***AGGIORNAMENTO DEL 19 DICEMBRE 2022***
“Negli ambienti confinati aperti al pubblico, seguire le norme di distanziamento e usare tutti la mascherina è doveroso, ma al contempo non possiamo trascorrere i prossimi mesi estivi soffrendo il caldo nelle nostre case o sul posto di lavoro. È quindi necessario seguire poche semplici regole che ci consentano di usare i nostri impianti in sicurezza”: così si esprimeva il presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) Alessandro Miani nel maggio del 2020 [1]. A distanza di due anni e mezzo la risposta è ancora la stessa di allora, ma è ancora più convinta alla luce delle evidenze che risultano dalla ricerca più recente sì, il condizionatore va sanificato. La pulizia dei filtri, il controllo della batteria e delle bacinelle di raccolta della condensa possono contribuire a rendere più sicuri gli edifici riducendo la trasmissione delle malattie, compresa la Covid-19.
Non si stratta, comunque, di una novità dal momento che anche a prescindere dalla Covid-19, oggi sappiamo che la qualità del nostro ambiente indoor influenza il nostro stato di salute. Per questo, preservare la qualità del nostro ambiente è parte integrante dei piani e dei programmi di sanità pubblica.
Alessandro Volpi, esperto SIMA di gestione e manutenzione impianti di trattamento aria, consigliava: “In questo particolare momento di criticità dovuta alla pandemia da Covid-19, ritengo opportuno suggerire a utenti, gestori e manutentori di impianti di climatizzazione, più o meno complessi, di effettuare tutti gli interventi preventivi utili a ridurre il rischio correlato a una non adeguata sanificazione e pulizia degli impianti prima del loro uso” [1]. A questo proposito, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) aveva diffuso una serie di indicazioni su come pulire correttamente i diversi tipi di condizionatore [2]:
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Prima di utilizzare i prodotti per la pulizia leggi attentamente le istruzioni e rispetta i dosaggi d’uso raccomandati sulle confezioni.
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Pulisci i diversi ambienti, materiali e arredi utilizzando acqua e sapone e/o alcol etilico al 75% e/o ipoclorito di sodio al 0,5%. In tutti i casi le pulizie devono essere eseguite con guanti e/o dispositivi di protezione individuale.
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Non miscelare i prodotti di pulizia, in particolare quelli contenenti candeggina o ammoniaca con altri prodotti.
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Sia durante che dopo l’uso dei prodotti per la pulizia e la sanificazione, arieggia gli ambienti.
Dottore, il condizionatore può facilitare la trasmissione del virus?
Nella fase di inizio della pandemia da Sars-CoV-2, come ancora oggi si legge sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, si riteneva che la trasmissione del SARS-CoV-2 avvenisse prevalentemente mediante il contatto interumano tra persona e persona, attraverso l’inalazione di goccioline (droplet), di dimensioni inferiori ai 5 μm di diametro, generate da tosse o starnuti e dagli atti del parlare e del respirare. Tali droplet generalmente si propagano per brevi distanze. Non si disponeva di evidenze, in quel momento, di trasmissione aerea di SARS-CoV-2 [2] anche se nella prima versione di questa stessa scheda spiegavamo come si trattasse di un argomento molto studiato e per questa ragione le conoscenze avrebbero potuto cambiare alla luce di nuovi risultati della ricerca. (Ne avevamo parlato anche nella scheda “Il SARS-CoV-2 si trasmette per via aerea?”)
In quei giorni giorni aveva fatto discutere la segnalazione, da parte del quotidiano The New York Times [3], di una lettera aperta di due ricercatori (uno australiano e l’altro statunitense) sottoscritta da 239 colleghi che sollecitavano maggiore attenzione anche da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) alla diffusione aerea del SARS-CoV-2: “Facciamo appello alla comunità medica e agli organi nazionali e internazionali competenti perché sia riconosciuto il potenziale di diffusione nell’aria di Covid-19. L’esposizione potenziale per inalazione ai virus tramite le goccioline respiratorie microscopiche (microdroplet) è significativa, vuoi a brevi, vuoi a medie distanze (fino a diversi metri o in un raggio d’azione ragionevole di 2 metri per uno e mezzo) e raccomandiamo l’uso di misure preventive per mitigare questa via di trasmissione aerea”[4]. Nulla, dunque, di particolarmente nuovo rispetto a quanto già non fosse noto. Si aspettavano, dunque, ulteriori studi sull’argomento.
Benedetta Allegranzi, dirigente tecnico dell’OMS per la prevenzione e il controllo delle infezioni, confermava allora come fossero emerse prove della trasmissione aerea del coronavirus, ma che le evidenze non potevano essere considerate definitive. “La possibilità di trasmissione aerea in ambienti pubblici – specialmente in condizioni molto specifiche, ambienti affollati, chiusi, scarsamente ventilati – non può essere esclusa”, aveva detto. “Tuttavia, le prove devono essere correttamente raccolte e interpretate e continuiamo a supportare la ricerca in questo ambito” [5].
