Lo stress provoca il cancro?

15 Febbraio 2018 di Roberta Villa

Da dove nasce questa idea?

Lo stress è una condizione che prima o poi ciascuno prova nella sua vita, e fino a una certa misura può avere un effetto positivo, spingendoci a migliorare il nostro rendimento. Quando però è dovuto a circostanze particolarmente traumatiche, o è prolungato nel tempo, può avere effetti deleteri sulla salute fisica, per esempio aumentando il livello di alcuni ormoni (come il cortisolo, che aumenta la pressione arteriosa), e sul benessere mentale, facilitando l’insorgenza di ansia e depressione.

In passato si è data molta importanza all’origine psicosomatica, o almeno a una componente di questo tipo, nell’insorgenza di molte malattie. Alcuni studi hanno suggerito che una situazione di stress cronico potrebbe influire sul livello di infiammazione e sulle difese immunitarie, e da questo si è ipotizzato un suo possibile effetto sulla suscettibilità alle infezioni e sullo sviluppo di tumori.

L’idea è stata poi avvalorata da ricerche in cui si interrogavano pazienti oncologici, soprattutto donne operate al seno, chiedendo loro se prima della diagnosi fossero stati esposti a condizioni di stress: alcuni di questi lavori sembravano confermare una possibile correlazione.

Un altro lavoro ha dimostrato sugli animali da laboratorio che una condizione di stress aumenterebbe la permeabilità dei vasi linfatici e la produzione di nuovi vasi sanguigni, facilitando la formazione di metastasi. Se questi risultati si potessero applicare pari pari agli esseri umani, lo stress quindi potrebbe peggiorare l’evoluzione della malattia e facilitare le ricadute.

Che cosa la smentisce?

A tutt’oggi non esistono prove convincenti che una condizione di stress, per quanto intenso e prolungato, possa favorire di per sé, in maniera diretta, lo sviluppo del cancro.

Gli studi in cui si chiede a un paziente se prima della diagnosi viveva una condizione di stress possono essere viziati dalla condizione del malato al momento della domanda, e non essere molto attendibili.

Molto più solidi sono da considerare i risultati di una metanalisi, cioè uno studio che ha analizzato tutta la letteratura scientifica al riguardo. Quella condotta nel 2013 ha per esempio concluso che una correlazione tra l’esposizione a condizioni di forte stress lavorativo in oltre 116.000 cittadini europei e l’insorgenza dei tumori più comuni tra uomini e donne (intestino, polmone, seno e prostata) è per lo meno improbabile.

Un’altra ricerca estesa a tutta la Danimarca, poi, non ha trovato un’associazione nemmeno con le condizioni più gravi, quelle che definiscono la sindrome post-traumatica da stress.

Ciò non significa tuttavia che lo stress stesso non possa diventare indirettamente un fattore di rischio: sotto pressione, per esempio, è più facile indulgere ad abitudini sicuramente dannose per la salute, e che possono favorire il cancro, come fumare o bere più di quel che farebbe una persona tranquilla. La tensione o la fretta possono spingere a un’alimentazione eccessiva o poco sana, o indurre a trascurare una sana attività fisica, tutti fattori che sono stati dimostrati importanti nell’aumentare il rischio di andare incontro a un tumore.

Perché ci crediamo?

La domanda tipica che ci si chiede davanti a una diagnosi che ci preoccupa e spaventa è sempre: “Perché proprio a me?”. La ricerca di una spiegazione per i fatti che più ci turbano è un bisogno profondo dell’animo umano. Così sono nati molti miti e superstizioni: cercando di trovare fenomeni associati tra loro per ordinarli in un disegno logico e compiuto.

Lo stress, da parte sua, in questa epoca storica sembra dominare le nostre vite. Sebbene la maggior parte di noi, almeno nei Paesi più ricchi, non abbia più una stringente preoccupazione quotidiana per la sopravvivenza propria e della propria famiglia, e viva una vita sostanzialmente più facile e gradevole dei miliardi di esseri umani che ci hanno preceduto, o abitano ancora oggi altre zone del pianeta, quasi tutti soffriamo per un senso di pressione che avvertiamo sul lavoro, in famiglia e perfino a livello individuale.

Al crescere del benessere sono infatti cresciute, forse in misura anche maggiore, le aspettative soggettive e da parte della società. Se un tempo si tendeva ad accettare qualunque difficoltà con fatalismo, o facendo riferimento a una superiore volontà divina, oggi facciamo più fatica ad ammettere di non avere pieno controllo sulla nostra vita. E questo ci “stressa”, appunto.

Sono ben pochi i fortunati che dichiarerebbero di vivere una vita libera dallo stress, ed essendo praticamente ubiquitaria è quindi facile associare questa condizione, tanto disturbante, a qualunque disturbo o malattia. “Sarà lo stress”, si dice sempre, cercando inconsciamente, nella malattia, un segnale che dobbiamo rallentare il nostro ritmo o cambiare stile di vita, di cui avvertiamo l’impatto negativo sul nostro benessere globale. Il disturbo, anche meno grave di un tumore, che sia il ricorrente mal di testa o mal di stomaco, diventa anche un modo per giustificare con noi stessi il desiderio di liberarci dai vincoli che talvolta noi stessi per primi ci creiamo.

Non è un caso quindi, forse, che molte persone sopravvissute al cancro attribuiscano alla malattia il “merito”, se così si può dire, di aver fatto ripensare alle proprie scelte di vita, inducendole a cambiare radicalmente rotta, ritmo, priorità. Forse ciascuno di noi farebbe bene a pensarci anche senza ricevere una diagnosi che lo spinga a riconsiderare tutto questo.

Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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