Caspita, che domande. In effetti il sito di informazione della FNOMCeO sta riscuotendo molto successo e un grande interesse, ma non pensavo di dover rispondere anche a una domanda del genere. Ad ogni modo, devo confessare di non vedere Babbo Natale da un pezzo – direi quasi… un anno, giorno più, giorno meno – e per questo il mio parere potrebbe non essere molto aggiornato. Di sicuro la salute di quel pover’uomo è molto condizionata da una serie di fattori di rischio legati al suo originalissimo mestiere: in pratica, mesi di grande tranquillità seguiti da un tour de force che metterebbe alla prova anche lo sportivo più allenato. E non mi sembra che Babbo Natale appartenga a questa categoria…
Perché dice così?
Perché un paio di anni fa il povero Babbo Natale mi è rimasto incastrato nel camino: sapevo che prima o poi sarebbe potuto accadere. In quell’occasione, giusto per curiosità, gli ho misurato il girovita, raccogliendo il suggerimento arrivato dai risultati di uno studio dell’Istituto di medicina dello sport dell’università di Leeds [1]. Ebbene, la sua circonferenza addominale tra il limite inferiore della gabbia toracica e l’ombelico era di 110 centimetri. Una misura assolutamente sproporzionata rispetto alla sua altezza, che mi pare non sia superiore a 1 metro e 75. Vero è, a ogni modo, che tra il 1998 e il 2008 anche negli anziani la circonferenza alla vita è aumentata, al punto che, se la tendenza fosse confermata, in un secolo il girovita della popolazione nella terza età crescerebbe tra i 5 e i 10 centimetri [2]. Resta il fatto che andando oltre gli 80-90 centimetri il pericolo di avere problemi cardiaci o di altra natura diventa elevato. Insomma, se volesse ridurre il proprio rischio cardiovascolare Papà Natale dovrebbe dimagrire.
Che consiglio gli darebbe?
Di certo non gli consiglierei di iniziare a seguire una dieta drastica, ma di preferire un regime alimentare più controllato accompagnato da attività fisica regolare: una camminata di mezz’ora al giorno a passo svelto, per oltre undici mesi all’anno. Altrimenti è sicuro che i chili eventualmente persi con una “dieta ferrea” tornerebbero ad accumularsi nel suo corpo non appena la interrompesse. Poi gli raccomanderei di evitare di cedere alla tentazione di ingurgitare tutte quelle leccornie che i bambini gli offrono come benvenuto la notte del 24 dicembre. Se ha fame, mangiasse piuttosto qualcuna di quelle carotine che le famiglie lasciano per le renne che tirano la slitta…
Almeno, andare in slitta è sicuro?
Altro tasto dolente: sotto il berretto rosso Babbo Natale dovrebbe perlomeno indossare un casco. Gli incidenti in slitta sono molto più numerosi di quanto si possa pensare: questo, almeno, è quello che ci dicono degli studi condotti in Alto Adige [3] e in Scozia [4]. Senza contare che alla vigilia di Natale le consegne vengono effettuate di notte, e non mi pare che la slitta abbia i fari. Due autori canadesi hanno anche sottolineato come Papà Natale sia un po’ troppo disinvolto e si metta per ore o giorni alla guida di un mezzo così complesso come la slitta volante senza fare affidamento su un co-pilota [5].
Però, avere una slitta ha anche qualche lato positivo. Degli studi osservazionali indicano un’associazione positiva tra il possedere degli animali da compagnia e benefici per la salute, tra cui miglioramenti della funzione cardiovascolare e una riduzione del sentimento di solitudine. Risultati confermati da altri studi sperimentali che suggeriscono che avere – o comunque interagire – con un animale può essere correlato a un maggiore benessere [6]. E questo è molto importante per una persona come Babbo Natale: la pressione su di lui ogni anno dev’essere terribile. Nell’imminenza delle feste, l’attraversamento di 24 zone orarie in 36 ore continuative di lavoro significa anche lavorare senza pause per diversi giorni e lo stress è un fattore di rischio conosciuto che può causare molti problemi di salute [5].
Non dimentichiamo, infine, che Babbo Natale – come molte altre persone che vivono a latitudini molto alte, vicino al Polo – soffrono talvolta di disturbi dell’umore, al punto che è stato addirittura “codificato” il disordine affettivo stagionale: uno stato malinconico o depressivo associato alla minore esposizione alla luce naturale [7]. Il Natale capita proprio quando nell’emisfero boreale – quindi dalle nostre parti – le giornate sono più corte.
