L’insonnia aumenta il rischio di ictus?

24 Novembre 2023 di Sara Mohammad (Pensiero Scientifico Editore)

L’insonnia colpisce circa una persona su tre nel mondo e quasi la metà di coloro che soffrono di una malattia cardiovascolare. Tra insonnia e salute del cuore, dunque, viene da chiedersi se c’è una relazione, e la risposta è sì. Lo ha confermato anche una recente metanalisi, dopo aver esaminato gli studi che hanno messo in relazione questo disturbo del sonno, tanto comune, con l’incidenza di malattie cardiovascolari. In particolare, dormire poco o male la notte sarebbe associato a un aumentato rischio, circa il 31% in più rispetto a chi non soffre di insonnia, di sviluppare una malattia cardiovascolare [1].

Tuttavia, mentre il disturbo da insonnia è un fattore di rischio ormai consolidato per malattie come l’infarto, le evidenze che riguardano altri eventi cardiovascolari, l’ictus in particolare, non sono altrettanto convincenti [2].

Dottore può dirmi di più?

Gli studi epidemiologici che suggeriscono un aumento del rischio di ictus in presenza di sintomi collegati al disturbo da insonnia hanno alcune criticità: da una parte hanno limiti metodologici che impediscono di generalizzare le conclusioni raggiunte a situazioni e contesti diversi da quelli sperimentali, d’altra parte non hanno escluso completamente il ruolo ricoperto da altri fattori [2,3,4,5,6].

Infatti, anche la sindrome da apnee ostruttive – così come altre malattie del sonno –, il diabete e l’ipertensione influiscono in modo rilevante sul rischio di ictus [7,8,9]. E anche l’età, il sesso, la provenienza etnica e lo stile di vita sono fattori noti in letteratura per aumentare l’incidenza di ictus [10].

Di recente, tuttavia, un’analisi condotta da alcuni ricercatori della Scuola di medicina della Virginia Commonwealth University ha superato queste criticità, dimostrando che l’insonnia è un fattore di rischio indipendente dell’ictus.

Quindi, l’insonnia aumenta il rischio di ictus?

I ricercatori hanno analizzato le risposte a un questionario che includeva domande del tipo “Con quale frequenza trova difficoltà ad addormentarsi?”, “Quanto spesso si sveglia durante la notte?” e “Quanto spesso sente di non essere riposato al mattino?”, attribuendo un punteggio elevato a risposte come “Spesso” o “Molto spesso”.

Mettendo in relazione i punteggi complessivi ottenuti da ognuno dei partecipanti allo studio (circa ventimila statunitensi) con l’incidenza di ictus, è stato osservato che a punteggi maggiori corrispondeva un aumento del rischio di sviluppare un ictus negli anni successivi.

Questo naturalmente non ci permette di stabilire l’esistenza di una relazione di causa ed effetto: non possiamo cioè sostenere che chi soffre di insonnia, prima o poi, svilupperà un ictus. Possiamo solo concludere che la presenza di sintomi riconducibili al disturbo da insonnia aumenta, rispetto a chi non riporta questi sintomi, il rischio di incorrere in un ictus [11].

Perché l’insonnia aumenta la probabilità di avere un ictus?

I processi biologici coinvolti nella relazione fra ictus e disturbi del sonno non sono stati ancora completamente scoperti. Secondo quella che al momento è l’ipotesi più accreditata, si ritiene che l’insonnia favorisca i processi infiammatori dell’organismo, contribuendo ad accelerare l’invecchiamento delle arterie e danneggiando la salute del microcircolo, fattori alla base di diverse tipologie di ictus [12]. Un dato interessante, comunque, è il fatto che l’aumento del rischio di ictus in presenza di insonnia è risultato particolarmente accentuato nelle persone che hanno meno di cinquant’anni.

Dottore, potrebbe spiegarsi meglio?

Certamente. Gli autori dello studio descritto la scorsa estate su Neurology hanno notato che l’aumento del rischio di ictus riconducibile al disturbo da insonnia è maggiore nei soggetti con età inferiore a cinquant’anni rispetto ai soggetti più anziani. La spiegazione più ragionevole è che il ruolo giocato dall’insonnia nell’insorgenza dell’ictus è di gran lunga superiore se confrontato ad altri fattori di rischio che si manifestano con l’avanzare dell’età.

Infatti, superati i cinquant’anni, è più facile soffrire di diabete, pressione alta, apnee ostruttive del sonno e altri disturbi che ridimensionano il ruolo ricoperto dall’insonnia, mentre in giovane età, specialmente se si lavora, è più probabile che si sia esposti a livelli di stress cronico, che non favoriscono certo un sonno ristoratore.

Quali sono i consigli per riposare meglio?

Per migliorare il sonno esistono diversi accorgimenti. Ne ricordiamo qualcuno [13,14]:

  • andare a dormire e svegliarsi sempre alla stessa ora
  • dormire in una stanza il più possibile oscurata
  • usare i tappi per le orecchie per evitare di essere svegliati da eventuali rumori
  • evitare di consumare bevande contenenti alcol e caffeina o pasti pesanti nelle ore prima di coricarsi
  • praticare attività fisica regolarmente, ma evitare di farlo nelle due ore prima di coricarsi
  • non esporsi alla luce blu degli schermi poco prima di andare a dormire
  • evitare sonnellini durante il giorno (se proprio se ne sente la necessità, dormire per massimo venti minuti non oltre il primo pomeriggio)
  • scrivere una lista di pensieri e preoccupazioni principali prima di andare a dormire, per evitare di pensarci durante la notte
  • evitare di assumere farmaci (alcuni antistaminici, per esempio) che possano interrompere il sonno
  • limitare la quantità di acqua e tisane consumate prima di andare a dormire, per evitare di essere svegliati dallo stimolo di andare in bagno.

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Autore Sara Mohammad (Pensiero Scientifico Editore)

Sara Mohammad ha conseguito un master in Comunicazione della Scienza presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Si occupa principalmente di ricerca, neuroscienze e salute mentale. Scrive su MIND, LeScienze, Rivista Micron, Il Tascabile, e collabora con Mondadori Education e Il Pensiero Scientifico Editore. Oltre a lavorare nell'ambito della comunicazione scientifica, insegna scienze alle scuole superiori.
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