Tornando alla domanda iniziale, diverse persone in questo periodo temono che l’aria condizionata – sia usata nei periodi più caldi per raffreddare gli ambienti, vuoi in questi mesi invernali per riscaldarli – possa aumentare la trasmissione del virus. Dubbi legittimi sollevati a suo tempo anche da uno studio pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases [6]. Gli autori dello studio, infatti, portavano ad esempio l’esplosione di casi di Covid-19 all’interno di un ristorante di Guangzhou, in Cina, proprio dovuta all’aria condizionata che aveva trasportato nell’ambiente diverse goccioline di saliva.
Lo studio, per ammissione degli stessi medici cinesi che lo avevano redatto, aveva dei limiti di tipo metodologico: non erano state fatte simulazioni del flusso d’aria né test sierologici sui negativi al tampone presenti nel ristorante. Ancora, si leggeva in un articolo uscito sulla rivista americana Forbes che “bisogna essere cauti di fronte a un singolo studio. Capita spesso che i media e i politici facciano riferimento ai risultati di un singolo studio” [7]. Era dunque una ricerca da considerare con cautela. Ma la ricerca sulla trasmissione aerea del virus è proseguita intensamente, anche se con le difficoltà legate all’impossibilità etica di condurre degli studi controllati randomizzati [8].
Perché non si possono fare degli studi controllati randomizzati per risolvere un dubbio del genere?
Disegnare e condurre uno studio controllato randomizzato per chiarire definitivamente la possibilità che il virus si diffonda per via aerea significherebbe esporre un gruppo molto ampio di persone a Sars-CoV-2 mettendo a confronto la percentuale di persone contagiate a distanza di un tempo definito con i contagiati di un gruppo non esposto. È del tutto evidente che uno studio di questo tipo non può essere svolto. Pertanto, ci si deve affidare alle prove che scaturiscono da studi di tipo osservazionale, ben sapendo che la forza dei risultati che possono derivare da queste ricerche è minore rispetto a quelle che ricaviamo da studi sperimentali.
Inoltre, per restare agli studi osservazionali condotti sulla trasmissione aerea di Sars-CoV-2, è stata sottolineata la scarsa qualità metodologica della maggior parte delle ricerche condotte [9]. Tra le prove “migliori” che sono state raccolte negli ultimi mesi e che dimostrano la capacità del virus di diffondersi per via aerea c’è la revisione sistematica pubblicata sul BMJ e preparata da un gruppo di ricercatori britannici [10]. Sembra che i fattori che possono aumentare il rischio di contagio siano tre: l’insufficiente ricambio d’aria, un forte flusso d’aria diretto verso le persone che poi si contageranno, il cantare o parlare ad alta voce aumentando l’emissione di droplet.
Dottore, quindi come va utilizzato il condizionatore negli ambienti domestici?
Sappiamo oggi che è fondamentale garantire un buon ricambio dell’aria in tutti gli ambienti domestici, in maniera naturale, aprendo le finestre e i balconi con maggiore frequenza, come misura precauzionale per aumentare il livello di aria fresca all’interno. L’aumento del ricambio dell’aria di tipo manuale, infatti, aiuta a diminuire la presenza di virus come anche di inquinanti nell’aria riducendo il rischio per le persone che soggiornano in ambienti chiusi (ne abbiamo parlato nella scheda “Gli ambienti chiusi proteggono i bambini dall’inquinamento?“). Anche a prescindere dalla Covid-19, questa piccola attenzione consentirebbe di migliorare il disagio che si può manifestare in abitazioni scarsamente ventilate, composto da malessere generale, mal di testa, irritazioni di occhi e gola, affaticamento delle vie respiratorie, asma, allergie, problemi cardiovascolari, riduzione delle prestazioni cognitive e riduzione della produttività.
L’Istituto Superiore di Sanità consiglia, inoltre, di aprire finestre e balconi che si affacciano sulle strade meno trafficate e durante i periodi di minore passaggio di mezzi – soprattutto quando l’abitazione si trova in una zona trafficata – o lasciarle aperte per tutta la notte, soprattutto nei giorni di gran caldo. Ancora, è preferibile aprire per pochi minuti più volte al giorno, che una sola volta per tempi lunghi. Se sono venuti ospiti a casa, durante il ricambio dell’aria è meglio tenere chiusa la porta della stanza che ha accolto ospiti per limitare ulteriormente la possibilità di diffusione del virus in altri ambienti [2].
Se in casa sono presenti ventilatori fissati sul soffitto o portatili si consiglia di porre attenzione in presenza di persone ospiti. In caso contrario, e quindi della presenza in casa solo di persone dello stesso nucleo familiare, non rappresentano un problema. In ogni caso si ricorda di posizionare i ventilatori a una certa distanza dalle persone.
