Esiste un doping per andare meglio agli esami?

25 Giugno 2019 di Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Oltre 500 mila studenti italiani impegnati negli esami di maturità. Oltre ai loro fratelli minori, alle prese con l’esame di licenza media. Anzi, pardon, qui ci sono anche dei nonni: Domenico, 83 anni di Corato in provincia di Bari, e Felicino, 98 anni di Arbus, in Sardegna. Quotidiani, settimanali e media online si sono affrettati a elargire suggerimenti a nonni e nipoti, arrivando a parlare di un possibile “doping” capace di migliorare la prestazione degli studenti.

Ecco, dottore: cosa c’è di vero in questi consigli per migliorare la prestazione degli studenti agli esami?

Esiste un doping per andare meglio agli esamiMi permetta una premessa: quando sentiamo parlare o leggiamo di “doping per gli studenti esaminandi” di solito ci si riferisce alla assunzione di sostanze nootrope. È una parola che viene dal greco e che vuole significare qualcosa che è in grado di mutare (tropein) la mente (noos). A questo proposito è indispensabile una precisazione: queste sostanze possono trovarsi sia in medicinali per i quali è necessaria una prescrizione medica, sia in integratori che possono essere liberamente acquistati. Ovviamente, in dosi e formulazioni differenti.

All’interno di questa classe di farmaci – con il termine “classe” si indica una categoria omogenea di medicinali – troviamo prodotti con caratteristiche diverse, che sono accomunati dall’essere accostati al trattamento di disturbi neurologici o psichiatrici.

Il piracetam è uno di questi ed è tra i primi medicinali a essere stato utilizzato per la demenza senile. Analizzato dai ricercatori della Cochrane – un’organizzazione internazionale che si dedica a sintetizzare i risultati della ricerca clinica – piracetam non ha mostrato effetti convincenti nel trattamento della malattia di Alzheimer anche perché gli studi con i quali è stato messo alla prova erano di livello metodologicamente modesto e assai disomogenei tra loro, al punto che in generale il farmaco non ha dato risultati migliori del placebo [1].

Piracetam – come altre sostanze a esso molto simili – è presente anche in diversi integratori, spesso incautamente presentati come “le pillole per diventare intelligenti”: sarebbe bello, ma non è così.

Eppure mi sembra di aver visto un film che raccontava tutt’altro…

Forse si riferisce a Limitless, film di alcuni anni fa. Una storia nata dalla fantasia di un bravo romanziere e di un altrettanto capace sceneggiatore. Una finzione, insomma. Ma quello che invece non è affatto un’invenzione è l’industria che c’è dietro la produzione e il commercio di queste sostanze. Il mercato globale delle sostanze nootrope nel 2017 valeva un milione e 324 mila dollari e ci si aspetta che raggiunga quasi i 6 milioni nel 2024 [2].

L’uso di “smart drugs” (che in inglese suona come “farmaci furbi”…) è in aumento anche in Europa: da un sondaggio citato da una rivista qualificata del gruppo Nature sembrerebbe che il 14% delle persone intervistate abbia fatto ricorso a una di queste sostanze nei dodici mesi precedenti [3].

Da cosa dipende un uso così diffuso di “smart drugs”?

Esiste un doping per andare meglio agli esamiC’è chi ha il sospetto che l’aumento delle persone che usano sostanze stimolanti dipenda anche dalla crescita del numero di diagnosi di disturbo da deficit di attenzione e iperattività, che in inglese si dice Attention Deficit Hyperactivity Disorder e si abbrevia con l’acronimo ADHD.

Negli Stati Uniti, l’11% dei bambini e dei ragazzi ha ricevuto una diagnosi di ADHD. Uno su dieci: un numero impressionante. E più della metà di loro è in cura con un medicinale [4] che ha l’effetto di calmare lo stato di agitazione e di favorire di conseguenza una maggiore capacità di concentrazione. La diffusione di questi farmaci all’interno delle famiglie e l’azione del marketing industriale hanno l’effetto di espandere il bacino dei potenziali utenti, andando ampiamente oltre le ragionevoli esigenze della popolazione.

È un fenomeno allarmante che riguarda anche altri ambiti della nostra salute e di solito è definito col termine sovratrattamento, conseguenza diretta di una sovradiagnosi, che si concretizza quando – a una persona sana o nella quale un disturbo o una malattia non sarebbe destinata a manifestarsi – viene diagnosticata proprio quella stessa patologia. In parole povere, si “crea” un malato laddove non c’è.

