Le persone transgender corrono un maggior rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore?

17 Ottobre 2022 di Maria Cristina Valsecchi

Le differenze di genere, in termini anatomici e molecolari, influiscono sul rischio tumorale e sulla risposta dell’organismo ai trattamenti contro il cancro. Per esempio, il tumore al seno colpisce quasi esclusivamente le donne, quello al polmone è leggermente più frequente tra gli uomini. È un tema su cui ultimamente si fa molta ricerca.

Le persone transgender, cioè chi si identifica con un genere diverso da quello attribuito alla nascita, possono decidere di intraprendere un percorso medico di transizione, che consiste in una terapia ormonale per modificare i caratteri sessuali secondari e avvicinarli a quelli del genere con cui la persona si identifica: timbro della voce, distribuzione del tessuto adiposo e dei muscoli, dei peli del viso e del corpo, riduzione o aumento del volume del seno. Possono poi decidere di proseguire la transizione con un percorso di conversione chirurgica degli organi sessuali. I cambiamenti a cui vanno incontro sono importanti ed è plausibile che abbiano un impatto sulla probabilità di sviluppare un tumore sensibile agli ormoni sessuali [1].

Sull’argomento, però, la ricerca medica non ha ancora raccolto evidenze definitive. Accanto a questo potenziale fattore di rischio, bisogna tener conto di una questione messa in luce da un sondaggio dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica: molte persone trans curano poco la prevenzione del cancro. Il 71% di loro non ha mai partecipato ad alcun programma di screening per la diagnosi precoce dei tumori e una su tre non è in grado di trovare informazioni per la prevenzione oncologica specifiche per chi ha intrapreso un percorso di transizione. L’AIOM sta lavorando alla stesura di un documento di prossima pubblicazione, “Raccomandazioni per la gestione dei tumori nei pazienti transgender”, che tiene conto di questi fattori.

Dottore, in che modo il percorso di transizione potrebbe influire sul rischio tumorale?

Il trattamento medico che prevede la somministrazione di ormoni estrogeni e antiandrogeni potrebbe influire sul rischio di insorgenza di tumori al seno e alla prostata e sull’evoluzione di tumori eventualmente già presenti e non diagnosticati [2]. Il condizionale è d’obbligo, perché finora sulla questione sono stati condotti pochi studi e di limitate dimensioni.

La vaginoplastica non prevede la rimozione della prostata, perciò, dopo l’intervento, il rischio di tumore alla prostata non si annulla. Inoltre, la cute della neo-vagina, cioè l’organo sessuale femminile costruito utilizzando parte del tessuto del pene e dei testicoli, è particolarmente suscettibile alle infezioni da Papillomavirus umano e al rischio di tumore che ne deriva, perché esposta a infiammazioni e micro-abrasioni. Anche per le persone trans, come per quelle cisessuali (ovvero le persone la cui identità di genere corrisponde a quella attribuita alla nascita), è importante quindi vaccinarsi contro l’HPV.

Il trattamento medico che prevede la somministrazione di ormoni androgeni potrebbe aumentare il rischio di insorgenza o progressione di alcune forme di tumore al seno. L’intervento chirurgico di riduzione delle dimensioni del seno non comporta l’eliminazione completa delle ghiandole mammarie, dunque il rischio di tumore al seno persiste anche dopo la transizione chirurgica.

Per quale motivo tante persone trans non si sottopongono agli esami di screening per la prevenzione oncologica?

Una ragione, evidenziata dal sondaggio dell’AIOM [1], è il difficile rapporto delle persone transgender con il personale medico. Il 32% di loro riferisce di essere stato vittima di comportamenti discriminatori da parte di operatori sanitari, il 46,2% degli oncologi che hanno preso parte al sondaggio ritiene che effettivamente le persone transgender siano discriminate nel loro accesso alle cure mediche e il 18,4% degli oncologi ha assistito di persona a episodi di discriminazione: curiosità inopportuna, un comportamento meno rispettoso di quello riservato agli altri assistiti, il biasimo per il problema clinico che stanno affrontando. All’origine di questi comportamenti c’è in parte il pregiudizio e in parte la mancanza di esperienza di molti medici nel trattare i problemi specifici di queste persone, l’ignoranza sulle loro necessità. Ecco perché si spera che la pubblicazione di raccomandazioni dedicate all’argomento possa migliorare la situazione.

Va detto poi che esami di screening come la mammografia, il Pap test e la palpazione della prostata possono risultare fisicamente fastidiosi per le persone transgender sottoposte a trattamento ormonale [3]. Dal punto di vista psicologico, per una persona che sta affrontando un processo di transizione può risultare difficile rivolgersi allo specialista di riferimento del genere assegnato alla nascita. Per esempio, per un uomo transgender rivolgersi al ginecologo per fare un Pap test o per una donna transgender rivolgersi all’urologo per fare l’esame della prostata. Tante persone in questa situazione non sanno neppure quali esami di screening sia appropriato fare in funzione delle loro caratteristiche anatomiche e ormonali.

A quali esami di screening oncologico dovrebbero sottoporsi uomini e donne trans?

Non esistono al momento linee guida specifiche, ma la raccomandazione degli specialisti che studiano questo tema è di controllare periodicamente quel che si ha [3]: l’uomo transgender che non ha intenzione di sottoporsi a conversione chirurgica degli organi sessuali, oppure che ancora non ha intrapreso questo passo, possiede una cervice uterina, pertanto dovrebbe sottoporsi a periodici Pap test secondo le indicazioni previste per la sua fascia di età. Dopo aver rimosso la cervice uterina, ovviamente, non avrà più questa necessità. La donna trans che pure ha completato la transizione chirurgica possiede ancora la prostata, e dovrebbe sottoporsi a esami di controllo periodici secondo le indicazioni previste per per la sua fascia di età.

Riassumendo, ecco gli esami di screening a cui ciascuno dovrebbe sottoporsi, anche se non riceve l’invito dalla ASL di appartenenza, parlandone con il proprio medico di fiducia.

  • L’uomo trans dovrebbe sottoporsi a mammografie periodiche per la diagnosi precoce del tumore al seno nella fascia di età e con la frequenza previste, anche se ha ridotto chirurgicamente le dimensioni delle mammelle.
  • Se possiede ancora la cervice uterina, dovrebbe sottoporsi a Pap test periodico secondo le indicazioni previste.
  • La donna trans dovrebbe sottoporsi a controlli periodici della prostata secondo le indicazioni previste, e a mammografie periodiche secondo le indicazioni previste.
  • Se possiede una neo-vagina, dovrebbe concordare con il medico di fiducia esami periodici per la diagnosi di eventuali infezioni da HPV e conseguenti alterazioni citologiche.

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Autore Maria Cristina Valsecchi

Maria Cristina Valsecchi lavora come giornalista scientifica freelance per diverse testate, occupandosi principalmente di salute riproduttiva e salute materno-infantile. Con la collega Valentina Murelli ha creato il sito web indipendente di informazione sulla salute della donna “Eva - Sapere è potere” (https://evasaperepotere.wordpress.com/).
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