Il cambiamento climatico non è un rischio per la salute?

5 Luglio 2019 di Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

“Non credo al cambiamento climatico” ha dichiarato il Presidente Trump nell’autunno 2018 commentando il rapporto preparato da una serie di agenzie e organizzazioni governative statunitensi [1]. Non esiste un danno di miliardi di dollari per l’economia, secondo il Presidente, e sono esagerate le valutazioni dei pericoli per la salute conseguenti ai cambiamenti climatici.

Dottore, a chi dobbiamo credere?

Conviene affidarsi alla comunità scientifica, che condivide una preoccupazione pressoché unanime riguardo al cambiamento climatico. Hanno fatto discutere le posizioni contrarie (“negazioniste”) di alcune personalità, ma si tratta di voci isolate e in diversi casi è stato dimostrato che sono pareri di consulenti di industrie che hanno importanti interessi in ambito energetico. “I cambiamenti climatici” spiega Paola Michelozzi, dirigente del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario della Regione Lazio, centro collaborativo del Ministero della Salute e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in tema di clima e salute “sono e sempre più saranno una minaccia per la salute sia del pianeta sia dei cittadini che lo abitano.” [2]

Cosa si può fare per contrastare i danni alla salute dovuti al cambiamento climatico?

Chi studia il problema raccomanda di non perdere tempo: “Purtroppo” prosegue Michelozzi “siamo in grave ritardo sulle azioni efficaci da intraprendere per mitigare e limitare le gravi conseguenze sulla società. Nel 2017 la temperatura globale media è risultata un grado Celsius in più rispetto al periodo preindustriale. È un processo senza sosta che aumenta di intensità: si prevede un incremento di 0,2 gradi Celsius ogni dieci anni e già nel 2030 potrebbe essere raggiunto un punto di non ritorno. Lo scioglimento del ghiaccio artico sta accelerando e ha come conseguenza l’acidificazione delle acque vicine al Polo sud e l’incremento del livello del mare su scala globale. Inoltre, l’aumento delle emissioni di gas serra, sia antropogeniche che naturali, peggiora la qualità dell’aria e a loro volta gli inquinanti atmosferici hanno un effetto sul riscaldamento climatico globale. Per esempio molti composti gassosi quali la CO2, il metano, l’S02 e il particolato sono dei noti agenti capaci di alterare il clima.”

In che modo il cambiamento climatico danneggia la nostra salute?

Sono ormai ben documentati gli effetti diretti dei cambiamenti climatici sulla salute, come per esempio l’aumento dello stress da calore e la perdita di vite in eventi calamitosi quali alluvioni e tempeste. Ma, soprattutto a partire dall’eccezionale ondata di caldo del 2003, avvertita in gran parte dell’Europa, non solo ricercatori ma anche clinici e infermieri si sono trovati a dover fronteggiare uno straordinario incremento del numero di persone che necessitavano di assistenza sanitaria per effetto del caldo. In particolare, persone dalla salute più fragile, come gli anziani o i bambini, o sofferenti di malattie croniche, soprattutto respiratorie e cardiovascolari. Una temperatura più elevata è dunque un fattore di rischio molto importante. Dal 2004, infatti, il Ministero della Salute ha avviato la sorveglianza estiva che documenta in oltre trenta città italiane l’andamento della mortalità in relazione alle temperature.

Oltre ai danni diretti, però, ne esistono anche molti dovuti all’impatto “di sistema”.

A cosa si riferisce, dottore, quando parla di impatto “di sistema”?

Tra i danni indiretti ci sono quelli che derivano per esempio dai cambiamenti nella distribuzione geografica degli insetti vettori di malattia come la malaria. “Le conseguenze dei cambiamenti climatici su scala globale” sottolinea Paola Michelozzi “sono anche uno dei determinanti delle migrazioni ambientali: perché l’alterazione del clima incide sulla disponibilità delle risorse primarie necessarie alla sussistenza umana. I cambiamenti climatici sono causa di malnutrizione e aumentano la diffusione di malattie infettive da un lato, e dall’altro obbligano le persone ad abbandonare le proprie residenze, muovendosi nel proprio Paese o al di fuori dei suoi confini. Le Nazioni Unite contano ogni anno 26 milioni di sfollati a causa di disastri legati ai cambiamenti climatici.”

