Gli italiani, e come loro milioni di altre persone, mangiano abitualmente la pasta con soddisfazione e con il beneplacito dei nutrizionisti ufficiali, ovvero secondo le raccomandazioni delle società scientifiche che riconoscono alla nutrizione un ruolo preventivo e protettivo nel mantenimento dello stato di salute. Tuttavia, per la maggioranza dei consumatori o almeno per quelli in sovrappeso, dopo l’amato primo piatto affiora un latente senso di colpevolezza, legato all’idea che la pasta sia un alimento particolarmente ingrassante.
Un aspetto che senza dubbio va tenuto in considerazione è il condimento: l’errore di valutazione più comune, infatti, è quello di considerare la pasta astrattamente, cioè sulla base delle “Tabelle di composizione degli alimenti”, alla stessa maniera di come si conteggia la composizione bromatologica di una mela o di un bicchiere di latte. In realtà, nessuno mangia la pasta senza condirla, per cui dobbiamo considerare il piatto di pasta con tutto ciò che l’accompagna e che può, a seconda dei casi, migliorarne o peggiorarne gli equilibri nutrizionali. La pasta italiana, inoltre, ricca di semola di grano duro, ha un indice glicemico nettamente più favorevole di quello del riso, del pane o delle patate. Soltanto i legumi possono vantare un indice glicemico ancora più basso [1].
Marcello Ticca, che da anni combatte i falsi miti alimentari, ha sottolineato nel suo libro come chi sostiene che sia meglio evitare di mangiare la pasta a cena non riesca a mettersi d’accordo sull’orario nel quale dovrebbe scattare questo “coprifuoco”. Infatti c’è chi parla genericamente di “sera” e chi invece si avventura a precisare il minuto esatto in cui scatterebbe la proibizione: dalle 14 in poi, oppure dopo le 18, e via fantasticando. Si tratta, ovviamente, di divieti ricchi di fantasia quanto privi di fondamento. Ticca scrive anche che la pasta – preferibilmente al dente – si digerisce molto più facilmente e rapidamente che non la carne: quindi la sua collocazione nel pasto serale agevola la digestione e, di conseguenza, favorisce anche una migliore qualità del sonno. Al contrario è stato dimostrato che consumare cibi ricchi di grassi nel pasto serale peggiora nettamente il riposo notturno e aumenta considerevolmente le probabilità della comparsa di apnee notturne, con aumento della sonnolenza diurna e del rischio di ipertensione, di infarti e di ictus [2].
Sull’argomento si è pronunciata anche la Mayo Clinic inserendo il problema del mangiare la pasta la sera in una breve lista di dieci miti alimentari da smentire. Si legge sul sito: “Non si dovrebbe mangiare niente dopo le 19, neanche un chicco d’uva? Se concedersi snack a tarda notte ti può far aumentare di peso o impedire che tu possa perderne, la colpa non è dell’ora del giorno, ma è di quanto stai mangiando. È molto comune scegliere prodotti voluttuari con molti grassi e molte calorie come spuntino da prendere prima di andare a letto, ed è questo che spesso porta a mangiare distrattamente e a introdurre una quantità eccessiva di calorie” [3].
Pasta a parte, la sera è meglio tenersi leggeri?
Sicuramente è vero che il metabolismo basale – ossia la velocità di produzione energetica dell’organismo – raggiunge il massimo la mattina al risveglio e poi gradualmente diminuisce lungo l’arco della giornata: ne deriva che è opportuno evitare una cena abbondante, che di fatto espone a un accumulo di peso difficile da smaltire [3]. Dunque, una stessa quantità di energia avrebbe effetti diversi sul metabolismo, e alla fine anche sul nostro peso, se assunta con i pasti del mattino o se invece assunta con i pasti della sera. Si tratta di ipotesi sulle quali si sta lavorando molto e che hanno cominciato ad avere qualche conferma sulla base sia di studi su animali da laboratorio che sull’uomo.
In pratica sembra che coloro i quali (a parità di alimentazione e di attività fisica) assumono una parte maggiore delle calorie della propria dieta nella prima parte della giornata possano meglio controllare sia il proprio peso che la massa grassa rispetto invece a coloro che mangiano di più nelle ore serali, o comunque nella seconda parte della giornata. Comunque è importante ribadire ancora che queste ipotesi e questi risultati riguardano quantità e qualità della alimentazione nel suo complesso, e sono ben lontani dal suggerire che dopo il pasto serale solo le calorie della pasta e della pizza si trasformerebbero implacabilmente in tessuto adiposo mentre al contrario il consumo di alimenti proteici costringerebbe l’organismo, non si sa bene perché, a bruciare calorie e a eliminare i grassi di deposito [2].
Su questo sono stati fatti anche diversi studi. Uno studio pubblicato nel 2013 sull’International Journal of Obesity ha dimostrato che fare una colazione ipercalorica riducendo poi l’assunzione di calorie a cena può essere vantaggioso e potrebbe essere un’alternativa utile per la gestione dell’obesità e della sindrome metabolica [4]. Ancora, nello stesso anno, una ricerca sulla perdita di peso delle donne in sovrappeso ha dimostrato come si debbano tenere in considerazione non solo l’apporto calorico, ma anche le tempistiche di assunzione del cibo. Mangiare tardi, infatti, può compromettere il successo della terapia dimagrante.
In conclusione, quindi, non esiste alcun “coprifuoco” specifico per la pasta e non c’è nessun valido motivo per non consumare anche prodotti ricchi di carboidrati nel corso del pasto serale. I nuovi dati che stanno emergendo vanno seguiti con interesse, ma ciò che conta di più per ingrassare o per dimagrire rimangono comunque le dimensioni e il valore calorico delle porzioni che ci concediamo nonché la quantità complessiva di calorie che introduciamo nell’intera giornata, rapportata a quanto consumiamo.
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