Anche per gli sportivi vale quello che dicevamo nella scheda “Vitamine e supplementi dietetici ‘aiutano’?” sui casi in cui è senza dubbio indicato l’uso di integratori per sopperire carenze nutrizionali: per esempio, il ferro per le persone con un’anemia sideropenica (quell’anemia causata appunto da carenza di ferro), la vitamina D in chi trascorre poco tempo all’aria aperta o la vitamina B12 per chi segue una dieta vegana.
Per gli atleti, inoltre, possono essere utili anche prodotti che forniscano energia o sali minerali in una forma pratica da assumere prima, durante o dopo la gara o gli allenamenti: per esempio, pasti sostitutivi, bevande o barrette energetiche. In entrambi i casi il loro utilizzo corrisponde alla definizione che ne dà il Ministero della Salute, secondo cui gli integratori alimentari “sono prodotti alimentari destinati a integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate” [1].
Come spiega il Documento di consenso pubblicato nel 2018 dal Comitato Olimpico internazionale, gli atleti però fanno grande uso di questi prodotti anche al di fuori di queste circostanze: prima di tutto nella speranza di ottenere un vantaggio specifico e diretto durante la competizione, ma anche per migliorare i propri risultati in maniera indiretta, per esempio grazie alla possibilità di allenamenti più efficaci, a una ripresa migliore e più rapida dopo le sessioni di allenamento, a un’ottimizzazione della massa e della composizione corporea o riducendo il rischio di malattie e infortuni.
C’è tuttavia anche chi ne fa uso senza troppa convinzione, nel caso servissero o perché lo fanno gli altri. Non va dimenticato poi il ruolo degli sponsor: a livello individuale, per cui l’atleta è tenuto per ragioni economiche a mostrare che ne fa uso; e a livello di eventi, per cui i prodotti sono offerti gratis a tutti [2].
Dottore, ma è vero che gli integratori sono molto diffusi?
Secondo le aziende produttrici, gli italiani sono il popolo europeo che compra più integratori. Secondo un’elaborazione di Unione Italiana Food su dati New Line, ne acquistiamo quasi 300.000 tonnellate l’anno, più di un quarto di tutti quelli venduti in Europa, seguiti solo a distanza da tedeschi e francesi. Ma quanti di questi sono assunti da atleti?
Tra luglio 2020 e giugno 2021, quando il mercato italiano degli integratori alimentari era sui 3,8 miliardi di euro, si stimava che la quota dedicata agli sportivi superasse i 70 milioni di euro. Oggi che il settore arriva a fatturare 4,5 miliardi è verosimile che anche la cifra spesa dagli atleti italiani sia ulteriormente aumentata [3,4].
Anche se la maggior parte degli studi è stata condotta negli Stati Uniti, si può dire che tra i professionisti e chi gareggia ad alti livelli il loro uso è praticamente uguale [5]. Il fenomeno riguarda anche chi si cimenta nell’una o nell’altra attività a livello amatoriale o semplicemente frequenta una palestra per migliorare le proprie condizioni fisiche. Uno studio italiano ha trovato un maggior consumo di alcuni prodotti (polveri proteiche, glucosamine, succo di barbabietola e creatina) negli iscritti alle palestre romane rispetto a chi praticava una specifica attività sportiva [6].
Il fenomeno sembra riguardare anche gli adolescenti: uno studio pilota condotto in Australia nel 2017 ha riscontrato che il 60% degli atleti tra i 13 e 18 anni, agonisti in diversi sport, intervistati dai ricercatori, prendevano supplementi di proteine, nella metà dei casi su indicazione dell’allenatore che, pur senza alcuna formazione medica, rappresenta per loro la principale fonte di informazione al riguardo. Più della metà degli intervistati è consapevole che questa abitudine possa comportare rischi, ma senza sapere bene quali siano [7].
Nel 2012, un’indagine pubblicata su Pediatrics riferiva che su circa 2.800 adolescenti in Minnesota, quasi il 6% riferiva di usare steroidi e più del 10% altre sostanze per potenziare la muscolatura [8].
Dottore, ma questi prodotti sono sicuri?
Per definizione, supplementi e integratori alimentari non sono farmaci, e non sono quindi sottoposti alla stessa normativa né agli stessi controlli dei medicinali. Per questo, sebbene in genere si tratti di sostanze di per sé sicure, possono nascondere alcune insidie: prima di tutto in relazione al dosaggio, quando sono assunti senza il controllo di un medico; in secondo luogo, per la possibilità di infrangere, anche involontariamente, le severe regole antidoping delle federazioni sportive (ne avevamo parlato nella scheda “I farmaci possono diventare doping?”); infine, per il rischio di contaminazioni nel corso dei processi produttivi.
Diversi studi, per esempio, hanno trovato nei prodotti esaminati piccole quantità di steroidi o stimolanti non indicati sull’etichetta, anche quando la Food and Drug Administration aveva esplicitamente chiesto alle aziende produttrici di eliminarli [9,10]. Più in generale, può capitare che gli ingredienti elencati non corrispondano al reale contenuto della confezione.
È chiaro che questi rischi aumentano notevolmente quanto più i prodotti provengano da canali non ufficiali, per esempio sono acquistati online o procurati da un allenatore.
Se poi si assumono consapevolmente steroidi anabolizzanti o altre sostanze proibite, per esempio per rinforzare la propria muscolatura, è bene ricordare che i divieti non sono stati introdotti solo per garantire l’equità delle competizioni, ma anche e soprattutto per i gravi danni che questi prodotti possono provocare, indipendentemente dalla partecipazione alle gare.
Dottore, ma questi prodotti sono efficaci?
La letteratura scientifica sull’efficacia dei diversi tipi di integratori nel migliorare le performance sportiva è abbastanza scarna e di scarsa qualità. Le uniche sostanze per le quali, secondo il Documento di consenso citato sopra [2], esistono buone prove di efficacia nell’offrire un vantaggio diretto, seppur marginale, all’atleta, sono caffeina, creatina, nitrati e bicarbonato di sodio. Quest’ultimo, in particolare, serve a neutralizzare l’acido lattico prodotto dall’attività muscolare aumentando la resistenza allo sforzo. Il suo uso è legale, ma finora era stato poco usato a causa del gonfiore di stomaco che può provocare. Nuove formulazioni che permettono di evitare questo e altri disturbi gastroenterici stanno rendendo l’uso di questa sostanza sempre più diffuso, soprattutto tra fondisti e mezzofondisti d’élite [11].
Per tutti questi integratori, poiché la risposta è sempre individuale si consiglia comunque di verificare durante le fasi di allenamento se i benefici ottenuti valgano il rischio di effetti collaterali o di risultare positivi all’antidoping a causa di contaminazioni. È consigliato in questo senso un consulto con il proprio medico.
C’è poi l’ampio capitolo delle sostanze che possono aiutare lo sportivo in maniera indiretta, non a vincere la competizione, ma ad affrontarla al meglio, per esempio migliorando la tolleranza al dolore o potenziando il sistema immunitario nei confronti di comuni infezioni respiratorie o gastrointestinali che potrebbero compromettere la preparazione o la partecipazione alla gara. Purtroppo, le prove che zinco o vitamina C prevengano i raffreddori o che i probiotici proteggano dalla diarrea sono poco convincenti [12,13]. I supplementi di proteine invece possono effettivamente contribuire ad aumentare la massa muscolare e la forza, ma solo quando vanno a integrare un allenamento di resistenza della durata di almeno sei settimane [14].
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