È meglio accompagnare i bambini in macchina a scuola?

7 Gennaio 2021 di Giada Savini (Pensiero Scientifico Editore)

Negli ultimi 20 anni il modo di andare a scuola dei bambini è cambiato: se un tempo andare a piedi o in bicicletta era la norma, oggi, attraverso la diffusione dell’automobile, il trasporto passivo ha sostituito quello attivo [1]. E soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria, molti genitori prediligono l’auto privata. La soluzione migliore per tutelare la salute dei più piccoli, però, è prendere l’abitudine di accompagnare i bambini a scuola a piedi.

Per quali motivi è meglio accompagnare i bambini a piedi?

è meglio accompagnare i bambini in macchina a scuolaInnanzitutto, “bisogna tener presente che l’obesità infantile è in aumento. E uno dei motivi principali è la diminuzione della quantità di esercizio che i bambini stanno facendo. […] Andare e tornare da scuola a piedi è un ottimo modo per garantire un’attività fisica cinque giorni a settimana”, sottolinea Joseph Perno, vicedirettore del Dipartimento di Medicina del Johns Hopkins All Children’s Hospital [2]. Ancora, “è stato riscontrato che i bambini che vanno a scuola a piedi hanno un rendimento scolastico più elevato in termini di attenzione, abilità verbali, numeriche e di ragionamento; minore stress durante la giornata scolastica e livelli più elevati di felicità, eccitazione e relax durante il viaggio verso la scuola. Andare a scuola a piedi può favorire ulteriormente la crescita personale sviluppando un senso di indipendenza nel processo decisionale, legami emotivi con i coetanei e con l’ambiente, oltre che le capacità di muoversi in sicurezza in strada e nel traffico” [3].

Inoltre, è importante sapere che per molti inquinanti le concentrazioni all’interno dell’auto possono essere maggiori di quelle presenti nell’aria esterna: chi usa i veicoli a motore respira, infatti, anche una parte dei propri scarichi [4]. A questo proposito è fondamentale sapere che i bambini sono particolarmente esposti agli inquinanti e per questo occorre trovare soluzioni efficaci per preservarli. Ad esempio, se possibile meglio scegliere una scuola di quartiere, in una zona senza traffico intenso o senza fabbriche.

Ho sentito parlare del pedibus, cos’è?

Il pedibus è un autobus umano fatto da bambini che vanno a scuola a piedi, accompagnati da adulti, seguendo percorsi prestabiliti fatti da un capolinea, alcune fermate (talvolta indicate da cartelli) e orari prestabiliti. Esiste anche la versione su due ruote, un altro modo sostenibile per andare a scuola: il bicibus. Si tratta di un “autobus a due ruote” formato da un gruppo di bambini in bicicletta che vanno e tornano da scuola accompagnati, anche in questo caso, da genitori volontari lungo percorsi prestabiliti e messi in sicurezza.

è meglio accompagnare i bambini in macchina a scuola

“La finalità ultima dell’organizzare un pedibus o un bicibus nel proprio quartiere o nella scuola dei propri figli è quella di promuovere nelle famiglie, nelle amministrazioni comunali e nella scuola, una cultura che porti a creare le condizioni solide e durature affinché i bambini vadano a scuola da soli, a piedi o in bici”, si legge su Piccolipiù in Forma, sito di informazione rivolto alle famiglie per promuovere stili di vita sani [5]. Vale la pena organizzare queste iniziative perché provare a disincentivare l’utilizzo di automobili è anche un modo per rendere la città e i quartieri più vivibili, meno inquinati e meno pericolosi. Per i bambini, inoltre, andare a scuola a piedi tutti insieme è un modo per incontrare amici e per socializzare.

Infine, vivendo a piedi o in bici il proprio quartiere, si impara a muoversi con consapevolezza sulla strada adottando comportamenti corretti.

In questo periodo di emergenza sanitaria il pedibus può essere molto utile perché permette di limitare la presenza dei genitori intorno alle scuole e quindi di ridurre i rischi di contagio. Va però gestito con un’attenzione particolare, organizzando file disciplinate e rispettando il distanziamento fisico tra un bambino e l’altro [5].

Dottore, quindi i bambini sono più esposti agli inquinanti?

