Da dove nasce questa idea?
La paura di effetti collaterali immediati o a distanza è una delle ragioni più comuni che portano i genitori a esitare o addirittura a rifiutare di vaccinare i loro figli. Ciò ha spinto alcuni centri privati a proporre alle famiglie una batteria di test che avrebbero la pretesa di poter individuare condizioni di particolare rischio nel bambino da vaccinare.
Si tratta di esami di vario tipo, tutti senza alcun fondamento scientifico, per cui ogni laboratorio o sedicente esperto ne propone secondo la propria fantasia: ricerca degli antigeni di istocompatibilità (HLA), dosaggi vitaminici, test genetici e immunologici, dosaggi ormonali.
I costi elevati di queste batterie di test sono a carico delle famiglie, ma i loro risultati non possono essere interpretati se non in maniera arbitraria da chi li ha prescritti, dal momento che non esiste alcuna prova che, per esempio, il bambino portatore di un marcatore genetico che lo predispone al diabete svilupperà di fatto la malattia, che si vaccini oppure no.
La legge sull’obbligo di vaccinazione per l’accesso a scuola ha inoltre fornito il pretesto per un’altra categoria di esami, altrettanto inutili: quelli per accertare l’avvenuta immunizzazione, per esempio a seguito della malattia naturale. Questa attestazione serve a chiedere di evitare la somministrazione di vaccini multipli, nel caso per esempio che un bambino sia già immune per una delle malattie contro cui protegge il vaccino.
Che cosa la smentisce?
In quest’ultimo caso i test per il dosaggio degli anticorpi contro una o più malattie sono fondati: dimostrano effettivamente l’avvenuta immunizzazione. Sono però altrettanto inutili, dal momento che sottopongono il bambino al disagio di un prelievo di sangue in più, e la famiglia ai costi per l’esame, quando la somministrazione di un vaccino in una persona già immunizzata non rappresenta in alcun modo un rischio. Se infatti l’individuo è già protetto contro la malattia, la vaccinazione rappresenta comunque uno stimolo paragonabile a quello dell’incontro con il vero microrganismo che potrebbe comunque accadere. Tutt’al più può servire a risvegliare e rinforzare le difese.
Tutti gli altri test per l’individuazione di ipotetiche condizioni predisponenti sono invece del tutto infondati: né l’Organizzazione Mondiale della Sanità né altre istituzioni di rilievo scientifico a livello internazionale raccomandano esami di questo tipo, così come nessuna delle più importanti società scientifiche europee o americane. Questa prassi non viene neppure presa in considerazione nell’ultima edizione del Red Book (Rapporto del Committee on Infectious Diseases) che è il principale testo di riferimento per chi lavora in ambito vaccinale.
Non esiste infatti a tutt’oggi nessun esame in grado di prevedere lo sviluppo di possibili reazioni avverse ai vaccini. Molti ricercatori stanno però studiando questo problema, alla ricerca di possibili indicatori efficaci di una situazione di maggiore rischio. Nel momento in cui indagini di questo tipo fossero disponibili e validate sarebbe nell’interesse di tutti metterle a disposizione delle famiglie.
Le controindicazioni vere alle vaccinazioni, come sottolinea la Guida alle controindicazioni alle vaccinazioni dell’Istituto superiore di sanità, si possono raccogliere semplicemente con un’anamnesi, cioè parlando con i genitori. Per la maggior parte delle vaccinazioni raccomandate, infatti, l’unica controindicazione assoluta è il ricordo di una reazione di tipo anafilattico in seguito a una precedente vaccinazione. La prima volta invece non abbiamo modo di prevederla, così come non la possiamo prevedere prima di somministrare qualunque altro farmaco o alimento potenzialmente allergizzante. Ma ogni centro vaccinale è pronto a rispondere a queste rarissime evenienze, che si registrano solo in casi eccezionali e si risolvono senza conseguenze.
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