È molto probabile che SARS-CoV-2 diventerà un virus con cui dovremo imparare a convivere a lungo, anche dopo che la pandemia potrà dirsi conclusa. Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, prima che si diffondesse a livello globale e che l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarasse la pandemia (a questo proposito puoi leggere la nostra scheda “Tutto cambia con la dichiarazione della pandemia?”), si poteva pensare che Covid-19 seguisse il destino della precedente epidemia di SARS del 2003, ovvero che andasse naturalmente a esaurirsi nel tempo e che il virus “scomparisse” in qualche modo da solo. Ben presto questa ipotesi ha perso di consistenza per diverse ragioni e per le caratteristiche stesse del virus [1].
“Il nuovo coronavirus SARS-CoV-2 è meno mortale ma molto più trasmissibile di MERS-CoV o SARS-CoV” spiegava uno studio pubblicato su The Lancet Infectious Diseases nel settembre 2020 [2]. “Il virus è emerso a dicembre 2019 e, a partire dal 29 giugno 2020, sei mesi dopo la prima ondata di pandemia, il conteggio globale si sta rapidamente avvicinando a 10 milioni di casi noti e ha superato i 500.000 decessi [a oggi i casi totali sono quasi 340 milioni e i decessi totali sono poco meno di 5 milioni, ndr]. A causa del suo ampio spettro clinico e dell’alto livello di trasmissibilità, eradicare SARS-CoV-2 come è stato fatto con SARS-CoV nel 2003 non sembra un obiettivo realistico a breve termine”. Questa previsione si è avverata e il diffondersi di nuove varianti più infettive, come la variante Alfa a inizio del 2021 e quella Delta durante l’estate, ha fatto tramontare quasi definitivamente l’ipotesi di una possibile eradicazione.
Dottore, quindi la pandemia non finirà mai?
No, questo non vuol dire che la pandemia non avrà mai fine: semplicemente la fine della pandemia non coinciderà con l’eradicazione del virus, che diventerà endemico. Questa è anche l’opinione espressa dalla maggior parte dei 100 immunologi, virologi ed esperti di malattie infettive coinvolti da Nature in un sondaggio nel gennaio 2021 [3], che concordano con l’ipotesi che, anche quando l’emergenza finirà, il virus continuerà a circolare e a mutare, e che la popolazione umana imparerà a conviverci.
Come spiega infatti Yonatan Grad, docente di immunologia e malattie infettive presso la Harvard School of Public Health di Boston in Massachusetts [4]: “L’aspettativa che Covid-19 diventi endemico significa essenzialmente che la pandemia non finirà con la scomparsa del virus; invece, la visione ottimistica è che un numero sufficiente di persone otterrà una protezione immunitaria dovuta alla vaccinazione o all’infezione naturale in modo tale che diminuiranno la trasmissione, le ospedalizzazioni e i decessi legati a Covid-19, anche se il virus continuerà a circolare”.
Anche questa visione ottimistica tuttavia potrebbe richiedere più tempo del previsto per realizzarsi. L’efficacia dei vaccini oggi a disposizione diminuisce nel tempo, però anche a fronte del presentarsi di nuove varianti i vaccini continuano a offrire una buona protezione dalle forme gravi della malattia, responsabili appunto di ospedalizzazioni e decessi, sebbene non evitino che si contragga il virus e non impediscano di contagiare gli altri (per approfondire, leggi la nostra scheda “Per Covid-19 l’immunità di gregge è vicina?”).
Inoltre, ad allungare la strada dall’uscita della pandemia sono anche le spropositate differenze nella disponibilità e somministrazione dei vaccini nel diversi Paesi del mondo. Stando ai dati diffusi da Bloomberg sono state somministrate più di 5,66 miliardi di dosi di vaccino in tutto il mondo, che corrispondono a circa 2,8 miliardi di persone vaccinate su una popolazione di circa 7,9 miliardi. Inoltre, questa distribuzione è stata tutto tranne che omogenea: la maggior parte dei paesi in Africa ha somministrato dosi di vaccino sufficiente a coprire meno del 5% della propria popolazione. L’India solo il 26% circa [5]. Lo ha confermato anche Bruce Aylward, uno dei ricercatori di punta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ribadendo l’appello a donare le dosi a chi ne ha bisogno: “Posso dirvi che non siamo sulla buona strada, dobbiamo accelerare altrimenti questa pandemia andrà avanti per un anno in più del necessario” [6].
Dottore, qualcosa di simile è già accaduto in passato?
Sì. Proprio esempi passati sono alla base dell’ipotesi che vede questo patogeno diventare endemico. Un esempio citato di frequente è quello della cosiddetta “influenza russa” causata da HCoV43. Questo coronavirus, alla fine dell’Ottocento, ha colpito l’Europa in diverse ondate, provocando oltre 250.000 morti, per poi arrivare anche negli Stati Uniti. Non ha mai raggiunto il livello di pandemia ma ha continuato (e continua) a circolare. Nel corso di un secolo le infezioni sono risultate progressivamente meno gravi, in una popolazione sempre più protetta da questa continua esposizione. Oggi HCoV43, conosciuto anche come OC43, provoca poco più che un raffreddore nella maggior parte delle persone che incontra. È probabile poi che anche gli altri tre coronavirus oggi circolanti e responsabili del raffreddore – HCoV-229E, HCoV-HKU1 eHCoV-NL63 – abbiano avuto un’evoluzione simile.
Quanto ci metterà SARS-CoV-2 a diventare endemico tuttavia non è ancora possibile prevederlo. Questa, come ricorda a STAT [7] Mike Ryan, capo dell’Health Emergencies Program dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è la prima pandemia da coronavirus: le precedenti erano tutte causate da virus dell’influenza e ci sono significative differenze. Per esempio, il tempo di incubazione – il periodo che intercorre tra esposizione al virus e sviluppo della malattia – è maggiore in Covid-19, quindi le persone sono infettive più a lungo e possono contagiare più persone. C’è poi la possibilità che i quattro coronavirus oggi ancora circolanti, incluso OC43, fossero meno aggressivi e quindi SARS-CoV-2 impieghi più tempo prima di diventare meno pericoloso. Infine c’è l’incognita varianti che assume più valore quanto più a lungo si permette al virus di circolare. Quello su cui gli esperti sembrano concordare è che ci vorrà ancora diverso tempo.
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