Per mantenersi in forma sarebbe preferibile fare il pieno di energie a colazione e mangiare in modo più leggero la sera, in modo da favorire il dispendio di calorie quando se ne ha maggiore bisogno. Ma a influenzare i processi che regolano il bilancio energetico, portando a un eventuale aumento di peso, non è solo la distribuzione giornaliera delle calorie. Anche l’orario in cui si consumano i pasti, in particolar modo la cena, incide sul metabolismo.
Dottore, in che modo l’orario dei pasti incide sulla possibilità di aumentare di peso?
La ricerca sembrerebbe suggerire che, così come il tipo di alimentazione, il fumo, l’esercizio fisico e altre abitudini, anche l’orario dei pasti potrebbe influenzare il rischio di obesità. Nei topi, per esempio, che mangiano e consumano la maggior parte delle calorie durante la notte, è stato visto che una dieta esclusivamente diurna causa un aumento di peso repentino, alterazioni dei livelli ematici di alcuni marcatori metabolici (tra cui l’insulina), concentrazioni elevate di grassi nel fegato e un’iper-attivazione dei geni coinvolti nella formazione del tessuto adiposo [1].
In pratica, se questi animali hanno cibo a disposizione solo nel momento sbagliato della giornata, il loro sistema metabolico ne risente già dopo una settimana. Conclusioni simili sono state raggiunte anche dai ricercatori che hanno studiato le conseguenze sulla salute di una cena consumata a sera inoltrata o di uno spuntino notturno: chi tende a mangiare tardi mostra generalmente livelli più alti di zuccheri e grassi nel sangue e ha più probabilità di veder schizzare verso l’alto anche l’ago della bilancia [2,3].
Perché mangiare tardi a cena dovrebbe influenzare il metabolismo?
Secondo una revisione pubblicata nel 2019 sulla rivista scientifica Nutrients, le conseguenze sul metabolismo del mangiare tardi la sera potrebbero coinvolgere la melatonina, un ormone fondamentale nella regolazione del sonno [4]. La quantità di melatonina nell’organismo inizia ad aumentare verso sera, per raggiungere il picco massimo fra l’una e le tre di notte. È stato dimostrato che la somministrazione di melatonina peggiora il metabolismo del glucosio [5]. Chi cena alle dieci, quindi, potrebbe sviluppare iperglicemia e diabete con più probabilità rispetto a chi cena alle otto, perché ha i livelli di melatonina più elevati nel momento in cui si siede a tavola.
Oltre alla produzione di melatonina, altri processi fisiologici collegati al metabolismo seguono un ritmo circadiano e potrebbero essere influenzati dall’orario a cui si cena. Lo suggerisce uno studio pubblicato recentemente su Cell Metabolism, in cui sono state analizzate le conseguenze di una cena tardiva in un gruppo di persone sovrappeso e obese. A parità di introito calorico giornaliero, attività fisica, ore di sonno ed esposizione alla luce, i ricercatori hanno dimostrato che il semplice fatto di cenare più tardi provoca un aumento della fame (si mangia di più), rallenta il metabolismo (si brucia di meno) e favorisce la formazione di tessuto adiposo (si mette su peso) [6]. Proprio come la qualità e la quantità di quello che mangiamo, cenare troppo tardi può far prendere peso.
Quando parliamo di alimentazione, però, serve tenere in considerazione un aspetto che abbiamo ormai ripetuto diverse volte: la scienza dell’alimentazione è un campo di ricerca che ha portato risultati importanti ma che soffre ancora di una diffusa mancanza di rigore metodologico. In generale, è difficile trarre conclusioni definitive riguardo alle “migliori abitudini alimentari” anche perché si pubblicano continuamente nuovi studi nutrizionali che confermano o screditano i risultati di ricerche precedenti.
Dottore, anche l’orario del pranzo influenza il metabolismo e rischia di farci prendere peso?
In passato altre ricerche hanno cercato di capire se anche l’orario del pranzo potesse avere conseguenze sul metabolismo. Alcuni ricercatori spagnoli hanno dimostrato in una popolazione di pazienti obesi che seguivano una dieta ipocalorica che pranzare tardi (dopo le tre del pomeriggio) rallenta il metabolismo, a patto di avere nel proprio DNA una variante specifica per il gene PLIN1 [7,8]. Questo gene codifica per una proteina del tessuto adiposo la cui attività, che segue il ritmo circadiano, è stata collegata alla diversa velocità con cui ognuno di noi perde o acquista peso.
Tuttavia, poiché chi posticipa il pranzo solitamente posticipa anche la cena, è possibile che la difficoltà a dimagrire osservata dai ricercatori fosse dovuta non tanto all’orario del pranzo quanto a uno slittamento in avanti dell’assunzione di calorie, che risultano più difficili da bruciare nella seconda parte della giornata.
Questi studi riguardano chiunque o solo chi ha una predisposizione genetica?
Finora solo un altro gene è stato individuato come possibile mediatore della relazione fra orario dei pasti e alterazioni del metabolismo. Si tratta della variante di un gene che codifica per un recettore della melatonina (MTNR1B), noto in letteratura scientifica per aumentare il rischio di diabete di tipo 2. Alcuni ricercatori hanno scoperto che la scarsa tolleranza al glucosio collegata all’abitudine di cenare tardi è particolarmente accentuata nei portatori di questa variante genica, un dato che avvalora l’ipotesi della melatonina di cui abbiamo detto sopra [9].
Al di là di queste specifiche varianti geniche, gli effetti di una cena posticipata potrebbero essere diversi a seconda della quantità di melatonina in circolo nel momento in cui ci si siede a tavola, quantità che a sua volta dipende dalla predisposizione genetica a coricarsi presto o tardi la sera.
In altre parole, cenare alle nove potrebbe essere tardi per i cronotipi mattinieri (“allodole”), che tendono a svegliarsi presto e a essere più attivi nella prima parte della giornata, ma potrebbe essere ancora presto per i cronotipi notturni (“gufi”), più propensi a far tardi la sera. Queste considerazioni in effetti hanno trovato riscontro in uno studio realizzato da ricercatori dell’Università di Harvard su un gruppo di studenti: l’abitudine di mangiare tardi, oltre un certo orario, era associata alla percentuale di massa grassa soltanto quando si tenevano in considerazione le lancette dell’orologio biologico [10].
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