Per rispondere a una domanda così delicata chiediamo aiuto a Mauro Destino, specialista in Scienza dell’alimentazione, e a Federico Marolla, pediatra di famiglia che svolge attività di formazione all’interno dell’Associazione culturale pediatri. In sintesi, che il cibo industriale che si acquista al supermercato sia migliore per i nostri figli è un luogo comune.
Perché sarebbe un luogo comune?
Per accorgersene basta ascoltare i telegiornali o leggere i quotidiani: periodicamente, nonostante i controlli siano accurati e capillari, sappiamo di sequestri o anomalie. “Un recente studio italiano ha riscontrato nel 27% dei campioni di omogeneizzati di carne una micotossina tossica con effetti ormonali (simil-estrogenici), lo zearalenone, prodotta da muffe presenti nelle granaglie usate per l’alimentazione degli animali” [1].
D’accordo, ma quali certezze abbiamo riguardo al cibo acquistato al mercato?
“Non è detto che il cibo che compriamo al mercato o al dettaglio sia sempre il più sano, ma abbiamo almeno la possibilità di controllare noi stessi cosa andiamo a comprare e, oggi sempre più facilmente, qual è il luogo di produzione; come è avvenuta la coltivazione o l’allevamento, come la raccolta e la lavorazione, quale la certificazione di controllo.”
Cosa sappiamo della sicurezza dei cibi che diamo ai nostri bambini, rispetto all’inquinamento ambientale?
Anche di questo, Destino e Marolla hanno parlato in un libro da loro curato [2]. “Non è sbagliato chiedersi se, per produrre e distribuire il cibo che diamo ai nostri figli, l’industria abbia determinato un livello di inquinamento ambientale – in termini di materie prime consumate, petrolio bruciato, rilascio di sostanze tossiche nell’ambiente, accumulo di rifiuti non riciclabili – che possa ripercuotersi sugli stessi nostri figli. Siamo infatti oramai tutti consapevoli che i processi industriali debbano assolutamente tendere all’impatto zero, sia in termini di sfruttamento delle risorse ambientali che di rilascio nell’ambiente di sostanze tossiche durante tutto il processo di lavorazione e di smaltimento; non è accettabile che, mentre diamo ai nostri figli cibi lavorati, conservati e controllati, contemporaneamente favoriamo un peggioramento dell’ambiente in cui dovranno vivere loro con i loro figli.
Una produzione che tenda al chilometro zero, all’uso di prodotti non tossici per le colture e per il bestiame e alla sostenibilità ambientale deve essere valutata nella scelta del cibo da parte del genitore consumatore.”
Quindi?
“Meglio andare al mercato o al supermercato, scegliere bene frutta, verdura, cereali, legumi, pesce, carne, uova e quello che volete voi, leggendo le etichette dei prodotti o chiedendone la provenienza, e se il cibo bio ci darà le giuste garanzie sarà sicuramente da preferire. Dobbiamo essere consapevoli che il nostro stile di consumo è in grado di indurre dei cambiamenti nell’industria che, ovviamente, per poter vendere i propri prodotti, deve venire incontro alle richieste dei consumatori.”
È vero che i bambini sono più vulnerabili?
“Certamente – risponde Giacomo Toffol, medico e animatore del gruppo dei Pediatri per un mondo possibile. [3] “Nei primi anni di vita, a parità di unità di peso i bambini mangiano cinque volte, bevono quattro volte e respirano due volte in più rispetto agli adulti. L’assorbimento è perciò molto maggiore. Ecco perché a nostro parere i limiti e le soglie dei vari inquinanti dovrebbero essere tarati sui bambini e non sugli adulti.”
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