L’insonnia si cura col colore giusto?

11 Settembre 2018 di Fabio Ambrosino (Pensiero Scientifico Editore)

“Combattere l’insonnia: cromoterapia antistress”, “Il potere della cromoterapia nella cura dell’insonnia”, “Le luci nemiche della buonanotte” sono i titoli di alcuni articoli relativi alla possibilità di curare questo disturbo del sonno sfruttando la sensibilità del cervello umano a certe tipologie di colori. In molti casi, questi articoli offrono soluzioni molto semplici, come ad esempio circondarsi dei propri colori preferiti o evitare il colore blu come tinta delle pareti in camera da letto.

In generale, le strategie presentate si rifanno al concetto più ampio di cromoterapia: un approccio terapeutico alternativo che prevede l’esposizione a radiazioni elettromagnetiche di diverse frequenze (i colori) per curare patologie di vario genere [1]. Il suo impiego nell’ambito del trattamento dell’insonnia, in particolare, si basa sulle evidenze relative alla capacità della luce – e delle sue diverse sfumature di colore – di regolare il ritmo circadiano: l’orologio biologico che stabilisce le fasi di sonno e veglia [2].

Su cosa si basa la relazione tra sonno e colori?

Nel cervello umano è presente una via neurale che regola le fasi di sonno e veglia, i cicli stagionali e molte altre risposte fisiologiche in base all’esposizione della persona alla luce. Questa parte dagli occhi e termina a livello di una ghiandola denominata epifisi, le cui cellule sono responsabili della produzione di un ormone – la melatonina – che riveste un ruolo fondamentale nella regolazione del sonno [3]: la secrezione di melatonina da parte dell’epifisi dipende dalla quantità (e qualità) di luce che colpisce una particolare classe di recettori presenti negli occhi [4]. Infatti, i livelli di questo ormone sono molto più elevati di notte rispetto al giorno [5].

Nel 2010, poi, uno studio pubblicato sulla rivista Science in Traslational Medicine ha dimostrato che la produzione di melatonina varia anche a seconda del colore della luce a cui si è esposti: in particolare, gli autori della ricerca hanno scoperto che l’esposizione a una luce blu è in grado, specie nei momenti precedenti il sonno, di ridurre la secrezione di melatonina e resettare il ritmo circadiano [2].

Per questo motivo, ad esempio, è sconsigliato guardare a lungo uno schermo elettronico – come quello di un computer, di uno smartphone o di un tablet – nel momento in cui si va a letto.

Si può curare l’insonnia con il colore?

Attualmente non esistono evidenze scientifiche che dimostrino la reale utilità degli interventi (per esempio, circondarsi del proprio colore preferito) proposti nei vari articoli disponibili nel web. Sono invece disponibili numerosi studi che hanno indagato l’efficacia di un tipo di lenti in grado di bloccare le frequenze della luce blu.

Ad esempio, due ricerche del 2006 hanno analizzato gli effetti di questi particolari occhiali sulla produzione di melatonina in soggetti esposti a periodi di luce stabiliti in modo da riprodurre, in un contesto sperimentale, i turni dei lavoratori notturni: in entrambi i casi l’utilizzo delle lenti è risultato in grado di mantenere nella norma, nonostante l’esposizione alla luce, i livelli di melatonina. “L’utilizzo di filtri in grado di eliminare la parte più energetica della luce visibile” scrivono gli autori di una delle due ricerche “sembra essere un modo semplice ed elegante di preservare i normali livelli notturni di melatonina [6,7]”.

Un altro studio invece ha indagato l’effetto di queste lenti, rispetto ad altre in grado di bloccare solo la luce ultravioletta, in termini di qualità del sonno: i risultati dello studio hanno messo in evidenza un miglioramento sia della qualità del sonno che di quella dell’umore dei soggetti del gruppo sperimentale. Tuttavia, come sottolineato dagli autori, il campione testato era di dimensioni troppo ridotte per poter tranne conclusioni affidabili [8].

Un ulteriore studio ha poi valutato l’efficacia dell’utilizzo in orario serale di queste lenti in un gruppo di 14 pazienti affetti da insonnia associata a deficit di attenzione e iperattività: anche in questo caso è emerso un miglioramento della qualità del sonno e dei livelli di ansia [9].

Uno studio del 2015, infine, ha indagato l’efficacia delle lenti su un campione di ragazzi adolescenti, i quali molto spesso passano parte del tempo prima di andare a letto guardando uno schermo luminoso: i risultati hanno messo in evidenza livelli maggiori di melatonina e minori di allerta e vigilanza [10].

Come si cura generalmente l’insonnia?

Purtroppo è molto comune che le persone che soffrono di insonnia decidano di automedicarsi, spesso abusando di sonniferi o alcol [11]. I farmaci generalmente utilizzati come trattamento, invece, si associano a potenziali effetti collaterali, dalla dipendenza all’insorgenza di danni cognitivi [12].

Le terapie cognitivo-comportamentali, invece, sono efficaci e prive di particolari conseguenze negative [13] ma spesso è difficile accedervi [14]. Per questi motivi, è molto importante sviluppare approcci efficaci, sicuri ed economici per il trattamento di questo problema [8].

Tuttavia, è altrettanto importante distinguere gli interventi basati su prove di efficacia da quelle soluzioni, spesso semplicistiche e improvvisate, proposte in alcuni siti e articoli giornalistici.

Autore Fabio Ambrosino (Pensiero Scientifico Editore)

Fabio Ambrosino ha conseguito un master in Comunicazione della Scienza presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Dal 2016 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per siti di informazione e newsletter in ambito cardiologico. È particolarmente interessato allo studio delle opportunità e delle sfide legate all’utilizzo dei social media in medicina.
Tutti gli articoli di Fabio Ambrosino (Pensiero Scientifico Editore)

Bibliografia