Nel caso in cui si abbiano in casa degli impianti autonomi fissi di riscaldamento/raffreddamento o climatizzatori portatili che non forniscono nuova aria esterna ma utilizzano con il ricircolo sempre la stessa aria, è preferibile aprire durante l’utilizzo finestre e balconi per pochi minuti più volte al giorno. In sintesi, durante l’utilizzo è bene [2]:
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Evitare che l’aria diventi troppo secca perché la secchezza delle mucose nasali aumenta negli anziani il rischio di contrarre infezioni respiratorie.
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Cercare di mantenere una temperatura ideale per il benessere fisiologico.
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Pulire i condizionatori circa una volta al mese, in base alle indicazioni fornite dal produttore, e a impianto fermo. Le prese e le griglie di ventilazione, invece, vanno pulite con panni in microfibra inumiditi con acqua e con i comuni saponi, oppure con una soluzione di alcool etilico.
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Aprire regolarmente i balconi e le finestre per aumentare il ricambio d’aria, diminuire gli inquinanti nell’aria e ridurre gli odori.
Come bisogna comportarsi negli ambienti di lavoro?
Innanzitutto occorre chiarire come la ripresa delle attività sui luoghi di lavoro non si traduca nel superamento delle misure di prevenzione e contenimento del rischio di trasmissione e contagio dal virus SARS-CoV-2: infatti, ancora oggi può essere consigliabile indossare le mascherine durante le riunioni e negli spazi comuni. Ma, in primo luogo, quando possibile può essere opportuno astenersi dal frequentare il luogo di lavoro in presenza di sintomi di allarme.
L’Istituto Superiore di Sanità, anche nel caso degli ambienti di lavoro, aveva redatto una serie di consigli utili da mettere in pratica che conservano la propria utilità [2]:
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Garantire un buon ricambio dell’aria in tutti gli ambienti, favorendo con maggiore frequenza l’apertura delle diverse finestre e balconi. L’obiettivo è portare all’interno aria “fresca più pulita” e, contemporaneamente, ridurre le concentrazioni degli inquinanti, degli odori, dell’umidità.
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Il ricambio dell’aria deve tener conto del numero di lavoratori presenti, del tipo di attività svolta e della durata della permanenza negli ambienti di lavoro. Sicuramente, si consiglia dove possibile di migliorare la disposizione delle postazioni di lavoro per assicurare che il personale non sia direttamente esposto alle correnti d’aria.
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Anche in questo caso, negli edifici senza specifici sistemi di ventilazione può essere opportuno aprire le finestre e i balconi che si affacciano sulle strade meno trafficate e durante i periodi di minore passaggio di mezzi.
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Negli edifici dotati di specifici impianti di ventilazione che consentono il ricambio dell’aria di un edificio con l’esterno, questi impianti devono mantenere attivi l’ingresso e l’estrazione dell’aria 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Durante le ore notturne è possibile diminuire il livello di intensità.
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Quando possibile è meglio eliminare la funzione di ricircolo dell’aria per evitare l’eventuale trasporto di agenti patogeni nell’aria, come batteri o virus. In caso contrario, è opportuno aprire nel corso della giornata lavorativa le finestre e i balconi per pochi minuti più volte a giorno per aumentare ulteriormente il livello di ricambio dell’aria.
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Negli edifici dotati di impianti di tipo fan coil, in cui funzionamento e regolazione della velocità possono essere centralizzati o governati dai lavoratori che occupano l’ambiente, si consiglia di mantenere in funzione l’impianto in modo continuo a prescindere dal numero di lavoratori presenti in ogni ambiente o stanza. In questo caso si consiglia di programmare una pulizia periodica, ogni quattro settimane, dei filtri dell’aria.
Dottore: perché l’OMS ha impiegato tanto tempo per dichiarare che il contagio da SARS-CoV-2 può avvenire anche per via aerea?
È una domanda che si sono poste molte persone, anche studiosi autorevoli [11]. Secondo alcuni, un’istituzione come l’Organizzazione Mondiale della Sanità deve pronunciarsi soltanto quanto dispone di evidenze sicure, a prova di smentita, perché dalle sue dichiarazioni scaturiscono le raccomandazioni operative dei governi dei singoli Paesi. Inoltre – e sarebbe in certa misura più grave – l’ammissione della trasmissione aerea del virus avrebbe dovuto necessariamente determinare dei provvedimenti che molte nazioni non avrebbero potuto permettersi per ragioni economiche o organizzative: dalle modifiche strutturali agli edifici ospedalieri o scolastici, fino alla “semplice” (ma impossibile in tempi brevi) distribuzione di mascherine FFP2 a tutti i cittadini. D’altra parte, però, non pochi osservatori hanno fatto presente che – anche in una condizione di incertezza – un ente come l’OMS avrebbe dovuto privilegiare un atteggiamento ispirato al principio di precauzione, vale a dire una condotta cautelativa su una questione che appariva controversa sin dall’inizio della pandemia.
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