C’è una nuova emergenza Mpox?

3 Settembre 2024 di Roberta Villa

Il 14 agosto 2024 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato per la seconda volta per Mpox un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale (Public Health Emergency of International Concern, PHEIC) [1]. Lo aveva già fatto nel 2022, quando la malattia provocata da questo virus provocò una prima importante epidemia fuori dall’Africa.

Ne abbiamo parlato nella scheda “Dobbiamo preoccuparci del vaiolo delle scimmie?”, dove puoi anche leggere le principali caratteristiche della malattia. Allora era ancora chiamata “vaiolo delle scimmie”, un nome stigmatizzante che rischiava anche di confondere il pubblico: le scimmie non c’entrano nulla, per cui si decise di cambiarne la denominazione, con una contrazione dell’inglese “monkeypox” in Mpox [2].

Dottore, perché si parla di emergenza?

La dichiarazione di emergenza di sanità pubblica internazionale indica che diversi Paesi si trovano di fronte a una improvvisa minaccia dovuta alla diffusione di una malattia infettiva. Non corrisponde a una pandemia, né significa che, nel momento in cui viene comunicata, tutti siamo esposti in ugual misura. In un mondo strettamente interconnesso, tuttavia, tutti dovrebbero prestare attenzione a contenere il potenziale pericolo, attraverso varie misure di monitoraggio e prevenzione. L’atto formale da parte dell’OMS permette inoltre di attivare una serie di accordi tra i diversi Paesi, le aziende e le organizzazioni non governative che facilitano, tra le altre cose, la trasmissione di informazioni e la fornitura di farmaci e vaccini alle aree colpite [3].

Nel caso dell’emergenza attuale, il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) stima alto il rischio che si verifichino casi di importazione della malattia e di contagi nelle persone a stretto contatto con i pazienti, ma al contempo ritiene allo stato attuale delle conoscenze altamente improbabile prendere Mpox al di fuori di queste circostanze. Chi vive o viaggia nei Paesi più colpiti, invece, è ad alto rischio di contagio, ma solo se si trova a stretto contatto con la popolazione locale, per esempio per rapporti sessuali con abitanti del luogo o perché ospitato in casa da parenti residenti sul posto [4].

Dottore, cosa è cambiato negli ultimi tempi?

L’allarme nasce dalla diffusione in Africa di un’epidemia cominciata a novembre 2023 in un’area della Repubblica Democratica del Congo fino a oggi poco colpita da Mpox. A provocarla è un virus geneticamente diverso, ma riconducibile a quello indicato come clado Ia, che da decenni circola nella parte occidentale del Paese, ricca di foreste, dove colpisce prevalentemente i bambini con una forma ad alta letalità.

La variante più recente, ribattezzata clado Ib, è emersa in una zona a sud-est, nella provincia di South Kivu, soprattutto in giovani adulti, per lo più prostitute e prostituti arrivati nella cittadina di Kamituga con i lavoratori incaricati di scavare oro. La rapidità con cui il contagio sta superando i confini suggerisce che il virus clado Ib possa essere più trasmissibile di quello originale, ma questo punto è ancora da verificare, così come la rilevanza della trasmissione sessuale [5].

Si tratta comunque di un virus diverso da quello responsabile dell’emergenza di sanità pubblica internazionale del 2022, diffusasi fuori dall’Africa in concomitanza con eventi e festival frequentati soprattutto da persone della comunità LGBTQ+. Questa variante, derivata dal clado II dell’Africa occidentale, ritenuto meno aggressivo, è stata ribattezzata IIb quando è stato chiaro che aveva acquisito la capacità di trasmettersi più facilmente tra le persone rispetto al ceppo originario, e con modalità diverse, probabilmente legate all’attività sessuale tra maschi. Nel tempo questa ipotesi si è consolidata, come suggerisce la localizzazione anomala delle lesioni dolorose (pene, ano, bocca) e la diffusione che ha riguardato quasi esclusivamente uomini (in Italia, a oggi, oltre un migliaio di casi). L’emergenza dichiarata a luglio di quell’anno cessò nel giro di qualche mese, soprattutto grazie a una campagna di vaccinazione mirata alle persone con comportamenti a maggiore rischio. Alcuni casi, tuttavia, hanno continuato e continuano a verificarsi in Italia, come nel resto del mondo [6].

Di fatto, quindi, a oggi coesistono tre epidemie:

  • la prima riguarda da decenni soprattutto i bambini e i loro familiari o contatti stretti nel bacino del fiume Congo, ed è provocata dal clado Ia;
  • la seconda, causata dal clado Ib, dalla regione sud-orientale della Repubblica Democratica del Congo si è diffusa, soprattutto tra adulti, in altri Paesi confinanti e fuori dall’Africa, inducendo l’OMS a dichiarare l’attuale emergenza;
  • la terza, che continua a colpire per lo più uomini che fanno sesso con altri uomini, non ancora vaccinati [7].

Dottore, ma esiste un vaccino?

Non abbiamo certezze sulla protezione data dalla vaccinazione antivaiolosa a chi l’ha ricevuta prima dell’eradicazione del virus, ma è probabile che gli ultracinquantenni conservino una certa immunità contro Mpox.

Proprio grazie alla risposta crociata tra i due virus si sono potute allargare alla nuova minaccia infettiva le indicazioni di un vaccino contro il vaiolo creato inizialmente come possibile risposta ad attacchi bioterroristici o di guerra biologica (registrato negli Stati Uniti con il nome di Jynneos e in Europa con il nome di Imvanex). Il numero di dosi disponibili, a oggi, è tuttavia insufficiente a proteggere le popolazioni africane ad alto rischio, cui deve essere data assoluta priorità. La dichiarazione dell’OMS dovrebbe servire e anche a favorire la giusta allocazione di questo tipo di risorse [8].

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Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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