Restando alla cura di bambini e adolescenti, uno degli aspetti ancora controversi riguarda la capacità di questi medicinali per l’ADHD di garantire un effetto prolungato. Mentre invece diverse ricerche concordano nel dimostrare che i bambini e i ragazzi che ottengono risultati migliori sono quelli che appartengono a famiglie più benestanti e vivono in contesti sociali meno esposti al disagio [5]. Se potessi rispondere in modo provocatorio alla sua domanda riguardo il “doping” utile a superare gli esami, direi allora che sì, il doping esiste ed è il conto in banca dei genitori: più è alta la cifra e maggiori sono le probabilità – beninteso, sui grandi numeri – che il maturando disponga delle migliori condizioni per studiare, sia in termini ambientali, sia riguardo all’accesso alle fonti di conoscenza.

Tornando alla sua domanda, va detto che la pubblicità – che anche i media continuano a garantire a pillole e a integratori – di sicuro contribuisce alla loro popolarità. Nonostante l’efficacia non confermata dalle ricerche più serie.

Se i farmaci non funzionano, per prepararci meglio a questi esami possiamo almeno ricorrere a integratori e vitamine?

Esiste un doping per andare meglio agli esamiAnche in questo caso, la pressione della pubblicità industriale è molto forte. Esistono anche parecchi studi. Molti di questi sono stati valutati dal gruppo della Cochrane che si interessa di demenze. Leggiamo a quali conclusioni sono arrivati: “Non abbiamo trovato prove che qualsivoglia strategia di integrazione con vitamine o minerali negli adulti che abbiano una normale capacità cognitiva abbia un effetto significativo sul declino cognitivo o sulla demenza, sebbene le prove non consentano conclusioni definitive” [6].

Da cosa dipende la provvisorietà delle informazioni?

Innanzi tutto, la maggior parte di queste ricerche è stata condotta su persone anziane. Sane, ma avanti con gli anni, e quindi non possono essere considerate utili se l’oggetto della nostra attenzione è rappresentato dai giovani studenti. Inoltre, gli studi tendevano a essere troppo brevi per valutare il mantenimento della funzione cognitiva.

Qualche beneficio sembra possa venire dalla supplementazione a lungo termine con vitamine antiossidanti. Ma di sicuro non è una strategia che potremmo ritenere adatta per uno studente che cerca un bel voto a un esame.

Ancora una domanda: e se ad aiutare studentesse e studenti per gli esami fosse una bella macchinetta di caffè?

Esiste un doping per andare meglio agli esamiCertamente in questo caso i rischi sarebbero inferiori. Soprattutto per il portafoglio. Se consultiamo uno strumento affidabile e completo come UpToDate abbiamo conferma che il caffè e il tè con caffeina sono gli stimolanti più consumati e socialmente accettati nel mondo [7].

“Circa il 90% di tutti gli adulti nel mondo consuma caffeina quotidianamente. Nelle loro forme naturali, caffè e tè contengono numerosi componenti chimici che hanno effetti sulla salute, benefici e non. La maggior parte dei dati sui benefici per la salute e sui rischi della caffeina” proseguono gli esperti di UpToDate “deriva da studi osservazionali in cui il consumo di bevande e alimenti è auto-riferito dalle persone coinvolte nelle ricerche. Per questa ragione è difficile identificare la caffeina stessa come agente causale ed escludere i fattori di confondimento”. Torniamo dunque ad un problema già segnalato in altre pagine di Dottore, ma è vero che…? (ad esempio nella scheda “Mangiare cioccolato fa bene alla salute?”), quello dei cosiddetti “fattori di confondimento” che nient’altro sono che imperfezioni nella metodologia della ricerca che possono causare distorsioni nei risultati.

“Sulla base dei dati disponibili” conclude UpToDatenon vi sono prove sufficienti per promuovere o scoraggiare il consumo regolare di caffè e/o tè. La caffeina ha molteplici effetti sistemici sui sistemi neuropsichiatrici, cardiovascolari, endocrini e gastrointestinali. L’impatto sulla salute può essere modificato da fattori genetici, età, sesso, farmaci e altre esposizioni ambientali.”

Meglio una tazzina di caffè di un integratore psicostimolante. Ma ancor di più, meglio una dieta bilanciata e un adeguato riposo notturno. E in bocca al lupo per gli esami da tutta la redazione di Dottore, ma è vero che…?.

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Autore Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Rebecca De Fiore ha conseguito un master in Giornalismo presso la Scuola Holden di Torino. Dal 2017 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per riviste online e cartacee di informazione scientifica. Fa parte della redazione del progetto Forward sull’innovazione in sanità e collabora ad alcuni dei progetti istituzionali con il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
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