannazzo, Ministero della Salute

Gli antibiotici sono farmaci salva-vita che hanno reso possibili innumerevoli progressi nella medicina moderna. Tuttavia, maggiore è stato il loro utilizzo nel tempo, minore è diventata la loro efficacia. L’antibiotico-resistenza, ovvero la resistenza dei batteri agli antibiotici rappresenta un’importante minaccia per la sanità pubblica e per i sistemi sanitari a livello globale. Inoltre, l’uso di questi medicinali spesso si associa alla comparsa di eventi avversi che possono variare da lievi alterazioni gastrointestinali alle ben più gravi e a volte letali infezioni da Clostridium difficile [1].

È vero che l’uso non necessario e non corretto di antibiotici li fa diventare inefficaci?

L’assunzione scorretta degli antibiotici, per durata, dosaggio o modalità, fa sì che i batteri diventino resistenti ai farmaci verso i quali un tempo erano sensibili, con conseguente perdita di efficacia delle terapie e gravi rischi per la salute.

Per resistenza agli antibiotici o antibiotico-resistenza si intende la resistenza che i batteri sviluppano nei confronti dei farmaci che si usano per trattare le malattie causate da questi microrganismi, nel quadro più generale dell’antimicrobico-resistenza che riguarda oltre ai batteri, anche virus, funghi e parassiti [2]. Per quanto si tratti di un fenomeno di difesa naturale dei microrganismi, lo sviluppo di resistenza è strettamente collegato anche a quanto e a come gli antimicrobici vengono utilizzati [3].

Il largo uso di antibiotici, non solo in terapia umana, ma anche in medicina veterinaria, agricoltura e zootecnia, ha contribuito all’emergenza dell’antibiotico-resistenza con serissime conseguenze per il trattamento delle infezioni batteriche sia in ambito veterinario che umano. Le resistenze che si sviluppano in un organismo o in un’area geografica possono poi diffondersi rapidamente nelle popolazioni di esseri umani e animali, attraverso gli alimenti, l’acqua e l’ambiente, mediante diversi meccanismi quali, ad esempio, lo scambio di materiale genetico tra specie batteriche differenti, interessando un ampio spettro di patogeni e malattie. La loro diffusione è, inoltre, influenzata dal commercio, dai viaggi e dai flussi migratori umani e animali [3] in modo imprevedibile.

Che cosa può comportare l’antibiotico-resistenza per la salute pubblica?

Si stima che ogni anno nel mondo l’antimicrobico-resistenza causi già 700.000 morti e che, se nulla sarà fatto per invertire il trend, dopo il 2050 ne provocherà 10 milioni l’anno, tante quante sono oggi quelle dovute al cancro [4].

Un recente studio del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC, European Center for Disease Prevention and Control) ha stimato che nei Paesi europei nel 2015 si siano verificati circa 672.000 casi di infezione da batteri antibiotico-resistenti, di cui il 63,5% correlati all’assistenza sanitaria. A queste infezioni sono risultati attribuibili oltre 33.000 decessi e quasi 875.000 DALY (disability-adjusted life-year: una misura del peso di ciascuna specifica condizione e fattore di rischio che combina l’effetto degli anni persi per morte prematura rispetto all’aspettativa di vita con quello degli anni vissuti con disabilità). Il carico di malattia in Europa, più elevato nei neonati e negli adulti di 65 anni di età e oltre, dal 2007 ha registrato un aumento [5].

La resistenza agli antibiotici rappresenta, al momento, il problema a maggiore impatto epidemiologico ed economico nel nostro Paese, per il quale sono urgenti azioni di prevenzione e controllo. L’Italia è infatti il primo Paese europeo per numero di infezioni (201.584 stimati per il 2015) e di decessi (10.762) attribuibili all’antibiotico-resistenza (circa un terzo delle morti totali per questa causa in Europa) [5].

L’uso inappropriato degli antibiotici aumenta anche la probabilità che compaiano eventi avversi?

Anche gli eventi avversi ad antibiotici rappresentano una minaccia per la sicurezza dei pazienti, dai disturbi gastrointestinali, principalmente diarrea da alterazione del microbiota – la flora batterica normalmente residente nell’intestino – a tossicità a carico dei reni, infezioni secondarie, alterazioni neurologiche o psichiatriche, disturbi sensoriali o motori e reazioni allergiche. Il Centro statunitense per il controllo delle malattie (CDC, Center for Disease Control and Prevention) ha stimato che ogni 1.000 prescrizioni di antibiotici si verifichi un accesso al pronto soccorso per un evento avverso ad antibiotico [1].