Sì, i bambini sono più vulnerabili all’inquinamento dell’aria rispetto agli adulti perché hanno l’apparato respiratorio ancora in via di sviluppo. La maggior crescita volumetrica e la maggior evoluzione strutturale del polmone, infatti, avvengono nei primi sette anni di vita. Altri motivi di vulnerabilità, specie per i bambini più piccoli, sono dovuti all’inalazione di un maggiore volume di aria rispetto all’adulto in rapporto al peso corporeo e quindi alla relativa maggiore inalazione di inquinanti. Contribuiscono anche l’elevata frequenza di infezioni respiratorie e una scarsa consapevolezza dei rischi [6,7]. Di questo argomento abbiamo parlato ad esempio nella scheda “Gli ambienti chiusi proteggono i bambini dall’inquinamento?”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in una pubblicazione su inquinamento atmosferico e salute dei bambini, ha evidenziato come l’inquinamento atmosferico sia assai rilevante per la salute dei bambini, perché influisce sul neurosviluppo e sulle capacità cognitive, influenzando negativamente lo sviluppo mentale e motorio. Ancora, l’inquinamento atmosferico può danneggiare la funzione polmonare, anche a livelli più bassi di esposizione, portando ad asma e infezioni acute delle basse vie respiratorie. L’esposizione in età infantile si proietta poi anche negli anni successivi rendendo più vulnerabile il bambino durante tutto il suo percorso di vita, mettendolo maggiormente a rischio, ad esempio, di malattie croniche come le malattie cardiovascolari [8].

Dottore, quali possono essere le soluzioni?

Innanzitutto, è possibile contribuire a ridurre i livelli di inquinamento adottando uno stile di vita a basso impatto ambientale, quindi con una serie di comportamenti molto semplici nel quotidiano [9]:

  • Usa di più la bicicletta e i mezzi pubblici, nel rispetto delle norme di sicurezza dettate dall’emergenza sanitaria da nuovo coronavirus, in modo da usare meno l’automobile per inquinare meno e non respirare i propri scarichi.
  • Adoperati perché tuo figlio possa andare a scuola in modo autonomo: contribuisci ad attivare un Pedibus, chiedi la creazione di piste ciclabili e percorsi chiusi al traffico in vicinanza delle scuole.
  • Se possibile scegli la scuola di tuo figlio nel quartiere per permettergli di abituarsi agli spostamenti a piedi o in bicicletta. In alternativa, sceglila in una zona dove non ci sono traffico intenso o fabbriche.
  • Cammina di più con il tuo bambino, scegliendo orari e percorsi con minor traffico.
  • Evita le attività all’aperto vicino a strade trafficate, soprattutto nelle ore di punta, e vicino alle aree industriali.
  • Se devi cambiare l’auto sceglila fra quelle che più rispettano l’ambiente.
  • Non sostare con il motore acceso e utilizza, dove possibile, parcheggi sotterranei.

Bisogna aggiungere che anche una maggiore consapevolezza sui livelli di inquinamento dell’aria nella tua città può aiutarti a pianificare le attività da svolgere all’esterno. Potrebbe essere utile, ad esempio, riuscire a informarsi sui livelli di inquinamento consultando i siti delle Agenzie Regionali di Protezione Ambientale, ed evitare di far uscire i bambini, in particolare se affetti da patologie respiratorie, nei giorni con livelli di inquinamento alti.

In generale, però, tieni presente che durante i mesi estivi è più rilevante l’inquinamento dovuto all’ozono e i suoi livelli aumentano nel corso della giornata, con l’aumentare della temperatura. Per questo motivo conviene svegliarsi presto e approfittare delle ore mattutine per uscire, evitando le ore di maggior irraggiamento solare. D’inverno, invece, sono le concentrazioni di particolato nell’aria a guidare le scelte di salute: poiché con il freddo il particolato si condensa fino a formare goccioline di aerosol più facilmente inalabili, conviene stare fuori casa nelle ore più calde [10].

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Autore Giada Savini (Pensiero Scientifico Editore)

Giada Savini è Web content editor in ambito medico-scientifico. Dopo gli studi classici e dopo aver collaborato con Medici Senza Frontiere onlus, ha abbracciato la carriera editoriale. Collabora con Il Pensiero Scientifico Editore, dove si occupa di medicina, salute e scienza.
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