27 Aprile 2018 di Ulrike Schmidleithner

Il paradosso dei focolai in popolazioni con alta copertura vaccinale

Nessun vaccino è in grado di proteggere tutti i vaccinati. Questo dipende soprattutto dalla variabilità genetica delle persone, ma anche dall’età, dallo stato di salute ecc. Inoltre la protezione vaccinale non dura per sempre, tranne qualche eccezione come per esempio quella data dal vaccino MPR (morbillo+parotite+rosolia) o da quello contro l’epatite B. Di conseguenza, gli esperti raccomandano i richiami anche per gli adulti. Per esempio quello contro il tetano, la difterite e la pertosse si dovrebbe rinfrescare ogni dieci anni per ridurre il rischio.

Perciò, anche per i vaccini altamente efficaci (quelli che proteggono fino al 99% dei vaccinati) rimane comunque qualcuno che, anche essendo vaccinato, può ammalarsi. Questo è lo stato delle cose. Non ha senso pretendere qualcosa che attualmente è irraggiungibile, cioè che il 100% dei vaccinati sviluppi una protezione che idealmente duri per tutta la vita. Sarebbe bellissimo, ma purtroppo per il momento è solo un sogno che forse diventerà realtà nel futuro.

C’è chi rifiuta di vaccinare il proprio figlio dicendo che se non è garantito al 100% che sarà protetto non ne vale la pena, perché potrebbe essere un non-responder, cioè un vaccinato che non sviluppa l’immunità. È vero, potrebbe essere un non-responder. Ma la probabilità che invece sviluppi una risposta immunitaria adeguata è molto, molto più alta.

Chi ci tiene alla perfezione la ottiene senz’altro, se sceglie di non vaccinare: ha la garanzia del 100% che i suoi figli NON sono protetti.

La maggioranza delle persone si “accontenta” invece di una protezione del 90-99% (o anche meno) perché è comunque molto meglio di una protezione dello 0%.

Finora ho parlato solo della protezione individuale, ma il massimo dell’efficacia dei vaccini si ottiene quando all’immunità individuale si aggiunge quella di popolazione, anche chiamata immunità di gregge. Se in una comunità si raggiunge e mantiene un’alta percentuale di persone immuni, saranno indirettamente protetti anche quelli che o non hanno sviluppato un’immunità adeguata o la cui protezione, nel tempo, è diminuita o addirittura scomparsa.

Comunque, anche quando un’alta proporzione di una popolazione è vaccinata con un vaccino estremamente efficace, si possono occasionalmente osservare dei piccoli focolai locali. Questo è un fenomeno che si riallaccia al discorso iniziale, cioè che nessun vaccino è in grado di proteggere tutti i vaccinati. Con gli anni anche una minuscola percentuale di vaccinati non immuni si accumula fino a raggiungere un numero che fa scoppiare un piccolo focolaio tra di loro, se il virus o batterio viene introdotto.

In queste situazioni si osserva un paradosso che può trarre in inganno chi si ferma alle apparenze senza approfondire. È molto facile cadere nel tranello e questo spiega perché è diventato uno dei cavalli di battaglia di chi critica le vaccinazioni. “Ecco!” dicono mentre dirigono i fari dell’attenzione sui casi di vaccinati tra i malati, “questo dimostra che vaccinarsi non vuol dire immunizzarsi e che i vaccini sono inutili.”

Lo stesso errore viene comunque fatto anche dalle persone favorevoli alle vaccinazioni che usano in modo improprio l’alta percentuale dei non vaccinati tra i casi di malattia. In realtà in queste situazioni la proporzione tra vaccinati e non vaccinati ci dice solo che il numero di persone immuni non è sufficiente a evitare la diffusione dei virus o batteri. Questo viene espresso dall’alto numero di casi totali e dell’alta percentuale di non vaccinati tra di loro.

Ho preparato tre grafici con cui cerco di spiegare questo paradosso (i non vaccinati sono quelli in bianco e nero).

Per semplificare al massimo, immaginiamoci una malattia di fantasia altamente infettiva che causa evidenti sintomi in ciascuna persona non immune.

Spero di essere riuscita a spiegare questo paradosso. Non è la proporzione “vaccinati : non vaccinati” che ci può dire qualcosa sul rischio del singolo (vaccinato o non vaccinato) di ammalarsi, ma il calcolo va fatto a partire dalla proporzione di vaccinati e non vaccinati dell’intera popolazione.

Quindi, la prossima volta che qualcuno cercherà di convincervi a non vaccinare i vostri figli o voi stessi, tirando in ballo casi di persone che si sono ammalate della malattia contro cui sono state vaccinate, saprete che questo pezzo del puzzle dev’essere messo al proprio posto per poter vedere il suo vero significato rispetto al quadro intero.

Potete rispondere che il rischio di ammalarsi è molte volte più alto per i non vaccinati e che scegliete naturalmente il rischio più basso, vaccinando voi stessi e i vostri cari.

Autore Ulrike Schmidleithner

Una mamma che segue dall’inizio del 2002 con grande passione la questione vaccini. In tutti questi anni ha approfondito ogni aspetto di questo tema. Conosce praticamente tutti gli argomenti usati dalle persone contrarie alle vaccinazioni. Ha controllato accuratamente ciascuno di questi assunti e ha scritto moltissimi articoli sul suo blog Vaccinar...SI’! e sulla pagina Facebook omonima, per spiegare in modo pacato e comprensibile anche a chi non ha studiato medicina come stanno realmente le cose secondo il parere della comunità scientifica. Ha sempre fatto controllare i suoi articoli da uno o più esperti per assicurare la correttezza scientifica, che è indispensabile per un tema così importante. Sul nostro sito cura “La rubrica della mamma” in cui si rivolge ai genitori stando al loro fianco.
Tutti gli articoli di Ulrike Schmidleithner