Chi soffre di malattie autoimmuni o allergiche non dovrebbe vaccinarsi?

17 Gennaio 2020 di Roberta Villa

Da dove nasce questa idea?

Le allergie sono condizioni in cui il sistema immunitario reagisce in maniera eccessiva o anomala a un agente esterno che di per sé sarebbe innocuo. Sono su base allergica l’orticaria e la dermatite atopica, il raffreddore da fieno e alcune forme di asma, le allergie alimentari e, nei casi più gravi, le reazioni anafilattiche.
Le malattie autoimmuni sono invece situazioni patologiche in cui le difese che l’organismo normalmente mette in campo contro aggressioni esterne attaccano organi o tessuti, con conseguenze molto diverse a seconda del bersaglio colpito: si va dalle glomerulonefriti renali al diabete di tipo 1, dall’artrite reumatoide alle malattie infiammatorie intestinali o alla sclerosi multipla, ma se ne potrebbero elencare molte altre.
Ogni vaccinazione, simulando il contatto con il batterio o il virus responsabile di una malattia, stimola il sistema immunitario a reagire, attivarsi e preparare una risposta per quando l’organismo dovesse reincontrare lo stesso germe [1]. In passato si è quindi avanzato il timore che questa stimolazione potesse favorire e aggravare le risposte patologiche di chi già soffre di allergie [2] o malattie autoimmuni [3].

Malattie autoimmuni o allergiche e vaccini: che cosa c’è di vero?

Le vaccinazioni, così come la somministrazione di qualunque farmaco, il contatto con moltissime sostanze o l’assunzione di alcuni alimenti, possono scatenare in pazienti predisposti reazioni allergiche acute di tipo anafilattico. Si tratta di casi rarissimi (nell’ordine di uno ogni milione di vaccinazioni) e del tutto imprevedibili con i test di cui disponiamo, a cui il personale dei centri vaccinali è preparato a rispondere con prontezza. In genere, quindi non vi sono conseguenze, ma chi ha subito una reazione immediata e grave di tipo anafilattico a un vaccino, è opportuno che non sia sottoposto di nuovo a vaccinazioni che contengano le stesse componenti [4]. Anche nel caso di grave allergia al lattice è bene evitare vaccini confezionati con tappi o stantuffi delle siringhe che siano, appunto, a base di lattice naturale.

Se invece il bambino, o l’adulto, da vaccinare, ha avuto in passato una reazione meno grave, o solo locale, ciò non rappresenta una controindicazione né nei confronti di ulteriori dosi, eventualmente necessarie, dello stesso vaccino, né di altri che contengano le stesse componenti.

Anche soffrire di altre allergie, per esempio ai pollini o ad alcuni alimenti, non rappresenta una controindicazione alla vaccinazione. Nel caso di pregresse reazioni gravi, si consiglia però di prolungare a 60 minuti il tempo di osservazione successivo alla vaccinazione, in cui occorre restare a disposizione in modo che il personale possa intervenire prontamente in caso di necessità.

Un caso a parte è quello dell’allergia alle uova, dal momento che queste sono utilizzate nella produzione di alcuni vaccini. Se un paziente ha una storia di reazioni gravi alle uova, è bene evitare vaccini particolari, come quello contro la febbre gialla o l’encefalite da zecche. Talvolta però il rischio di contrarre la febbre gialla può superare il rischio di una reazione anafilattica al vaccino, per esempio nel caso di un viaggiatore in partenza per un’area dove è in corso un’epidemia di febbre gialla. In tal caso la vaccinazione va somministrata in ambiente protetto, previa consulenza e test allergologici.

In generale, in questi casi è bene consultare un allergologo.

Le preoccupazioni che riguardavano vaccinazioni più comuni, come quella antinfluenzale o contro morbillo, parotite e rosolia, si sono invece rivelate infondate, dal momento che le tracce di proteine dell’uovo contenute in questi vaccini non sono sufficienti a scatenare una reazione.

Bambini o adulti che soffrono di malattie croniche su base allergica, dall’asma alla dermatite atopica, invece, si possono vaccinare senza rischi aggiuntivi [5,6]. Anzi, l’asma rappresenta una forte indicazione a sottoporsi anche all’antinfluenzale, per ridurre il rischio di complicazioni [7].

Lo stesso vale per i portatori di malattie croniche su base autoimmune come il diabete di tipo 1, e per chiunque abbia in famiglia casi di allergia o diabete. Nessuna di queste situazioni rappresenta una controindicazione assoluta, che si tratti di adulti [8] o bambini [9].

Per prudenza si consiglia invece in genere di evitare la vaccinazione antinfluenzale in persone che abbiano avuto una paralisi di Guillain Barré, una condizione transitoria su base autoimmune, entro 6 settimane da una precedente dose di vaccino (vedi la scheda “Dottore ma è vero che i vaccini indeboliscono il sistema immunitario?”). Se la sindrome è invece insorta indipendentemente dalla vaccinazione, la Guida alle controindicazioni alle vaccinazioni dell’Istituto Superiore di Sanità suggerisce, se occorre, di praticarla comunque, sostenendo che “i vantaggi della vaccinazione antinfluenzale giustificano la somministrazione del vaccino annuale nei soggetti con storia di paralisi di Guillain Barré non correlata a una precedente dose, quando ad alto rischio di complicanze gravi dalla malattia”.

In caso di altre malattie su base autoimmunitaria è consigliabile consultarsi con il proprio medico curante, soprattutto in riferimento alle terapie in corso, ma non esistono controindicazioni assolute. È stato infatti dimostrato che la somministrazione di vaccini in soggetti affetti da malattia autoimmune non provoca peggioramento della malattia di base [10,11]. Anzi, le persone con malattie come il lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide e la sclerosi multipla sono a maggior rischio di infezioni rispetto alla popolazione generale, per cui possono trarre anche maggiori benefici dalle vaccinazioni. Per sicurezza, si preferisce comunque somministrarle al di fuori della fase acuta della malattia [12].

Il medico valuterà inoltre caso per caso l’opportunità di somministrare vaccini a virus vivi e attenuati (come quello contro morbillo, parotite e rosolia) a pazienti in terapia con farmaci che deprimono le difese dell’organismo (come cortisonici o immunomodulanti), trattamenti che spesso appunto sono prescritti a pazienti con malattie autoimmuni.

Alcuni di questi farmaci immunosoppressori usati per il trattamento di malattie autoimmuni o reumatiche possono anche attraversare la barriera placentare o passare al bambino con il latte materno. In questi rarissimi casi il piccolo può avere un transitorio calo delle difese che può rendere meno efficaci i vaccini in generale, o sconsigliati quelli a virus vivi.

Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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