Il cardo mariano, nome latino Silybum marianum, è una pianta officinale diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo. Le primissime descrizioni delle sue proprietà terapeutiche risalgono al primo trattato di medicina erboristica, “De Materia Medica”, scritto nel primo secolo dopo Cristo dal botanico e farmacista greco Dioscoride Pedanio [1]. In tutti gli erbari viene descritto come rimedio contro le emorragie, i crampi, i dolori mestruali, il mal di testa, per stimolare la produzione del latte materno e, soprattutto, per le sue azioni sui processi digestivi e sul fegato, come depurativo e detossificante.
Quindi il cardo mariano fa bene?
Pur essendo uno dei rimedi naturali più studiati non si può ancora affermare con certezza che il cardo mariano sia terapeutico, e in egual misura, per tutte le malattie epatiche. Molti studi sperimentali e clinici sembrano confermarlo ma altri dimostrano il contrario. Per esempio uno studio clinico che ha confrontato un piano terapeutico a base di silimarina con il placebo ha dimostrato un miglioramento del quadro clinico dei pazienti con cirrosi epatica che avevano assunto il fitoterapico, in particolare nel sottogruppo di pazienti con cirrosi epatica alcolica [3]. Ma di contro una metanalisi [4] che ha analizzato i dati raccolti in 13 trial clinici randomizzati per un totale di 154 pazienti con cirrosi epatica alcolica, epatite B o epatite C ha concluso che il cardo mariano non influenza in modo significativo il quadro clinico. Il National center for complementary and integrative health dei National institutes of health statunitensi afferma che i dati raccolti in letteratura sono contradditori e che sappiamo ancora troppo poco sull’efficacia terapeutica del cardo mariano [5]. Il centro statunitense cita due studi condotti con metodi rigorosi che non hanno dimostrato i benefici attesi: nel primo i pazienti con epatite C trattati con la silimarina manifestavano sintomi più lievi della malattia epatica e avevano una qualità di vita migliore, ma non registravano dei cambiamenti nell’attività virale e nello stato di infiammazione del fegato. Nel secondo studio alti dosaggi di silibina somministrata per via orale nei pazienti con epatite C resistenti alla terapia a base di interferone non riducevano più del placebo i livelli di enzimi epatici [6]. Ad oggi possiamo ipotizzare che questa pianta officinale abbia dei benefici terapeutici ma servono ulteriori prove di efficacia per avere una conferma e per definire a quali dosaggi e per quali patologie.
Comunque essendo “naturale” il cardo mariano male non fa, vero dottore?
Non è esattamente così. È diffusa l’idea che le erbe medicinali siano innocue proprio perché naturali. Ragion per cui vengono spesso utilizzate come forma di automedicazione, spesso a insaputa del proprio medico curante. Questo però può aumentare il rischio di possibili interazioni con farmaci di sintesi, alterandone gli effetti previsti, oppure causare reazioni allergiche o altri problemi derivati dall’assenza di controllo di qualità dei prodotti erboristici che può essere causa di contaminazioni durante la lavorazione e di errori nell’identificazione delle specie medicinali. In commercio e online si trovano diversi prodotti etichettati come cardo mariano che possono variare nella preparazione e nel dosaggio e la cui qualità non può sempre essere garantita.
Gli studi clinici hanno mostrato che mediamente questa pianta officinale è ben tollerata nelle dosi raccomandate. Solo in alcuni casi sono stati segnalati effetti collaterali gastrointestinali. Inoltre può provocare delle reazioni allergiche, in particolare nelle persone sensibili a una delle piante della stessa famiglia, come per esempio la margherita, l’ambrosia, il crisantemo. Bisogna fare attenzione ad alcuni componenti del cardo mariano che potrebbero abbassare il livello di zucchero nel sangue o aumentare la pressione arteriosa; pertanto le persone con diabete di tipo 2 e quelle ipertese dovrebbero usarlo con cautela e chiedendo sempre consiglio al medico. Inoltre, interferendo con alcuni enzimi metabolici, il cardo mariano potrebbe interagire con i contraccettivi orali, i farmaci per il colesterolo alto (le statine), gli antidepressivi e gli inibitori delle proteasi impiegati per trattare l’HIV e l’epatite C [7].
In generale, il consiglio è di confrontarsi sempre con il proprio medico prima di iniziare un trattamento con un fitoterapico, informandolo circa particolari condizioni patologiche, allergie o terapie in atto, per valutare insieme quale terapia seguire sulla base delle prove scientifiche disponibili.
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