Quando, nei primi mesi del 2020, gli italiani si sono ritrovati chiusi in casa per il lockdown, l’hanno fatto a modo loro. Sui social network gli aggiornamenti riguardanti l’andamento dell’epidemia di Covid-19 erano intramezzati da immagini di pagnotte appena sfornate, torte fumanti, pizze e manine tuffate per la prima volta in una ciotola di farina. Dopo le mascherine e i ventilatori, uno dei prodotti più difficili da trovare era il lievito. Ma le restrizioni imposte in quel periodo per limitare l’emergenza causata da Covid-19 potrebbero non aver influenzato solo il nostro rapporto con il cibo: diversi studi hanno infatti messo in evidenza un aumento del consumo di alcolici, soprattutto in alcune specifiche categorie. Un fattore, questo, che deve essere preso seriamente in considerazione alla luce dei noti effetti negativi dell’alcol sulla salute.
Durante l’epidemia di Covid-19 il consumo di alcolici è aumentato?
Pare proprio di sì. Già a metà dell’anno scorso una ricerca di mercato aveva messo in evidenza un aumento delle vendite di alcolici negli Stati Uniti a partire dal primo lockdown, con un picco del +262% rispetto all’anno precedente nell’ultima settimana di marzo del 2020 [1]. In seguito, un sondaggio pubblicato su JAMA Network Open aveva dimostrato come a questo aumento fosse corrisposto anche un maggior consumo di alcolici rispetto al periodo pre-pandemico [2]. Un’evidenza, questa, emersa anche in altre analisi realizzate in più parti del mondo [3,4,5].
Ma cosa dicono i dati italiani? Il 14 maggio scorso sono stati presentati, in occasione dell’Alcol Prevention Day 2021, quelli raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità circa il consumo di alcolici nel nostro Paese, con un focus sul periodo compreso tra marzo e dicembre 2020, quindi in concomitanza con l’inizio della pandemia da Covid-19. Dall’indagine relativa alla popolazione adulta (età compresa tra 18 e 64 anni) è emerso che il 57% dei partecipanti aveva consumato alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista, mentre il 17% lo aveva fatto in modo pericoloso per la salute: il 3% aveva superato le dosi di consumo medio giornaliero indicate nelle linee guida internazionali, il 19% aveva consumato alcol prevalentemente fuori pasto e l’8% risultava associato a episodi di binge drinking (in italiano “abboffata di alcolici”: indica l’assunzione di un numero elevato di bevande alcoliche in un arco di tempo ristretto) [6].
Per quanto riguarda la popolazione anziana (ultra 65enni), invece, i dati hanno messo in evidenza come il 45% degli intervistati consumasse alcol, con il 21% che lo faceva in modo “rischioso” per la salute. Tra marzo e dicembre 2020 si è poi registrato in questa popolazione un aumento del 6% della quota di persone che aveva riferito di consumare alcol (39% tra marzo e dicembre del 2019 e 45% tra marzo e dicembre del 2020). Un aumento, questo, che sembra essere associabile a un maggiore consumo moderato (non “a rischio”) tra le donne.
Dottore, perché da quando c’è la pandemia di Covid-19 si bevono più alcolici?
L’aumento del consumo di alcol è una conseguenza che si verifica spesso in seguito a una crisi o un evento traumatico [7]. Alcune caratteristiche delle misure prese per far fronte all’emergenza Covid-19, poi, costituiscono fattori di rischio aggiuntivi: l’isolamento sociale, la noia, i cambiamenti nella propria routine, la minaccia continua per la salute e altri ancora. Altri motivi per cui le persone bevono durante una crisi includono poi l’effetto inibitore dell’alcol sul sistema nervoso, il quale può associarsi a un sollievo temporaneo da ansia, depressione, rabbia, disturbi del sonno e da stress post-traumatico [8]. Uno studio condotto su 754 adulti statunitensi, ad esempio, ha messo in evidenza come l’aumento del consumo di alcolici registrato durante la pandemia di Covid-19 fosse associato, in quel campione di studio, soprattutto al disagio psicologico causato dall’emergenza e non alla paura del virus [9].
Uno studio italiano ha poi suggerito che le variazioni nei tassi di consumo di alcol potrebbero essere in parte legate anche a cambiamenti nel consumo delle sostanze stupefacenti in genere. I risultati hanno messo in evidenza, ad esempio, un aumento significativo dell’uso di alcol tra i consumatori abituali di cocaina e cannabis, il cui utilizzo è invece diminuito durante il primo lockdown. È interessante notare, infine, che a differenza dei consumi di altre sostanze analizzate nello studio (eroina, cocaina, MDMA e cannabis), ritornati ai livelli pre-lockdown al termine delle restrizioni, quelli di alcol si sono poi stabilizzati a un livello più elevato di quello pre-pandemico [10].
È un problema di cui ci dovremmo preoccupare?
Il consumo di alcol è associato a più di duecento diverse patologie ed è spesso causa di lesioni e traumi legati a incidenti stradali, aggressioni ed episodi di violenza domestica. Come sottolineato nel rapporto 2018 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla relazione tra alcol e salute, il consumo di alcolici è stato responsabile nel 2016 di circa 3 milioni di morti a livello mondiale, incidendo sulla mortalità globale più di diabete, tubercolosi, HIV/AIDS, ipertensione, incidenti stradali e violenza [11].
Quindi sì, quello dell’aumento del consumo di alcol è un problema rilevante per la nostra salute, specie in un Paese come l’Italia in cui la situazione era preoccupante anche prima della pandemia. Come emerso dall’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità su “Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni”, infatti, già prima dell’emergenza Covid-19 si contavano in Italia circa otto milioni e mezzo di consumatori a rischio, tra cui oltre quattro milioni di binge drinkers e 600.000 consumatori con probabile dipendenza da alcol [12].
“Malgrado tali dati drammatici si continua a considerare l’alcol come un problema minore e ci si concentra sulla dipendenza da alcol che, in realtà, non rappresenta il vero problema di salute pubblica”, ha recentemente commentato Benedetto Saraceno, Segretario Generale del Lisbon Institute of Global Mental Health, in un articolo sul tema pubblicato da Salute Internazionale [13]. “Il vero problema invece dipende dall’intossicazione acuta da alcol (consumo concentrato in un tempo limitato da persone che non sono dipendenti, come è il caso del consumo in acuto da parte di adolescenti e giovani) e dalla tossicità cronica, ossia la silenziosa e progressiva lesione di organi vitali dovuta a protratto consumo di alcol anche se in dosi moderate”.
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