Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il fumo è responsabile di circa sei milioni di morti ogni anno: più di quelle provocate da alcol, AIDS, droghe, incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme. Far sì che le persone che fumano smettano di farlo è quindi una sfida fondamentale in ambito sanitario. Tuttavia, in molti casi per i medici è più difficile convincere una persona che ha alle spalle molti anni di tabagismo, e che quindi riporta danni più gravi, rispetto a una che fuma da meno anni. Come si legge in un articolo pubblicato nel 2003 dalla rivista Clinics in Geriatric Medicine, “al giorno d’oggi i fumatori più anziani rappresentano lo zoccolo duro di questa popolazione; sono quelli che non vogliono smettere o che sono così dipendenti da non riuscirci, sono così abituati al fumo da non poter immaginare la propria vita senza sigarette e pensano di essere ormai così irrimediabilmente danneggiati da non poter trarre nessun vantaggio dalla decisione di smettere” (Appel, 2003). I dati provenienti da diversi studi, tuttavia, mostrano che questa è una convinzione errata.
Cosa succede al corpo quando si smette di fumare?
Quella di smettere di fumare è una decisione che comporta moltissimi effetti positivi per la salute, sia a breve che a medio e lungo termine. Già entro venti minuti dall’ultima sigaretta si verifica un calo della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, mentre nell’arco di mezza giornata il livello di monossido di carbonio nel sangue ritorna alla normalità. Nelle successive 2-12 settimane, poi, si verifica un miglioramento della circolazione e un aumento significativo della funzionalità polmonare ed entro i primi nove mesi si risolvono solitamente problemi come tosse e respiro corto.
Dopo un anno il rischio di sviluppare una malattia coronarica è dimezzato rispetto a quello di un fumatore e dopo 5-15 anni quello di ictus ritorna ai livelli di chi non ha mai fatto uso di tabacco. Dopo dieci anni si riducono anche le probabilità di andare incontro a un tumore del polmone, della bocca, della gola, dell’esofago, della vescica, della cervice uterina e del pancreas. Infine, dopo quindici anni, il rischio di coronaropatie può considerarsi pari a quello dei non fumatori (WHO).
I benefici per la salute si verificano anche nei fumatori di lungo corso?
Secondo David W. Appel e Thomas K. Aldrich, due medici specialisti in malattie respiratorie, “i benefici che i fumatori più anziani ottengono dallo smettere di fumare sono così sostanziali che tutti i clinici dovrebbero attivamente e regolarmente provare a convincerli a farlo. […] I pazienti che ce la fanno ottengono risultati importanti in termini di qualità e aspettativa di vita”. In qualunque momento della vita, quindi, questa decisione si associa a un guadagno significativo in termini di sopravvivenza (Taylor, 2002). “Anche in un’età avanzata smettere di fumare protegge verso lo sviluppo di alcune forme tumorali” spiega Sergio Harari, direttore della Pneumologia dell’Ospedale San Giuseppe IRCCS Multimedica di Milano, in un video realizzato dalla Fondazione Umberto Veronesi “ma non solo, nel momento in cui si smette si blocca anche la perdita della funzionalità polmonare e la progressione del rischio cardiovascolare” (Fondazione Umberto Veronesi). Uno studio del 2015 del German Cancer Research Center, ad esempio, ha dimostrato che anche dopo i sessant’anni la decisione di smettere di fumare si associa, nel giro di pochi anni, a una riduzione del rischio di andare incontro a ictus e infarti (Gellert, 2013).
Perché smettere di fumare è così difficile?
L’ostacolo principale allo smettere di fumare è rappresentato dalla dipendenza dalla nicotina contenuta nelle sigarette. L’assunzione di questo stimolante psicomotorio, infatti, determina una serie di meccanismi neurali simili a quelli coinvolti nella dipendenza da sostanze quali la cocaina e l’anfetamina. Nel momento in cui si smette di fumare, quindi, si affronta una vera e propria sindrome d’astinenza, caratterizzata da irritabilità, irrequietezza, sensazione di disagio, riduzione della concentrazione e aumento dell’appetito. Infatti, la sensazione di calma e rilassatezza che i fumatori associano spesso alla sigaretta è in realtà dovuta a un temporaneo sollievo da questi sintomi. Inoltre, oltre ai fattori fisiologici associati alla dipendenza da nicotina, sono coinvolti anche numerosi fattori di natura psicologica e sociale. “Per chi fuma venti sigarette al giorno – scrive Martin J. Jarvis, del Dipartimento di Epidemiologia e Salute Pubblica dello University College London – l’assunzione di nicotina è associata a livello cerebrale alla vista del pacchetto di sigarette, all’odore del fumo e al raschiarsi la gola, circa 70.000 volte all’anno. Questo spiega perché molti fumatori sono preoccupati dal non sapere, in caso di cessazione dall’abitudine al fumo, cosa fare con le proprie mani” (Jarvis, 2004).
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