L’uso di antibiotici può portare inoltre alla perdita di biodiversità e a disturbi del microbiota che possono persistere per anni. Le evidenze scientifiche sono ancora limitate, ma indicano che l’assunzione indiscriminata di antibiotici durante i primi anni di vita può essere associata a un aumentato rischio di malattie croniche, come l’artrite idiopatica giovanile, la celiachia, le malattie infiammatorie intestinali, il diabete e le allergie alimentari [1]. Per questo è importante assumere antibiotici solo quando sono effettivamente necessari e prescritti dal medico curante, attenendosi alle indicazioni fornite su durata della terapia, tempi e modalità di somministrazione.

Cosa possono fare i singoli cittadini per frenare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza?

L’uso prudente degli antibiotici contrasta lo sviluppo di batteri resistenti e preserva l’efficacia di questi farmaci salva-vita per le generazioni future.

L’indagine Eurobarometro, commissionata dal Parlamento europeo, ha mostrato come ancora nel 2018 il livello di informazione degli italiani su antibiotici e antibiotico-resistenza sia insufficiente; di conseguenza nel nostro Paese continuano a registrarsi i consumi più elevati in Europa (47% verso 32% media UE), a riprova che l’uso inappropriato degli antibiotici e la scarsa conoscenza delle loro effettive proprietà e del loro meccanismo d’azione sono strettamente correlati [6].

Tra le iniziative di comunicazione e informazione adottate dalle istituzioni nazionali in occasione della Settimana mondiale e della Giornata europea sull’uso prudente degli antibiotici 2018 sono stati pubblicati, dal Ministero della salute, un fact checking (VERO/FALSO) e un glossario per contribuire a rendere maggiormente consapevole del tema la popolazione generale e il personale sanitario, attraverso alcuni messaggi chiave [7].

Cosa è fondamentale sapere sugli antibiotici?

  • Gli antibiotici non curano le malattie virali; patologie stagionali quali raffreddore, influenza e altre infezioni dell’apparato respiratorio vanno attentamente valutate dal medico, che è il solo in grado di stabilire se si è in presenza di un’infezione virale o batterica.
  • Gli antibiotici vanno assunti solo quando li prescrive il medico, osservando scrupolosamente le sue indicazioni sulle dosi, i tempi e la durata della terapia, completando la cura anche se ci si sente meglio, senza eccedere o ridurre autonomamente il dosaggio.
  • Qualora dovessero avanzare dosi di antibiotico da una precedente terapia, queste non vanno assunte senza aver consultato prima il curante, nemmeno se si ritiene di aver contratto un’infezione batterica simile alla prima.
  • Poiché alcune malattie infettive, pur essendo provocate da microrganismi differenti, presentano sintomi simili, solo il medico potrà valutare l’eventuale necessità di intraprendere la terapia antibiotica e il tipo di antibiotico da assumere.
  • Non ha senso insistere con il farmacista per ottenere medicinali che sono dispensabili solo dietro prescrizione.
  • Le dosi scadute di antibiotici vanno eliminate negli appositi contenitori presso le farmacie o altri siti di conferimento [8,9].

Usare bene gli antibiotici è una responsabilità del singolo nei confronti della propria salute e della collettività. L’uso prudente degli antibiotici permetterà a tutti di avere sempre a disposizione farmaci efficaci per le malattie batteriche, al contrario, lo sviluppo di antibiotico-resistenza mette a rischio la salute di ognuno.

 

Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina preventiva, Università di Foggia

(Rosa Prato, Domenico Martinelli, Francesca Fortunato, Giulia Del Matto, Cristina Coppola, Marica Milazzo, Sauro Sisi)

In stretta collaborazione con il Ministero della Salute e su mandato delle Autorità sanitarie della Regione Puglia, l’Istituto di Igiene dell’Università di Foggia, con i suoi medici specializzandi, gestisce molte delle attività epidemiologiche istituzionali di prevenzione e controllo delle malattie infettive, dal coordinamento dei programmi vaccinali a quello delle attività di contrasto all’antimicrobico resistenza. Rosa Prato (Direttore della Scuola) fa parte del Gruppo Tecnico di governo della strategia nazionale AMR, nell’ambito del quale guida il gruppo di lavoro dell’area “Formazione” e co-coordina il gruppo di lavoro dell’area “Comunicazione”. Su designazione del Ministero della Salute, l’Istituto di Igiene Unifg è Unità Partner associato per l’Italia dell’Azione congiunta Antimicrobial resistance and Health Care Associated Infections (JA-04-2016), finanziata dall’Unione Europea nell’ambito del Terzo Programma Salute 2014-2020.

Stefania Iannazzo

Medico specialista in Igiene, Stefania Iannazzo è responsabile della Struttura Semplice Malattie Prevenibili da Vaccino, Antimicrobico resistenza e Infezioni Correlate all’Assistenza dell’Ufficio V della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute. Guida il Gruppo tecnico di coordinamento, monitoraggio e aggiornamento del Piano Nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (PNCAR) e della Strategia nazionale AMR.

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