Il long Covid colpisce tutti allo stesso modo?

14 Gennaio 2022 di Sara Mohammad (Pensiero Scientifico Editore)

Alcune persone sono più a rischio di long CovidNella maggior parte delle persone SARS-CoV-2 causa sintomi lievi o moderati, che si risolvono nel giro di poco tempo, o addirittura nessun sintomo. Per qualcuno, tuttavia, ammalarsi di Covid-19 significa convivere con disturbi e manifestazioni cliniche della malattia anche per diverse settimane dalla fase acuta dell’infezione, quando ormai l’organismo ha eliminato il virus e si è “negativizzato”. Long Covid, l’espressione con la quale si indica il persistere dei sintomi di Covid-19 per lungo tempo dall’inizio della malattia (e di cui avevamo già parlato nella scheda “Covid-19 potrebbe diventare una patologia cronica?” e “Il long Covid colpisce anche i bambini?”), è un termine ormai famoso nella comunità medico-scientifica, che ha iniziato a studiare, fra le altre cose, i possibili fattori di rischio che sembrano predisporre alcune persone più di altre a long Covid. Vediamo come stanno le cose.

Dottore, chi è stato ricoverato per Covid-19 ha più probabilità di soffrire di long Covid?

Molti degli studi realizzati nei primissimi mesi della pandemia con l’obiettivo di indagare gli effetti a lungo termine di Covid-19 si sono occupati solo dei pazienti che erano stati ricoverati in ospedale durante la fase acuta dell’infezione, consolidando l’ipotesi che la gravità dell’infezione fosse in qualche modo collegata a un’aumentata predisposizione a long Covid. Dopo aver passato in rassegna alcune di queste ricerche, una recente metanalisi ha effettivamente dimostrato che in una percentuale variabile ma considerevole di pazienti Covid-19 che avevano necessitato di cure ospedaliere persistevano, anche a distanza di due mesi dall’infezione, fatica cronica, difficoltà a respirare, perdita del gusto o dell’olfatto o altri sintomi tipici della malattia [1].

covid coronavirus icon virus

Quindi, chi rischia la forma grave di Covid-19 è anche più a rischio di long Covid?

Alcune persone sono più a rischio di long CovidDobbiamo ricordare che la maggior parte di coloro che si ammalano di Covid-19 non mostra sintomi di una gravità tale da richiedere il ricovero in ospedale. Di conseguenza, per ottenere una stima più precisa della prevalenza di long Covid e risalire agli eventuali fattori di rischio è necessario studiare anche altri gruppi di persone, rappresentativi di tutti i positivi a SARS-CoV-2 e non solo di quelli ospedalizzati.

A questo proposito un team di ricercatori inglesi ha esaminato più di duecento studi scientifici che avevano seguito nel tempo sia persone ospedalizzate sia persone rimaste nella propria abitazione durante la fase acuta dell’infezione. In una revisione pubblicata la scorsa estate sul British Medical Journal (BMJ), questi ricercatori hanno suggerito che, sebbene alcuni malati gravi di Covid-19 abbiano maggiori probabilità di portarsi dietro gli strascichi fisici e psicologici della malattia, non tutti i fattori di rischio riconducibili a forme gravi di Covid-19 predispongono anche allo sviluppo di long Covid [2].

Infatti, mentre gli uomini avanti con l’età hanno un rischio più elevato di contrarre Covid-19 in forma grave, i risultati di un sondaggio dell’ufficio nazionale di statistica del Regno Unito citati nella revisione del BMJ rivelano che sono più le donne (e in particolar modo quelle della fascia 35-49 anni) rispetto agli uomini a convivere con uno o più sintomi di Covid-19 dopo essere guarite dall’infezione.

Ma allora le donne rischiano long Covid più degli uomini?

Che le donne siano più predisposte degli uomini ad ammalarsi di long Covid è anche fra le conclusioni di uno studio che ha raccolto e analizzato le risposte inserite da migliaia di persone nella COVID Symptom Study App, un’applicazione per smartphone sviluppata da ricercatori del King’s College di Londra con l’obiettivo di monitorare la diffusione della pandemia nel Regno Unito. In base ai risultati descritti su Nature Medicine, in tutte le fasce d’età (a eccezione degli over 70) le donne che riferivano uno o più sintomi di Covid-19 a distanza di quattro settimane e oltre dall’inizio dell’infezione superavano di gran lunga gli uomini [3].

Dottore, perché le donne sarebbero più suscettibili?

long Covid: Covid-19 potrebbe diventare una patologia cronica int2 long covidIl motivo non è del tutto chiaro. È possibile che le differenze tra uomini e donne abbiano una spiegazione di tipo endocrino: il fatto che le donne siano più suscettibili a long Covid mentre gli uomini abbiano maggiori probabilità di contrarre l’infezione in forma grave potrebbe essere la conseguenza di un differente scenario ormonale. È un’ipotesi plausibile se si pensa che il recettore ACE2, utilizzato da SARS-CoV-2 per entrare nella cellula, si trova anche sulla superficie di organi coinvolti nella produzione di ormoni (come la tiroide e le ghiandole sessuali), oltre che sulle cellule dell’apparato respiratorio [4].

Un’altra possibile spiegazione è riconducibile all’ipotesi dell’autoimmunità. Le donne fra 40 e 60 anni, le più a rischio di long Covid stando ai dati raccolti finora, sono anche le più colpite da malattie autoimmuni. La risposta immunitaria, generalmente più forte nelle donne rispetto agli uomini, se da un lato aiuta a contrastare con successo un’infezione, dall’altro può anche rivelarsi un’arma a doppio taglio nel momento in cui gli anticorpi prodotti per neutralizzare il virus si rivolgono contro l’organismo, innescando così un processo infiammatorio cronico che potrebbe portare a molte delle manifestazioni cliniche osservate nel long Covid [5,6].

Dottore, esistono altri fattori di rischio per long Covid?

L’ultima versione di una revisione in materia, periodicamente aggiornata sulla base di nuove evidenze scientifiche, ha sintetizzato le associazioni più significative fino a oggi e più meritevoli di essere approfondite in futuro nelle ricerche su eventuali fattori di rischio per long Covid: oltre al già citato fattore “femminile”, tra le caratteristiche che aumentano la predisposizione a long Covid ci sarebbero un’età avanzata, la maggiore gravità della malattia, la necessità di cure intensive al momento dell’infezione, la presenza di comorbilità [7]. Gli stessi autori della revisione, tuttavia, sottolineano anche i limiti che caratterizzano questo particolare ambito della ricerca su Covid-19, non solo per la scarsità di studi sul tema, che rende difficile persino caratterizzare con precisione il long Covid, ma anche perché gran parte delle ricerche a disposizione è stata condotta su coorti di pazienti europei e, fra questi, soprattutto su pazienti ospedalizzati.

Argomenti correlati:

CoronavirusLong CovidMedicina

Autore Sara Mohammad (Pensiero Scientifico Editore)

Sara Mohammad ha conseguito un master in Comunicazione della Scienza presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Si occupa principalmente di ricerca, neuroscienze e salute mentale. Scrive su MIND, LeScienze, Rivista Micron, Il Tascabile, e collabora con Mondadori Education e Il Pensiero Scientifico Editore. Oltre a lavorare nell'ambito della comunicazione scientifica, insegna scienze alle scuole superiori.
Tutti gli articoli di Sara Mohammad (Pensiero Scientifico Editore)