Il talco può far venire il cancro?

6 Maggio 2024 di Roberta Villa

La questione dei rischi legati alla polvere di talco riemerge periodicamente in relazione a migliaia di cause intentate negli Stati Uniti da persone che ritengono di aver sviluppato un tumore all’ovaio o, meno spesso, al polmone o alla pleura (mesotelioma). In seguito a ciò, la storica azienda statunitense che ne ha fatto un oggetto iconico e rassicurante, nella sua confezione bianca con le scritte blu, lo ha ritirato prima dagli Stati uniti e dal 2023 dal mercato globale [1,2,3].

I verdetti dei giudici però non sempre rispecchiano le conclusioni della scienza, e non dovrebbero quindi essere mai considerati come prove di colpa o assoluzione di un qualunque farmaco o di una sostanza rispetto all’insorgenza di una malattia. Lasciamo quindi da un lato le cause miliardarie, gli accordi tra le parti e gli stratagemmi giuridici e finanziari, per concentrarci sui dati scientifici di cui disponiamo.

Dottore, dove si trova il talco?

La polvere di talco è stata inizialmente commercializzata come prodotto per l’igiene di neonati e lattanti, da usare dopo il bagnetto e a ogni cambio, per togliere ogni residuo di umidità, profumare la pelle ed evitare le irritazioni da pannolino. Anche molti adulti, tuttavia, ne facevano e ne fanno ancora uso, per esempio dopo la doccia.

Il possibile collegamento con il tumore dell’ovaio deriva dall’uso del prodotto a livello dei genitali nei primi anni di vita, ma anche dall’abitudine di alcune donne di utilizzarlo nelle parti intime per contrastare sudorazione e cattivi odori o per tenere asciutto il diaframma contraccettivo in lattice [1].

Il talco è presente anche in polveri da toilette di marche italiane ed europee, oltre che in altri cosmetici come ciprie, terre, fard, ombretti, shampoo in polvere. Le sue caratteristiche permettono infatti di assorbire umidità e secrezioni grasse, dando un aspetto opaco e setoso, aumentare la consistenza di altri ingredienti e facilitare la spalmabilità dei pigmenti.

Non ci sono prove che attraverso il contatto con la pelle o l’inalazione possano provocare tumori o altri danni alla salute degli adulti, mentre deve essere sempre tenuto lontano dalla bocca e dal naso dei bambini sotto i 3 anni per il rischio che possa provocare altri problemi respiratori. In ogni caso, per maggiore sicurezza, chi lo desidera può sostituirlo con prodotti analoghi a base di amido di mais [4].

Il talco infine può essere presente in alcuni prodotti a base di erbe della medicina cinese, per la quale è considerato antipiretico e antidiuretico: in questi casi l’assunzione per bocca è stata associata da alcuni studi a un maggior rischio di tumore dello stomaco [5].

Dottore, ma il talco è un cancerogeno riconosciuto?

Secondo l’AIRC, cioè l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, il talco puro di per sé non è classificabile come cancerogeno.

Applicato nelle aree genitali e vaginali, però, diventa “possibilmente cancerogeno” per il tumore ovarico [6]. L’espressione è ambigua e può trarre in inganno. Un agente è “possibilmente cancerogeno” non in quanto “può” provocare il cancro, ma solo perché esistono studi con risultati contrastanti, che da un lato non permettono di affermare con certezza che sia in grado di causare la malattia, ma dall’altro nemmeno che si possa dichiarare assolutamente sicuro.

Alcune ricerche mostrano infatti un leggero aumento del rischio di tumore all’ovaio nelle donne che lo utilizzavano per anni nelle parti intime rispetto a quelle che non ne avevano mai fatto uso, ma la relativa rarità di questa malattia rende difficile escludere, dal punto di vista statistico, che questo riscontro sia casuale [7,8,9]. Nel dubbio, seguendo un principio di precauzione, è attualmente sconsigliato usare il talco – di qualunque marca – all’inguine o a livello dei genitali.

Dottore, nel talco c’è l’amianto?

Nel corso del tempo, alle cause indette da donne colpite da tumore dell’ovaio, si sono aggiunti altri ricorsi legati alla comparsa di tumori del polmone o di mesoteliomi, una gravissima forma di cancro in genere associata all’esposizione – anche minima – all’amianto. L’attenzione dei ricercatori (e di giudici e avvocati, per quanto riguarda gli aspetti giuridici della questione) si è quindi spostata sulla possibile contaminazione del minerale nei luoghi di estrazione da parte di amianto, materiale ben noto per la sua cancerogenicità [10]. L’azienda statunitense, leader del settore, al centro delle cause che riguardano il talco, è accusata di essere venuta a conoscenza in passato del riscontro di fibre di amianto in alcuni campioni di prodotto e di averlo volutamente taciuto [11].

La consapevolezza di questo rischio spinge oggi tutte le aziende produttrici a verificare che non ci sia questo tipo di contaminazione, anche perché la Food and Drug Administration statunitense effettua test a campione, che negli ultimi anni non hanno mai individuato nelle confezioni di talco alcuna traccia di amianto [12].

In Europa, poi, i regolamenti sono più severi che oltreoceano. L’amianto è nell’elenco delle sostanze proibite che non si possono trovare nei cosmetici e i produttori sono tenuti a caricare su un apposito portale a disposizione delle autorità competenti i dati che confermino la sicurezza di quel che vendono [13,14,15].

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Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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