No, il vaccino non può causare l’infezione da Covid-19 perché nessuno dei vaccini attualmente disponibili contiene al suo interno il virus intero e vivo.
Dottore, da dove viene questo dubbio?
La comparsa di disturbi come febbre, mal di testa, dolori muscolari, stanchezza e malessere dopo la vaccinazione anti Covid-19 dipende dalla reazione infiammatoria, segno della risposta immunitaria indotta dal vaccino [1]. Si tratta di reazioni indesiderate normali, che non devono creare preoccupazione. Tuttavia, dal momento che questi sintomi sono in parte sovrapponibili a quelli provocati dall’infezione da SARS-CoV-2 [2,3], qualcuno può pensare che la vaccinazione abbia causato una forma, pur blanda, della malattia.
È anche vero che con la somministrazione di altri vaccini può accadere di prendere la malattia in forma lieve. I vaccini a virus vivi e attenuati come quelli contro morbillo, parotite, rosolia e varicella, per esempio, determinano una leggerissima infezione, innocua nelle persone con un sistema immunitario efficiente, ma che può manifestarsi in maniera evidente in chi ha le difese compromesse per una condizione preesistente o per i farmaci che assume. Per questo tali vaccini non sono raccomandati in queste circostanze, né in gravidanza, perché i virus vivi potrebbero raggiungere il nascituro, su cui non si possono escludere possibili danni (delle vaccinazioni in gravidanza avevamo parlato qui).
Inoltre, nel caso della vaccinazione contro Covid-19, il sospetto che la procedura possa provocare la malattia è stato alimentato anche da titoli di stampa di tutto il mondo su persone, per lo più medici e infermieri, in cui l’infezione è stata confermata con certezza, anche tramite tampone, nei giorni successivi alla vaccinazione stessa. Questi titoli, e gli articoli a cui facevano capo, spesso lasciavano intendere che la positività a SARS-CoV-2 potesse in qualche modo dipendere dalla vaccinazione. O che almeno l’ipotesi dovesse essere approfondita ed esclusa.
Quel che succede dopo la vaccinazione è causato dalla vaccinazione?
L’errore di valutazione rappresenta uno di quei tipici cortocircuiti mentali in cui caschiamo a causa dei nostri bias cognitivi, cioè di scorciatoie mentali (dette “euristiche”) che spesso ci semplificano la vita, rendendo automatiche molte valutazioni, ma che talvolta possono portarci a trarre conclusioni errate. Se una persona cade dalle scale dopo aver bevuto molto alcol, per esempio, possiamo dedurre che la sostanza possa aver alterato il suo senso dell’equilibrio. Ma se la bevanda era tè, collegare i due eventi diventa molto più improbabile. Non basta quindi che un evento segua a un altro perché questo possa esserne considerato la causa. Occorre anche che tra i due fatti vi sia, in primo luogo, un legame plausibile, e che l’associazione tra le due cose si verifichi con una frequenza sufficiente ad escludere che sia avvenuta per caso. L’errore è spiegato bene in questa puntata della Rubrica della Mamma di Ulrike Schmidtleithner e talvolta si fa anche riguardo ad altre vaccinazioni, come quella antinfluenzale.
Il fatto che una persona risulti positiva a SARS-CoV-2 dopo essere stata vaccinata rientra tra i casi in cui l’associazione temporale tra due eventi non significa che uno provochi l’altro. Quelle stesse persone avrebbero potuto avere lo stesso risultato anche se non fossero state vaccinate. Ci troviamo infatti purtroppo nel mezzo di una pandemia, cioè in una situazione in cui il rischio di contrarre SARS-CoV-2 è molto elevato, tanto più per le cosiddette “categorie a rischio”, come i sanitari, proprio coloro su cui si è iniziata la campagna vaccinale e che sono stati i protagonisti di questi casi di cronaca. Il fenomeno quindi è facilmente spiegabile con un contagio avvenuto nei giorni precedenti la vaccinazione o in quelli immediatamente successivi, prima che il vaccino potesse indurre una risposta immunitaria efficiente, che si ottiene dopo almeno una decina di giorni e, per i vaccini attualmente in uso, che richiedono due dosi, raggiunge il massimo solo alla fine del ciclo vaccinale.
Come si può escludere in questi casi che sia stato il vaccino a causare la malattia?
L’ipotesi che gli attuali vaccini contro Covid-19 possano provocare la malattia non può essere presa in considerazione per il semplice motivo che nessuno di questi prodotti contiene il virus vivo, e di quelli adottati in Europa neppure il virus ucciso (come invece alcuni di quelli prodotti in Cina e India). Fa eccezione solo l’Ungheria, che ha adottato il vaccino cinese Sinopharm, che tuttavia è, appunto, costituito da particelle inattivate, non più in grado di replicarsi e provocare l’infezione [4].
La grande novità dei primi vaccini approvati in Europa, Regno Unito e Stati Uniti è proprio che è stato capovolto il paradigma della vaccinazione. Come si addice alla società dell’informazione in cui viviamo, al sistema immunitario non si sta fornendo direttamente il virus, né alcune sue parti, come nei vaccini tradizionali, ma solo le istruzioni per produrre le parti necessarie a indurre la risposta immunitaria (antigeni). Il loro meccanismo d’azione lo abbiamo spiegato in questa recente scheda.
Se i vaccini non contengono il virus, né le istruzioni per produrlo nella sua interezza, non c’è modo in cui possano infettare l’organismo. Tra tante incertezze che la pandemia porta con sé questo è invece un punto fermo: è impossibile che questi vaccini causino l’infezione. L’eventuale malessere che segue l’inoculo è un piccolo prezzo da pagare per evitarla, con tutte le sue possibili conseguenze, sull’individuo e sulla società.
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