Gli appelli con richieste di sangue possono non essere affidabili?

14 Giugno 2023 di Roberta Villa

Gli appelli con richieste di sangue possono non essere affidabiliPeriodicamente ritornano, tramite messaggi a catena su WhatsApp o condivisi sui social media, gli appelli per la raccolta di sangue. In genere si racconta di bambini o ragazzi giovani, coinvolti in gravi incidenti o con malattie che richiedono trasfusioni urgenti, soprattutto leucemie, indicando un particolare gruppo sanguigno di cui ci sarebbe bisogno. Alla richiesta si accompagna il classico “Fate girare!”, quando non addirittura il ricatto morale: “Se non condividi sei un mostro!”.

In genere, tuttavia, queste storie non trovano riscontri nella realtà dei fatti [1]. Nel nostro Paese la donazione indirizzata specificamente a un particolare paziente è vietata per legge. Eccezioni potrebbero essere fatte solo per casi di gruppi sanguigni così rari da richiedere una ricerca internazionale: ma se così fosse, sarebbe direttamente un’istituzione, attraverso organi ufficiali, a inoltrare la domanda.

Qualora un ospedale o un’altra struttura sanitaria si trovasse vicina a esaurire le scorte, per esempio in seguito a una catastrofe, si attiverebbero poi le cosiddette “procedure di compensazione” previste dalla legge per ricorrere alle sacche conservate all’interno della stessa Regione oppure, in caso di necessità, a livello nazionale.

Se infine si verificasse una carenza di donazioni, come per esempio è accaduto a causa della pandemia [2], sarebbero i centri trasfusionali o le associazioni a rivolgersi ai loro donatori abituali perché si rechino al più presto al centro.

Dottore, come funziona la donazione di sangue in Italia?

Gli appelli con richieste di sangue possono non essere affidabiliCome il ricorda il Centro Nazionale Sangue, il sistema di raccolta e distribuzione del sangue e dei suoi derivati in Italia è un servizio pubblico, che fa parte del Servizio Sanitario Nazionale, di cui segue i principi di equità e appropriatezza al fine di conseguire l’autosufficienza nazionale di sangue ed emocomponenti.

Il sistema è fondato, in linea con le normative europee, sui seguenti principi [3]:

  • Donazione volontaria, periodica, responsabile, anonima e gratuita del sangue e dei suoi componenti, grazie al ruolo assunto dalle associazioni e federazioni di volontariato, istituzionalmente riconosciuto.
  • Perseguimento dell’autosufficienza del sangue, emocomponenti e farmaci emoderivati come obiettivo strategico nazionale, non frazionabile e sostenibile con il concorso di tutti gli attori del sistema.
  • Efficace tutela della salute dei cittadini (donatori e pazienti) attraverso un’accurata applicazione dei sistemi di controllo sulla sicurezza del sangue raccolto e trasfuso e della rete di emovigilanza sulle corrette applicazioni delle procedure di somministrazione in ambito ospedaliero e la sorveglianza delle malattie infettive trasmissibili.
  • Gratuità del sangue e dei suoi componenti per tutti i cittadini;
  • Sviluppo della medicina trasfusionale e dell’utilizzo clinico appropriato degli emocomponenti e farmaci emoderivati.

Dottore, perché non si ricorre a offerte occasionali?

Gli appelli con richieste di sangue possono non essere affidabiliLa pratica delle trasfusioni è oggi diventata più sicura che nel secolo scorso grazie all’introduzione di una serie di procedure che non garantiscono solo la compatibilità tra donatore e ricevente, ma riducono al minimo la possibilità che, ricevendo un prodotto derivato dal sangue, un malato possa contrarre una malattia infettiva, come purtroppo è capitato in passato con HIV e virus dell’epatite B e C.

Oggi, ogni aspirante donatrice o donatore deve prima di tutto compilare un questionario e affrontare un colloquio con un medico che valuta le sue condizioni di salute. Poi le o gli viene misurata la pressione arteriosa e prelevato un campione di sangue. Su questo si eseguono alcuni esami per individuare eventuali condizioni che controindicano la donazione, o per la salute di chi vorrebbe donare (per esempio una anemia) o la presenza di infezioni (HIV, epatite B e C, sifilide) trasmissibili al ricevente. Questi accertamenti possono richiedere tempo, a volte mesi, prima che il sangue di una persona possa essere trasfuso ad altre.

Anche per questo a sconosciuti trovati in rete si preferiscono donatori abituali e motivati, selezionati per tempo, consapevoli dei comportamenti a rischio che potrebbero rendere poco sicuro il loro sangue, a cui ricorrere eventualmente in caso di necessità. [Per sapere se puoi donare il sangue, leggi la nostra scheda “Tutti possiamo donare il sangue?”].

Inoltre, con un approccio meno strutturato sarebbe più facile trovarsi senza sangue in caso di bisogno: “Per fronteggiare questo problema è fondamentale la collaborazione delle Associazioni e Federazioni di donatori, che con il loro contributo possono incentivare su tutto il territorio nazionale le attività di promozione, chiamata e fidelizzazione”, spiega Vincenzo De Angelis, direttore del Centro Nazionale Sangue.

Insomma, con il sangue come in tutti gli altri campi, non bisogna rincorrere le emergenze, ma farsi trovare il più possibile preparati.

Dottore, ma chi diffonde questi appelli?

Gli appelli con richieste di sangue possono non essere affidabiliLa domanda che sorge spontanea quindi è quale sia la motivazione di chi inizia queste catene di Sant’Antonio. Di solito non è possibile risalire al primo mittente, soprattutto nei molti testi che circolano da anni. Il numero di telefono da contattare, che in un primo tempo può essere reale, con il passare degli anni può diventare inattivo o essere disattivato per sfuggire alle chiamate indotte dalla catena.

Da ciò si può dedurre che in genere non si tratta di truffe a scopo di lucro. Più probabilmente si tratta di buontemponi dal gusto macabro o talvolta forse di persone in buona fede che, venute a conoscenza di un caso che le ha emotivamente colpite, lo condividono con la loro rete di contatti. La viralità a macchia d’olio della rete fa il resto.

Talvolta, infine, non si tratta di segnalazioni singole, ma della chiamata di massa alla donazione di sangue in caso di calamità naturali, disastri aerei o ferroviari o attacchi terroristici. Questi appelli sono utili quando partono dalle associazioni e si rivolgono chi è già donatore, mentre la buona volontà di chi si reca o invita gli altri a recarsi direttamente nei centri trasfusionali in un momento critico può fare più male che bene. I centri di raccolta in questo modo rischiano di essere sopraffatti dall’affluenza in un momento in cui, al contrario, occorrerebbe la loro massima efficienza. Meglio contattarli con calma “in tempo di pace”.

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Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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