Può essere sorprendente ma sì: per trattare una determinata patologia, i medici possono scegliere di prescrivere un farmaco che è stato originariamente sviluppato per trattarne un’altra. Così, può capitare che la pastiglia che si prende da anni per la gestione dell’ansia sia in realtà un anti-epilettico, o che il farmaco che ci hanno prescritto come profilassi per l’emicrania sia stato testato, in origine, come trattamento della depressione.
Sono i cosiddetti farmaci off-label (“fuori etichetta”): medicinali utilizzati al di fuori delle condizioni (es. patologie, classi di pazienti, dosaggi) per cui sono stati autorizzati [1]. Una pratica, questa, piuttosto comune, specie in alcuni ambiti. Da uno studio del 2006 che ha preso in analisi un gruppo di farmaci molto diffusi nella pratica clinica quotidiana è emerso che il 21% di questi veniva prescritto per indicazioni diverse da quelle previste dal foglietto illustrativo [2].
In alcune categorie di pazienti, poi, questo tasso può essere anche più elevato: una ricerca che ha indagato questa pratica in ambito pediatrico, ad esempio, ha evidenziato prescrizioni off-label nel 78,7% dei bambini e degli adolescenti ricoverati in ospedali per minori [3].
È legale prescrivere farmaci off-label?
In Europa, come anche negli Stati Uniti, sono le agenzie regolatorie a stabilire, sulla base di rigide analisi effettuate per valutare il livello di efficacia, sicurezza e qualità del prodotto, quali farmaci possono essere venduti (e quindi prescritti) nell’ambito di patologie specifiche [4].
La normativa che regola l’utilizzo dei farmaci off-label sancisce che il medico deve attenersi alle indicazioni terapeutiche e alle modalità di somministrazione definite dall’autorizzazione all’immissione sul mercato, in quanto valutate nelle varie fasi di sperimentazione del farmaco [5].
Tuttavia, come specificato anche dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), “la legge permette un uso ‘diverso’ del farmaco qualora il medico curante, sulla base delle evidenze documentate in letteratura e in mancanza di alternative terapeutiche migliori, ritenga necessario somministrare un medicinale al di fuori delle indicazioni d’uso autorizzate. La prescrizione di farmaci off-label è dunque consentita e disciplinata da un punto di vista normativo e rappresenta un’importante opportunità che può portare a progressi significativi nella conoscenza e nella terapia di alcune patologie” [6].
Quali sono i benefici?
La prescrizione di farmaci off-label rappresenta un elemento fondamentale nella pratica clinica, con moltissime aree della medicina in cui questo tipo di trattamenti rappresenta l’opzione terapeutica migliore. Come sottolineano gli esperti di bioetica Rebecca Drasser e Joel Frader, “in oncologia, pediatria, geriatria, ostetricia e altre aree l’assistenza ai pazienti non potrebbe procedere senza la prescrizione di farmaci off-label. Quando le evidenze scientifiche e mediche giustificano l’utilizzo di un medicinale fuori etichetta, i medici prescrivendoli fanno gli interessi dei pazienti” [7].
In particolare, l’utilizzo di farmaci off-label è utile e diffuso in specifiche popolazioni cliniche, come ad esempio i bambini, le donne incinte e i malati terminali [1]. In determinate situazioni, poi, l’utilizzo fuori etichetta di alcuni farmaci è talmente frequente da rappresentare lo standard di trattamento: ad esempio, pur non essendo approvato per questo fine, l’utilizzo dell’aspirina per la profilassi delle malattie coronariche nei pazienti diabetici è raccomandato dalle linee guida internazionali [8].
Dottore… ma è pericoloso?
L’utilizzo di farmaci off-label comporta anche una serie di rischi, specie nei casi in cui questi vengono prescritti in assenza di evidenze scientifiche solide che lo giustifichino.
Il loro impiego, si legge in un articolo del 2006 del Bollettino di informazione sui farmaci (ex rivista dell’AIFA) “espone il paziente a rischi potenziali, considerato che l’efficacia e la sicurezza di questi farmaci sono state valutate su popolazioni diverse da quelle oggetto della prescrizione off-label. Pertanto, è necessario che il medico, oltre ad avvalersi del consenso informato del paziente, spieghi il razionale della terapia, il rischio di possibili eventi avversi, e quali dati di efficacia sono effettivamente disponibili nell’uso off-label del farmaco che si intende somministrare” [6]. In alcuni casi, infatti, è accaduto che dei medici venissero denunciati a causa di effetti collaterali emersi in seguito alla somministrazione di un farmaco off-label [9].
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