Le origini
Le sue origini sono molto antiche, già circa 4.000 anni a.c. i medici sumerici stipulavano un contratto con i loro pazienti ricevendo denaro o gravi pene a seconda dell’esito del loro operato. Circa 2000 anni dopo, nel codice di Hammurabi, uno dei primi re di Babilonia, venivano stabilite delle leggi precise che regolavano il rapporto medico-paziente. Nell’antico Egitto le pene applicate ai medici in caso di errore erano molto gravi, mentre nel mondo greco la figura più importante che deve essere ricordata è quella di Ippocrate di Cos (460-355 a.c.).
Il “Giuramento di Ippocrate” è stato preso a modello etico dai medici di tutti i tempi, anche se segue un’impostazione di tipo “paternalistico”, ormai superata, in cui si afferma che è solo il medico ad avere potere decisionale. Secondo il paternalismo il medico può farsi carico del bene del paziente prescindendo anche dal suo consenso, sono cioè giustificate le così dette “bugie pietose” e non vi è un dovere di esplicitazione e motivazione delle scelte terapeutiche effettuate dal medico.
Nell’antichità classica l’unico che pone un correttivo a questo modo di vedere il rapporto medico-paziente è Platone. Infine il Cristianesimo delle origini considera che molte malattie siano mandate da Dio, quindi la cura consiste nella preghiera e nel pentimento.
Attualmente riferendoci al principio di autonomia morale (uno dei massimi teorici è il filosofo Immanuel Kant) si può affermare che il consenso informato è il mezzo con cui il paziente esce dalla situazione di “dipendenza o minorità” esercitando il principio di autonomia sul proprio corpo.
Cos’è il consenso informato
È il dovere etico, deontologico e giuridico del medico di fornire adeguata ed esauriente informazione alla persona assistita, in possesso di capacità decisionale, relativamente al trattamento sanitario proposto affinché possa esprimere liberamente la propria volontà a prendere decisioni. Secondo l’art. 32 della Costituzione Italiana
“nessuno può essere sottoposto a trattamenti medici contro la sua volontà”.
Il 22/12/17 è stata approvata la legge su “Consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento” che fa parte quindi della legislazione ordinaria. Il testo normativo richiama gli art. 2-13-32 della Costituzione e gli art. 1-2-3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. La legge richiama il principio già conosciuto che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne nei casi espressamente previsti dalla legge.
Il consenso per essere valido deve rispondere ai seguenti requisiti. Deve essere:
- informato,
- consapevole,
- personale,
- manifesto,
- specifico,
- preventivo e attuale,
- revocabile,
- gratuito e libero.
La comunicazione della verità
Il consenso deve essere consapevole cioè preceduto da un’adeguata informativa. L’informazione deve rispondere ai seguenti requisiti: comprensibilità, chiarezza, completezza e obiettività, e deve comprendere notizie esaustive su diagnosi, prognosi, prospettive, eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e prevedibili conseguenze delle scelte operate. Naturalmente il professionista dovrà valutare la capacità di comprensione del malato legata a etnia, età, problemi psichici, livello culturale ecc.
Una delle questioni principali che di fatto ha maggiore rilevanza etica è la “comunicazione della verità al malato”. Se infatti questo deve essere informato risulta fondamentale il riconoscimento che l’informazione deve essere veritiera. L’ostacolo da superare non è tanto il consenso, che è sempre esistito, quanto l’informazione e non ultima appunto la consapevolezza. Infatti non sempre un malato che consente, anche per iscritto, è un paziente consapevole.
È ben noto a tutti che i meccanismi di difesa messi in atto dal malato lo possono rendere inconsapevole anche se l’informazione è adeguata. È necessario pertanto che l’operatore si accerti sempre della reale consapevolezza del paziente.
Il malato può rifiutare di ricevere l’informazione e indicare un familiare o una persona di fiducia che le riceverà al suo posto ed esprimerà il consenso in sua vece. Tutto ciò verrà registrato sulla cartella clinica e sul fascicolo sanitario elettronico.
Inoltre la persona capace di agire ha il diritto di rifiutare il trattamento indicato dal medico per la sua patologia. Il medico deve rispettare la volontà del paziente e pertanto è esente da ogni responsabilità.
Il consenso può essere revocato dal malato in qualsiasi momento, anche nell’immediatezza della procedura, e ciò deve essere annotato sulla cartella clinica e sul fascicolo sanitario elettronico.
La persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e decisione. Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità, per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà. Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà del minore in relazione alla sua età, maturità e rispettando la sua dignità.
Il consenso informato della persona interdetta è espresso o rifiutato dal tutore, sentito l’interdetto ove possibile e nel rispetto della sua dignità, quello della persona inabilitata è espresso dalla medesima persona inabilitata.
Nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata, l’amministratore di sostegno o il rappresentante legale del minore rifiutino le cure e il medico ritenga che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare.
La forma
Il consenso informato acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni è richiesto in forma scritta o attraverso videoregistrazioni, o per le persone con disabilità attraverso opportuni dispositivi. In ogni caso è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
In questo modo esiste la prova che il malato si è sottoposto volontariamente al trattamento. Ricordiamo poi che tra informazione e manifestazione del consenso deve passare un tempo sufficiente che permetta al paziente di riflettere e consultare il suo medico e/o i suoi familiari.
I casi di urgenza
Nelle situazioni di emergenza o urgenza il medico e i componenti dell’equipe sanitaria assicurano le cure necessarie nel rispetto della volontà del paziente, ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla.
Quindi sinteticamente possiamo dire che il consenso informato è un modo con cui il paziente partecipa attivamente alle scelte che lo riguardano (principio di autonomia) e nello stesso tempo una garanzia per il medico circa la liceità dei suoi interventi sul paziente stesso. Tutto ciò presuppone tra medico e paziente una decisione condivisa come esito di una “relazione comunicativa” che si configura nell’“alleanza terapeutica”.
Salvo casi particolari, il dovere di raccogliere il consenso/dissenso è del medico che dovrà intraprendere l’attività diagnostico-terapeutica.
Riferimenti normativi
I principali riferimenti normativi che vi invito a leggere sono:
- Costituzione della Repubblica Italiana – Art. 13 (inviolabilità della libertà personale) e art. 32 (nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge)
- Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (20/9/1996) – Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina
- Convenzione di Oviedo (Consiglio d’Europa 1997) – Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina.
- Codice di Deontologia Medica (18/5/2014) – Dall’art. 33 all’art. 39.
- Documenti del Comitato Nazionale di Bioetica – 1992-2003-2005-2008.
- Codice Penale – Art.50 e art 54.
- Legge 22 dicembre 2017 n 219.
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