Bere bevande calde protegge dal coronavirus (SARS-Cov-2)?

6 Marzo 2020 di Roberta Villa

Da dove viene quest’idea sulle bevande calde?

“Consumate spesso durante il giorno bevande calde come tè, tisane e brodo, o semplicemente acqua calda: i liquidi caldi neutralizzano il virus e non è difficile berli. Evitate di bere acqua ghiacciata o di mangiare cubetti di ghiaccio o la neve per chi si trova in montagna (bambini)! Per chi può farlo, esponetevi al sole!”: questo consiglio, insieme ad alcune informazioni corrette, è contenuto in un messaggio che sta girando sui social network e soprattutto su Whatsapp. Il testo è attribuito a un “giovane ricercatore che da Shenzhen è stato trasferito a Wuhan per collaborare con la task force che sta combattendo contro l’epidemia da coronavirus”.

Perché ci crediamo?

Il messaggio purtroppo è stato diffuso da un’associazione ritenuta affidabile e sottoscritta dalla sua presidente, che è un medico. Questo ha reso credibile il suo contenuto, traendo in inganno moltissime persone che lo hanno condiviso in buona fede. Il fatto che le informazioni scorrette siano mescolate ad altre che ricalcano le raccomandazioni delle autorità sanitarie internazionali, contribuisce ad aumentare la confusione. Inoltre, nel testo si sottolinea come la misura non sia difficile da seguire. In una situazione difficile, e in mezzo a tante notizie contrastanti, si accoglie volentieri una raccomandazione facile da mettere in pratica, come bere bevande calde.
Il consiglio era anche ammantato di una spiegazione scientifica: “Il virus non resiste al calore e muore se esposto a temperature di 26-27 gradi centigradi”. A parte che a questa temperatura una bevanda è appena tiepida, l’organismo già di suo ha in media una temperatura molto superiore (circa 37 gradi centigradi) che, evidentemente, è favorevole alla crescita del virus. Nemmeno una bevanda bollente potrebbe comunque modificare la temperatura dell’organismo. Inoltre non è plausibile che attraversando l’apparato digerente sia in grado di influire sulla temperatura misurabile a livello polmonare, dove il virus prolifera.
Altrettanto facile da eseguire, e giustificata in maniera credibile, è l’altra indicazione che viene dal testo condiviso: “Potete fare gargarismi con una soluzione disinfettante che elimina o minimizza la quota di virus che potrebbe entrare nella vostra gola: lo eliminate prima che scenda nella trachea e poi nei polmoni”. Anche questa una affermazione priva di qualunque evidenza scientifica.

Perché è pericoloso?

Raccomandazioni come queste possano sembrare del tutto innocue. Anzi, si potrebbe credere che, anche se non di provata efficacia, potrebbero comunque contribuire a combattere il virus. Meglio poco che niente.
Non è così. In una emergenza sono pochi i messaggi che si riescono a recepire e mettere in pratica. Maggiore è la confusione informativa, più cresce il rischio che, tra tante indicazioni, si decida di mettere in pratica solo quelle che ci aggradano di più. Per esempio, qualcuno potrebbe pensare che non serve lavarsi bene le mani se ha appena bevuto un tè caldo, o che può avvicinarsi in sicurezza a una persona malata se poi fa un gargarismo con un collutorio. Quando invece non è così.
I consigli che davvero possono aiutare a proteggere sé stessi e gli altri sono quelli elencati nel decalogo distribuito dal Ministero della Salute [1]. Se già mettessimo in pratica questi, senza cercarne altri, più o meno fantasiosi, il nostro rischio di ammalarci calerebbe e la lotta contro il virus ne trarrebbe grandissimo vantaggio.

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Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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