I neonati prematuri possono avere benefici dal contatto fisico con i genitori?

19 Ottobre 2022 di Maria Cristina Valsecchi

Si definisce prematuro o pretermine il bambino che nasce prima di aver compiuto 37 settimane di gravidanza, contate dal primo giorno dell’ultima mestruazione. Poiché non hanno avuto tempo di completare il processo di maturazione, i neonati prematuri possono avere difficoltà a adattarsi alla vita extra-uterina, difficoltà che sono tanto maggiori quanto prima sono nati.

Dottore, quali difficoltà possono avere i neonati prematuri?

I neonati prematuri possono avere problemi a regolare la temperatura corporea, difficoltà respiratoria, glicemia bassa, ridotte difese immunitarie. Inoltre, l’esposizione a stimoli sensoriali diversi da quelli dell’ambiente uterino può interferire con lo sviluppo del loro sistema nervoso. Il rischio riguarda soprattutto i più piccoli che sono più vulnerabili e che, per motivi di salute, sono costretti al ricovero in terapia intensiva, separati per molte ore al giorno dal contatto fisico con i genitori, sottoposti a procedure che, pur necessarie, possono essere fonte di fastidio e disagio, a luci e suoni intensi. Una situazione del genere induce l’attivazione eccessiva e prolungata del cosiddetto asse ipotalamo-ipofisi-surrene [1], un sistema di ghiandole che regola la risposta dell’organismo in condizioni di stress attraverso la produzione dell’ormone cortisolo. Una concentrazione elevata e persistente di cortisolo nel sangue può avere un’azione nociva nei confronti del cervello, soprattutto nei confronti del cervello in corso di maturazione dei neonati prematuri. I piccoli che nei primi mesi di vita hanno subito traumi e stress prolungati hanno un rischio maggiore di sviluppare una corteccia cerebrale più sottile, alterazioni dell’ippocampo (la struttura che regola emozioni e affettività), e una sensibilità anomala a successivi episodi di stress, paura e dolore.

Di recente un gruppo di ricercatori finlandesi ha dimostrato che il contatto fisico con i genitori, l’odore della loro pelle, il tocco gentile, il suono della loro voce e lo sguardo occhi negli occhi, in aggiunta alle necessarie cure ospedaliere, favoriscono la corretta maturazione della corteccia cerebrale dei bimbi prematuri [2]. Il vantaggio è misurabile con l’elettroencefalogramma e ha conseguenze evidenti col passare del tempo: i bimbi che hanno avuto l’opportunità di trascorrere del tempo a contatto pelle a pelle con la mamma o il papà, e di interagire con loro a livello sensoriale ed emotivo durante il ricovero in terapia intensiva, dimostrano a 18 mesi un livello di sviluppo neurocognitivo più vicino a quello dei coetanei nati a termine.

Il contatto con i genitori aiuta i bambini che nascono pretermine a superare anche altri problemi di salute?

La marsupio-terapia, cioè la pratica di tenere il neonato continuamente a contatto pelle a pelle con la mamma, allattandolo al seno a richiesta, è stata ideata nel 1978 da due medici colombiani per ridurre la mortalità neonatale nel loro reparto ospedaliero sovraffollato e a corto di mezzi. Col tempo si è rivelata efficace non solo nei Paesi economicamente più svantaggiati, ma anche nella cura dei neonati prematuri ricoverati negli ospedali dei Paesi più avanzati. È stata oggetto di numerose ricerche che hanno evidenziato come il contatto pelle a pelle con la mamma riduca la mortalità dei piccoli e il rischio di infezioni, aiuti i neonati a regolare la temperatura corporea, stabilizzi frequenza cardiaca, respirazione e ossigenazione del sangue, favorisca l’allattamento e l’incremento della statura, del peso e della circonferenza cranica [3].

Il valore del contatto fisico e dell’interazione tra il bambino e i suoi genitori è riconosciuto anche negli “Standard assistenziali europei per la salute del neonato” [4], una raccolta di raccomandazioni per l’assistenza dei piccoli pretermine ricoverati in ospedale che la Società Italiana di Neonatologia è impegnata a diffondere e applicare in tutte le terapie intensive neonatali (TIN) d’Italia.

Già oggi tante strutture nel nostro Paese consentono l’accesso senza limitazioni dei genitori nelle TIN, ma c’è ancora una grande variabilità, soprattutto tra gli ospedali del Nord e quelli del Centro-Sud. La Società Italiana di Neonatologia promuove una riorganizzazione dei reparti di terapia intensiva neonatale che consenta la loro apertura 24 ore su 24 e il coinvolgimento dei genitori non come visitatori, ma come parte attiva nelle cure in collaborazione con il personale sanitario.

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Autore Maria Cristina Valsecchi

Maria Cristina Valsecchi lavora come giornalista scientifica freelance per diverse testate, occupandosi principalmente di salute riproduttiva e salute materno-infantile. Con la collega Valentina Murelli ha creato il sito web indipendente di informazione sulla salute della donna “Eva - Sapere è potere” (https://evasaperepotere.wordpress.com/).
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