Il talco è cancerogeno?

18 Luglio 2024 di Roberta Villa

***Questa scheda è aggiornata al 18 luglio 2024***
Di questo argomento avevamo già parlato nella scheda “Il talco può far venire il cancro?


Recentemente l’IARC, cioè l’Agenzia Internazionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Ricerca sul Cancro, ha rivalutato la sua posizione riguardo al talco, inserendolo nel gruppo 2A degli agenti “probabilmente cancerogeni” [1,2]. In precedenza, come indicato in una prima versione di questa scheda, il talco puro di per sé era ritenuto non cancerogeno, e “possibilmente cancerogeno”, quindi appartenente al gruppo 2B, per il tumore ovarico, solo se applicato nelle aree genitali e vaginali [3].

Dottore, come mai è stata rivalutata la classificazione?

È bene ricordare che la classificazione IARC non si basa sul livello di rischio, ma sulla forza delle prove a supporto di un legame di causa ed effetto tra un agente e il cancro: “possibilmente cancerogeno” non significa che “può” provocare il cancro, ma che sulla base degli studi esistenti non si può affermare con certezza che sia in grado di causare la malattia, ma dall’altro nemmeno che si possa dichiarare assolutamente sicuro.

Quando si parla, invece, di un prodotto “probabilmente cancerogeno”, come appunto è stato riclassificato il talco, alla stregua della carne rossa o dei turni di lavoro notturni, si indica che, sulla base dei dati a disposizione, è ragionevole pensare che un effetto ci sia. Quanto questo impatti sul rischio personale dipende poi da altri fattori, come la dose, la durata e le modalità di esposizione, oltre alla frequenza del tumore a cui si correla. Un piccolo aumento di rischio su un tumore frequente potrebbe per esempio risultare più significativo di un incremento più marcato in un tumore raro [4].

Già al momento della prima valutazione alcune ricerche mostravano un leggero aumento del rischio di tumore all’ovaio nelle donne che avevano utilizzato per anni il talco nelle parti intime rispetto a quelle che non ne avevano mai fatto uso, ma alcuni limiti metodologici degli studi e la relativa rarità di questa malattia rendevano e rendono ancora difficile escludere, dal punto di vista statistico, che questo riscontro sia casuale [5,6,7]. A tutt’oggi, le prove che il talco possa provocare tumore all’ovaio nelle donne restano limitate, anche se quelle che dimostrano la possibilità che il talco provochi vari tipi di tumore negli animali da esperimento sono considerate sufficienti.

Il cambiamento della valutazione da parte dell’Agenzia internazionale deriva dalla scoperta, avvenuta negli ultimi anni, di meccanismi cancerogeni del talco sulle colture cellulari e in altri sistemi sperimentali. Per questo, una trentina di esperti provenienti da 13 Paesi, dopo aver rivalutato tutta la documentazione scientifica esistente, compresa quella più recente, ha deciso che, nel complesso, le prove di un legame tra l’uso del talco e l’insorgenza di tumori dell’ovaio non sono certe, ma più forti di quanto si pensasse.

Dottore, nel talco c’è l’amianto?

Nella precedente classificazione si distingueva il talco puro, ritenuto sicuro, da quello contaminato con amianto oppure contenente fibre simili a quelle dell’amianto. La nuova monografia IARC invece si riferisce al solo talco, lasciando al capitolo dedicato all’amianto i rischi noti legati a questa sostanza. In altre parole, se il talco è contaminato da amianto, questo potente cancerogeno è sufficiente a spiegare la formazione di tumori senza chiamare in causa il prodotto ritenuto fino a oggi più innocuo [8,9].

Di amianto in riferimento al talco si è cominciato a parlare quando, nel corso del tempo, alle cause indette da donne colpite da tumore dell’ovaio si sono aggiunti altri ricorsi legati alla comparsa di tumori del polmone o di mesoteliomi, una gravissima forma di cancro in genere associata proprio all’esposizione – anche minima – all’amianto.

L’attenzione dei ricercatori (e di giudici e avvocati, per quanto riguarda gli aspetti giuridici della questione) si è quindi spostata sulla possibile contaminazione del minerale nei luoghi di estrazione da parte di questo materiale ben noto per la sua cancerogenicità. Oggetto delle accuse nei confronti dell’azienda statunitense leader del settore era quindi che fosse a conoscenza non di eventuali rischi legati al talco, ma di aver volutamente tenuto nascosto il riscontro di fibre di amianto in alcuni campioni di prodotto [10].

La consapevolezza di questo rischio spinge oggi tutte le aziende produttrici a verificare che non ci sia questo tipo di contaminazione, anche perché la Food and Drug Administration statunitense effettua test a campione, che negli ultimi anni non hanno mai individuato nelle confezioni di talco alcuna traccia di amianto [11].

In Europa, poi, i regolamenti sono più severi che oltreoceano. L’amianto è nell’elenco delle sostanze proibite che non si possono trovare nei cosmetici e i produttori sono tenuti a caricare su un apposito portale a disposizione delle autorità competenti i dati che confermino la sicurezza di quel che vendono. Secondo gli esperti di IARC non si può comunque escludere che lotti contaminati da amianto riescano a passare tra le maglie di questa rete [12,13,14].

Dottore, come si utilizza il talco?

Sulla scia delle cause milionarie di cui si faceva cenno, l’azienda statunitense al centro della polemica ha ritirato il suo prodotto, prima negli Stati Uniti, e poi, dal 2023, in tutto il mondo. Sul mercato, tuttavia, ne restano molte altre marche: si possono usare?

La polvere di talco è stata inizialmente commercializzata come prodotto per l’igiene di neonati e lattanti, da usare dopo il bagnetto e a ogni cambio, per togliere ogni residuo di umidità, profumare la pelle ed evitare le irritazioni da pannolino. Anche molti adulti, tuttavia, ne facevano e ne fanno ancora uso, per esempio dopo la doccia.

Il possibile collegamento con il tumore dell’ovaio deriva dall’uso del prodotto a livello dei genitali nei primi anni di vita, ma anche dall’abitudine di alcune donne di utilizzarlo nelle parti intime per contrastare sudorazione e cattivi odori o per tenere asciutto il diaframma contraccettivo in lattice.

Il talco è tuttavia presente anche in polveri da toilette di marche italiane ed europee, oltre che in altri cosmetici come ciprie, terre, fard, ombretti, shampoo in polvere. Le sue caratteristiche permettono infatti di assorbire umidità e secrezioni grasse, dando un aspetto opaco e setoso, aumentare la consistenza di altri ingredienti e facilitare la spalmabilità dei pigmenti.

Dottore, il pronunciamento IARC cosa cambia?

Per i consumatori, la riclassificazione del talco come prodotto probabilmente cancerogeno implica una maggiore consapevolezza che la sua eventuale pericolosità non è legata solo a una eventuale contaminazione con amianto. Non abbiamo tuttavia prove che il contatto con la pelle sia da evitare, mentre è certamente sconsigliato usare il talco – di qualunque marca – all’inguine o a livello dei genitali.

Il prodotto deve inoltre essere sempre tenuto lontano dalla bocca e dal naso dei bambini sotto i 3 anni per il rischio che possa provocare altri problemi respiratori. In ogni caso, per maggiore sicurezza, chi lo desidera può sostituirlo con prodotti analoghi a base di amido di mais.

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Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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