Reggere l’alcol è una buona cosa?

19 Dicembre 2024 di Roberta Villa

In queste settimane di cene, brindisi e veglioni, può capitare che tra una fetta di panettone e un bicchiere di spumante qualcuno giustifichi i propri eccessi con la sua capacità di reggere l’alcol senza problemi. Ed è vero che molte persone non si ubriacano nemmeno dopo aver bevuto una quantità di vino o liquori che farebbero stare male altri.

I tipici segnali di un’intossicazione acuta di alcol sono noti:

  • perdita di coordinazione motoria ed equilibrio
  • alterazioni dell’umore e della coscienza
  • eloquio strascicato
  • conati di vomito
  • malessere che può prolungarsi anche al giorno successivo (il cosiddetto “hangover”).

In chi tollera meglio l’alcol questi sintomi non si manifestano, se non dopo averne ingerito dosi molto maggiori [1,2].

Dottore, come si diventa più tolleranti?

La “tolleranza all’alcol” può aumentare quando la sostanza tossica viene assunta regolarmente perché i tessuti si adattano alla sua presenza, ma soprattutto perché in questo caso il fegato produce costantemente e in quantità più rilevanti l’enzima alcoldeidrogenasi, necessario a trasformare l’alcol in acetaldeide e acqua. Maggiore è la sua attività, più rapidamente l’organismo riesce a smaltire dosi maggiori di alcol.

Vi sono poi altre caratteristiche individuali che aumentano o riducono gli effetti acuti a parità di alcol ingerito. Ci può essere una componente genetica, per cui in alcune famiglie l’alcol viene naturalmente metabolizzato di più e meglio, ma è molto importante anche la corporatura del singolo: a pari dose di alcol assunto in un soggetto più corpulento l’effetto può essere minore perché la sostanza è più diluita, soprattutto se nella composizione corporea la massa muscolare prevale su quella adiposa [3].

Se le donne tendono a reggere meno l’alcol, quindi, è perché il loro fegato produce una minore quantità di alcoldeidrogenasi, ma anche perché rispetto agli uomini tendono ad avere in media un peso inferiore, con una maggiore prevalenza di tessuto adiposo rispetto a quello muscolare, cosicché l’alcol ha minore possibilità di diluirsi nell’organismo.

L’età è un altro fattore importante, perché la tolleranza, minima negli adolescenti, aumenta con il passare degli anni, per poi tornare a diminuire nelle persone più anziane [4].

Infine, ci possono essere circostanze occasionali che influiscono sulla tolleranza all’alcol: avere lo stomaco pieno, per esempio, aiuta a reggere meglio l’alcol che non bere a digiuno; il caldo o la disidratazione, al contrario, possono scatenare un senso di ebbrezza anche dopo una quantità di alcol che la stessa persona in genere regge bene.
Diverso è il caso delle persone che hanno una vera e propria allergia agli alcolici, di cui abbiamo parlato nella scheda “Posso essere allergico agli alcolici?”.

icon cibo

Dottore, la tolleranza all’alcol è un vantaggio per la salute?

Purtroppo in rete si trovano siti che suggeriscono vari metodi per aumentare la tolleranza all’alcol come se questo fosse un obiettivo da perseguire. Reggere bene l’alcol infatti può sembrare conferire un vantaggio nella vita sociale nei contesti in cui l’abitudine al bere è molto diffusa: chi ne tollera anche grosse quantità evita di vomitare e stare male, evitando disagio e imbarazzo a sé e agli altri; non rischia di dire o fare da ubriaco qualcosa di cui potrebbe pentirsi con gli amici o i colleghi; non si espone a comportamenti pericolosi per la perdita di inibizione legata all’azione immediata dell’alcol. Si riduce il rischio di comportamenti violenti o sessuali a rischio [5].

Tuttavia, questa tolleranza rappresenta un’arma a doppio taglio. Prima di tutto, una persona che è abituata a bere molto può non accorgersi di avere una leggera alterazione dei riflessi, per cui è lucido e cammina dritto, ma non è in grado di guidare un veicolo in condizioni di sicurezza. Per questo il Codice della strada non basa le sue norme sulla percezione del singolo, o su test empirici di coordinazione ed equilibrio, ma sulla misura obiettiva della concentrazione di alcol nel sangue. Anche quando questa può sembrare bassa, può alterare le capacità del soggetto anche senza che il diretto interessato se ne accorga [6].

Inoltre, non stare male dopo aver bevuto priva i più tolleranti di un importante segnale di autoregolazione. Il malessere determinato dall’assunzione di alcol, infatti, avverte l’organismo che si sta introducendo una sostanza tossica. Non avvertire nausea, né altri sintomi, aumenta il rischio che una persona beva molto di più senza dare importanza alla quantità di alcol che assume. Anche se non si ubriaca, anche se non fa un incidente, ciò comporta comunque un significativo aumento di rischi a medio e lungo termine, cui è quindi più esposto proprio chi regge meglio l’alcol [7,8].

Stesso discorso vale per la cosiddetta pillola contro la sbornia, di cui avevamo parlato nella scheda “C’è una pillola contro la sbornia?”: oltre ad esserci ancora dubbi sulla sua efficacia, non è il modo migliore per combattere i sintomi di una sbornia.

Dottore, quali sono i rischi dell’alcol e a medio e lungo termine?

Chi beve senza subire gli effetti immediati dell’alcol ha quindi un maggior rischio di esagerare nelle quantità e di sviluppare un disturbo dell’uso di alcol fino allo sviluppo di una dipendenza [9,10].

Inoltre, sappiamo che un consumo eccessivo di alcol è associato a moltissime malattie croniche, da quelle del cuore al diabete, per non parlare ovviamente di quelle del fegato, l’organo deputato a metabolizzare l’alcol, che risente di più della sua azione tossica sulle cellule. Dall’epatopatia cronica si può passare alla cirrosi, su cui possono svilupparsi epatocarcinomi, ma non sono solo quelli del fegato i tumori favoriti dall’abuso di alcol. Questa abitudine facilita anche la formazione di tumori della bocca, della gola, dell’esofago, del colon e nelle donne il cancro al seno [11].

Oggi sappiamo che il rischio di cancro aumenta anche con un uso moderato di bevande alcoliche, ma è chiaro che il maggior consumo di chi si sente immune ai loro effetti immediati può aumentare molto l’esposizione.

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Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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