Il carbone attivo sbianca i denti?

16 Aprile 2019 di Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Sempre più spesso si trovano in farmacia o negli scaffali dei supermercati dentifrici con la pasta scurissima, data dalla presenza del carbone attivo vegetale. Si dice, infatti, che il carbone attivo abbia un effetto sbiancante sui denti. Se, però, può essere vero che la sua elevata capacità assorbente contribuisce a rimuovere la placca, il tartaro e le altre sostanze che rovinano il bianco naturale dei denti, non si può non considerare l’azione abrasiva del prodotto, che a lungo andare potrebbe rovinare in modo permanente lo smalto dei denti. “La polvere di carbone ha un certo effetto abrasivo e quindi può favorire lo sbiancamento dei denti per eliminazione di colorazioni superficiali acquisite. Non è in grado di eliminare le colorazioni profonde, ma potrebbe essere di aiuto per combattere l’alitosi. Tuttavia non esistono ancora studi scientifici affidabili (randomizzati e controllati) che confermino entrambe queste caratteristiche, anche perché la disponibilità del prodotto sotto forma di pasta dentifricia è relativamente recente” afferma Edoardo Baldoni, professore ordinario di Malattie odontostomatologiche all’Università degli studi di Sassari.

In uno studio pubblicato da The Journal of the American Dental Association [1] emerge che non ci sono prove scientifiche che dimostrino l’efficacia del carbone attivo per la pulizia e lo sbiancamento dentale. Gli autori della ricerca hanno condotto una revisione della letteratura per esaminare l’efficacia e la sicurezza dei dentifrici a base di carbone, arrivando a identificare 118 articoli potenzialmente idonei. Nessuno degli articoli è risultato abbastanza convincente e la ricerca ha dimostrato che non ci sono prove sufficienti a sostegno della sicurezza e dell’efficacia dei dentifrici a base di carbone attivo. Sono, quindi, necessari studi più ampi per stabilire prove conclusive e nel frattempo si consiglia di non utilizzarlo.

Dottore, ma allora se voglio sbiancarmi i denti cosa posso fare?

Lo sbiancamento dei denti [2] è una procedura di odontoiatria estetica che sta vivendo una fase di grande richiesta: ogni anno almeno 120.000 italiani si rivolgono a un odontoiatra per schiarire il colore dei propri denti, che si macchiano e ingialliscono a causa del consumo dello smalto e dell’azione colorante del fumo e di alcuni alimenti, come il caffè, il tè, il vino rosso, i succhi di frutta al mirtillo. Il dato è emerso durante l’ultimo congresso dell’Accademia italiana di odontoiatria conservativa e restaurativa (AIC), in cui sono stati presentati i dati di uno studio che ha evidenziato che oltre la metà dei pazienti intervistati è insoddisfatta del colore dei propri denti [3].

Come sottolinea il professor Baldoni, la prima cosa da fare è una seduta di igiene orale professionale per eliminare dai denti placca batterica, tartaro e macchie superficiali. A seguire, si possono valutare tre possibilità: la prima è l’impiego prolungato di dentifrici sbiancanti, facendo attenzione a evitare quelli troppo abrasivi che potrebbero, alla lunga, danneggiare lo smalto. La seconda è quella di utilizzare prodotti chimici sbiancanti sotto forma di pennellini applicatori, striscioline o mascherine da applicare sui denti per alcuni minuti ogni giorno, fino a raggiungere la colorazione desiderata. Il prodotto migliore e la modalità più idonea devono essere consigliati individualmente dall’odontoiatra o dall’igienista dentale. La terza possibilità consiste nel sottoporsi a sedute professionali di sbiancamento con l’impiego di sostanze a base di perossidi a maggior concentrazione, con l’aiuto o meno di luci a particolari frequenze, che consentono in tempi più rapidi l’eliminazione di decolorazioni anche profonde e persistenti. Nessuna di queste sostanze danneggia lo smalto dentale, al massimo può comparire una transitoria sensibilità agli stimoli termici. Sono quindi importanti le figure dell’odontoiatra o dell’igienista dentale per consigliare e regolare tempi e modalità.

Assolutamente sconsigliato è, invece, l’utilizzo di metodi fai-da-te senza aver consultato prima il proprio dentista. Anche il Ministero della Salute ha pubblicato un Decreto con l’obiettivo di garantire la sicurezza per la salute del paziente andando a bloccare i trattamenti sbiancanti fai-da-te [4].

Ma avere denti bianchi equivale ad avere denti sani?

Il professor Baldoni spiega che la colorazione naturale dei denti è correlata geneticamente con quella della pelle, degli occhi e dei capelli. Avere denti di colorazione uniformemente più intensa non vuol dire che non siano sani, ma la presenza di singoli denti con riflessi grigiastri o macchie scure può segnalare la presenza di carie o infiltrazioni. Al contrario, la presenza di aree gessose o macchie bianche può significare che ci sono alterazioni dello smalto, che possono essere congenite o acquisite. Da ricordare, infine, che i denti naturali non hanno mai una colorazione uniforme in tutte le zone della corona e non tutti i denti sono dello stesso identico colore nelle varie zone della bocca, ad esempio i canini hanno sempre un tono più intenso di tutti gli altri. Attualmente sono di moda o comunque graditi e socialmente apprezzati denti resi artificialmente molto uniformi e molto bianchi, ma che raramente si ritrovano in natura.

Argomenti correlati:

Odontoiatria

Autore Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Rebecca De Fiore ha conseguito un master in Giornalismo presso la Scuola Holden di Torino. Dal 2017 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per riviste online e cartacee di informazione scientifica. Fa parte della redazione del progetto Forward sull’innovazione in sanità e collabora ad alcuni dei progetti istituzionali con il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
Tutti gli articoli di Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)