Lo stravolgimento delle condizioni ambientali influenza pesantemente anche l’equità nella distribuzione della salute: le fasce della popolazione più fragili, e più vulnerabili ai rischi legati ai cambiamenti climatici, sono quelle dei Paesi più poveri e all’interno dello stesso Paese quelle più indigenti con minori capacità adattative.

Chi volesse approfondire ulteriormente questo aspetto potrebbe leggere un’interessante sintesi sugli effetti del cambiamento climatico sulla salute [3].

Dottore, lei parla di persone “più fragili”: dobbiamo preoccuparci per i bambini?

Certamente, la preoccupazione per i bambini e gli adolescenti è ancora maggiore guardando in prospettiva ai prossimi decenni. Anche per questo, si è formato diversi anni fa un gruppo di lavoro di pediatri italiani che studia in maniera approfondita l’impatto dell’inquinamento e più in generale del cambiamento climatico sulla salute infantile. Il gruppo si chiama “Pediatri per un mondo possibile (PUMP)”.

“I cambiamenti climatici hanno una grande incidenza sulla biodiversità” spiega Laura Reali, pediatra della ASL Roma 1, attiva nel gruppo PUMP e nella Associazione Culturale Pediatri. “Gli ambienti naturali prevedono che gli organismi viventi che li abitano si mantengano in equilibrio con il suolo, l’aria e l’acqua che occupano. Intendiamoci: un ecosistema ha buone capacità di resistenza e di recupero, ma quando vengono superate determinate soglie, la situazione può venire compromessa al punto di produrre potenziali conseguenze per gli esseri umani. Il cambiamento del clima minaccia di distruggere ecosistemi di vitale importanza e di compromettere ciò che essi ci offrono, dall’acqua pulita al suolo fertile, che sostiene la qualità dell’alimentazione [4].”

Dunque, il rapporto tra cambiamento climatico e alimentazione è un punto centrale?

Sì, ed è stato sottolineato anche da una commissione internazionale formata da una delle riviste scientifiche più importanti del mondo, il Lancet. È stato fatto osservare dai coordinatori della commissione che mettere in evidenza l’impatto del cambiamento climatico su ciò che mangiamo può servire a far sentire meno distante il problema. Fintanto che il “climate change” viene percepito come una questione che riguarda l’economia o lo sviluppo industriale, i cittadini non si sentono coinvolti e non chiedono politiche a loro tutela [5].

Nei giorni e nelle settimane di caldo eccezionale, quali precauzioni occorre prendere?

Il consiglio è quello di seguire le indicazioni che il Ministero della Salute mette a disposizione sul proprio sito nelle pagine dedicate alle ondate di calore [6]. In diversi casi si tratta di suggerimenti di buon senso: dall’evitare di fare sport negli orari in cui la temperatura è più elevata al proteggere il corpo dai raggi solari diretti. Altri consigli sono meno scontati: per esempio quelli che riguardano la maggiore attenzione che occorre prestare all’igiene e alla sicurezza degli alimenti.

In conclusione, quello del cambiamento climatico e del riscaldamento globale è un problema grave che chiede di essere affrontato a livello governativo ma anche individuale. È una questione che riguarda direttamente la salute e anche per questo è oggetto di studio e di azione da parte di organizzazioni come la International Society of Doctors for Environment, che ha anche una rappresentanza in Italia nell’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente che fa attività di sensibilizzazione nei confronti delle istituzioni, promuove iniziative di formazione nei confronti dei professionisti sanitari e delle scuole e collabora alla preparazione di rapporti e documenti di approfondimento [7].

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Autore Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Rebecca De Fiore ha conseguito un master in Giornalismo presso la Scuola Holden di Torino. Dal 2017 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per riviste online e cartacee di informazione scientifica. Fa parte della redazione del progetto Forward sull’innovazione in sanità e collabora ad alcuni dei progetti istituzionali con il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
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