Tornando alla dieta, sul tavolo o vicino alla finestra, qualcuno lascia anche qualcosina da bere…
Infatti. In Inghilterra c’è la tradizione di lasciare dei bicchierini di sherry, che ha una gradazione generalmente maggiore del vino rosso che attende il Babbo Natale in Italia. Un sorso anche solo nella metà delle case visitate in quella fatidica notte e si configura il più clamoroso dei casi di binge drinking, una sorta di alcolismo compulsivo che renderebbe necessario un trattamento d’urgenza. Alcuni considerano tollerabile l’assunzione giornaliera di una quantità “moderata” di alcol: considerato che Babbo Natale è un po’ anzianotto (dal momento che dovrebbe avere più o meno un trecento anni, datando la tradizione dalla metà del 1700), dovrebbe limitarsi a una unità alcolica – vale a dire a 12 grammi di etanolo – che corrisponde a un bicchiere piccolo di vino (125 ml) o a un sorso di un super alcolico. Ma a questo proposito sono d’accordo col mio collega Salvo Di Grazia: “Non esiste il bere moderato. Chi beve danneggia la sua salute e, indirettamente, quella degli altri”. Non dimentichiamoci infatti che Papà Natale, alla sua età, deve anche guidare una slitta, di notte e al buio…
Va be’, ma la slitta di fatto la guidano le renne e, ormai, andranno a memoria…
Andranno pure a memoria, ma resta il fatto che la salute di Babbo Natale dovrebbe preoccuparci. Obeso, bevitore, sedentario, è molto probabile che soffra anche di gotta, una dolorosa malattia infiammatoria acuta frequente nei maschi in sovrappeso, che spesso si presenta dopo pasti abbondanti e ricche bevute. Chissà che dolore, poi, in caso di un attacco di gotta, con quegli stivaloni. Attenzione, poi, alla trombosi venosa profonda, ma sono sicuro che Babbo Natale si sarà fatto regalare – magari dalla Befana – delle calze elastiche a compressione, quelle che aiutano a prevenire la formazione di coaguli di sangue nelle gambe e nel bacino di persone che si muovono relativamente poco per un tempo prolungato [8]. Il coagulo può rimanere nella gamba e causare problemi di gonfiore, ma può anche staccarsi e viaggiare fino ai polmoni e causare occasionalmente la morte. Ecco: le calze a compressione graduata sono un esempio di un “intervento sanitario” efficace, al punto che potremmo quasi evitare di studiarne ancora gli effetti. Una rete internazionale di ricercatori – la Cochrane – ha selezionato e valutato tutte le ricerche disponibili e pubblicate, concludendo che indossarle è una buona misura preventiva per diverse malattie circolatorie.
Che dire del rischio di raffreddore e influenza, andando in giro di notte sulla slitta?
Babbo Natale rischierebbe davvero grosso se dovesse consegnare di persona tutti i pacchetti che porta in giro per il mondo: il pericolo di contagio sarebbe enorme (anche se, a dire il vero, lo vediamo sempre indossare dei guanti neri, che indubbiamente possono servire da protezione). Pericolo di contagio per lui ma anche per gli altri: chi vola (e Babbo Natale vola eccome) può essere il vettore ideale di virus vecchi e nuovi, da un Paese e da un continente all’altro [9]. E proprio come piloti e assistenti di volo devono conoscere e seguire le linee-guida internazionali in merito alla protezione e alla prevenzione di patologie infettive emergenti e potenziali pandemie, anche Babbo Natale deve essere prudente. Infatti, essendo per età e acciacchi in una categoria a rischio, si vaccina. Non che sia una garanzia, intendiamoci: devono essere vaccinate 70 persone adulte per prevenire un caso di “vera” influenza. Se invece parliamo di raffreddore, le persone vaccinate dovranno essere circa 30 per prevenire una sindrome influenzale [10].
Pensandoci bene, Babbo Natale è un personaggio talmente amato e famoso che potrebbe sfruttare la propria popolarità per trasmettere qualche messaggio utile alla salute, no?
Certamente sì, anche se come ha spiegato il pediatra americano Paul Offit in un bel libro e in un’intervista a un progetto italiano [11] è sempre un po’ pericoloso ascoltare i consigli delle “celebrità” sulla salute e sulla cura. Negli anni Cinquanta, Santa Klaus era testimonial di sigarette, fino a quando qualcuno trovò sconveniente questa associazione [12]. Poi, iniziò a promuovere una famosa bibita gassata zuccherata: anche questo non proprio un consiglio da seguire [13]. E se qualche istituzione decidesse di sfruttare la popolarità di Babbo Natale per promuovere salute?
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