Non è stata una buona notizia: la variante Omicron ha iniziato a diffondersi nell’autunno del 2021 e ha avuto un forte impatto sulla sanità pubblica. Il 28 novembre 2021, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) avvertiva che il rischio di una nuova infezione nelle persone che già avevano superato Covid-19 era maggiore con Omicron rispetto a quanto si era verificato con le altre “Variants of concern” [1]. Un rapporto dell’Imperial College di Londra – uno dei centri di ricerca epidemiologica più autorevoli del mondo – ha valutato che la probabilità di reinfezione con la variante Omicron nelle persone che già sono state ammalate è 5,4 volte maggiore rispetto alla variante Delta. Questi dati sono emersi da uno studio su operatori sanitari: in altri termini, la protezione è diminuita dall’85% nei confronti di Delta al 19% di Omicron [2].
La maggiore diffusione dipende dalla scarsa efficacia contro la variante Omicron dei vaccini disponibili?
Non soltanto. Ma, al di là della maggiore o minore trasmissibilità del virus o della sua capacità di causare forme gravi di Covid-19, la domanda che in tanti ci siamo fatti appena la nuova variante Omicron ha iniziato a circolare riguardava la capacità dei vaccini a disposizione di proteggere dalla malattia. Se non altro, dalle forme più severe. Anche a questo proposito, le prime prese di posizione dell’OMS sono state molto prudenti: “Stiamo lavorando con i partner tecnici per comprendere il potenziale impatto di questa variante sulle nostre contromisure esistenti, compresi i vaccini. I vaccini rimangono fondamentali per ridurre malattie gravi e decessi, anche contro la variante circolante dominante, Delta. I vaccini attuali rimangono efficaci contro malattie gravi e morte” [1].
Una nuova comunicazione dell’11 gennaio 2022 spiegava che “il profilo mutazionale e i dati preliminari indicano che l’efficacia del vaccino è ridotta contro la malattia sintomatica causata dalla variante Omicron, ma è più probabile che sia preservata la protezione contro la malattia grave” [3].
Dopo queste note dell’OMS, ci sono state novità?
Certamente. Alcuni ricercatori della Scuola di sanità pubblica dell’università di Toronto in Canada hanno analizzato i dati provinciali di cittadini vaccinati con almeno due dosi (di cui almeno una di vaccino a mRNa) incrociandoli con quelli di oltre 3.400 casi di persone positive alla variante Omicron e oltre 9.000 positive alla variante Delta. La vaccinazione proteggeva fortemente dalla variante Delta (l’efficacia era addirittura del 93% a sette giorni dal richiamo). Invece, brutte notizie sul fronte della variante Omicron: anche dopo sette giorni dal richiamo la protezione era del 37% [4]. Lo studio non è ancora stato formalmente pubblicato su una rivista che prevede la revisione tra pari ma è stato condiviso dagli autori su una piattaforma aperta di preprint.
Come abbiamo ormai imparato, il modo più utilizzato in questi mesi dai ricercatori per condividere i risultati dei propri studi è il preprint caricato su banche dati aperte. Proprio due di queste pubblicazioni hanno aggiunto altre prove alla convinzione che un richiamo dopo due dosi del vaccino Pfizer-BioNTech sia in grado di aumentare significativamente gli anticorpi che riconoscono non solo il ceppo originale di SARS-CoV-2, ma anche le varianti Delta e Omicron.
Uno è uno studio svolto in Israele [5], il secondo è stato condotto in Australia [6]. Notizie che ci hanno raggiunto nelle stesse settimane in cui altre ricerche proponevano risultati almeno in parte contrastanti. Tra queste, uno studio svolto in laboratorio che sosteneva che la variante Omicron aggirasse la risposta anticorpale molto di più di qualsiasi altra variante tra quelle analizzate dai ricercatori [7].
A conferma della difficoltà di dare risposte definitive e della necessità di continuare a studiare, proprio quest’ultima ricerca ha dato un messaggio positivo riguardo la possibilità che le difese immunitarie sviluppate da chi – oltre al ciclo vaccinale completo – è guarito da Covid-19 siano tali da proteggere anche dalla variante Omicron. E, continuando ad approfondire, non solo aumentano le conoscenze ma si aggiungono anche nuove evidenze sull’utilità della vaccinazione nei confronti della variante Omicron. Dunque, come avevamo detto, vaccinarsi non è affatto inutile.
A cosa si riferisce dottore?
Il 18 gennaio 2022 è stato pubblicato un ulteriore studio sull’argomento [8]. Gli autori – che sono ricercatori delle aziende BioNTech e Pfizer – spiegano che una terza dose del vaccino Pfizer/BioNTech risulta efficace nei confronti della variante Omicron in modo simile a quanto osservato dopo due dosi dello stesso vaccino contro il virus SARS-CoV-2 originario (wildtype o selvaggio). Questa nuova ricerca sembrerebbe dunque confermare i risultati già disponibili che stimano l’efficacia del vaccino da moderata ad alta contro l’infezione sintomatica di omicron, specialmente subito dopo il richiamo.
Gli scienziati, però, temono che le mutazioni in Omicron alterino il virus in modo così significativo che potrebbe essere necessario modificare i vaccini.
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