Esiste un vaccino umano per l’influenza aviaria?

17 Gennaio 2025 di Roberta Villa

Il virus influenzale A(H5N1) è chiamato anche virus dell’influenza aviaria perché, quando è stato isolato, circolava solo tra gli uccelli. Come dicevamo nella scheda “Il virus dell’influenza aviaria provocherà una nuova pandemia?”, già dalla fine del secolo scorso sappiamo però che occasionalmente può infettare gli esseri umani, e che in questo caso può provocare nelle persone una malattia molto grave, ad alta letalità [1].

Tutte le infezioni umane verificatesi finora sono state comunque contratte da animali, e sono state definite quindi come “zoonosi”, tranne pochissime non confermate o di origine sconosciuta. Gli scienziati ritengono tuttavia che basterebbe una sola mutazione per dare origine a una variante contagiosa tra le persone [2]. Se il virus acquisisse la capacità di circolare nella popolazione umana come fa l’influenza stagionale, potrebbe provocare una grave pandemia, dal momento che la stragrande maggioranza dell’umanità non ha mai incontrato un virus influenzale uguale a questo.

La comunità scientifica e le autorità sanitarie considerano da più di vent’anni questa eventualità, per non farsi trovare impreparati, anche studiando come produrre rapidamente, in caso di necessità, vaccini che proteggano l’umanità da questa minaccia.

Dottore, cosa è cambiato negli ultimi anni?

Negli ultimi anni è stato alzato il livello di allarme nei confronti del virus influenzale A(H5N1) dopo che la variante del virus denominata 2.3.4.4b è dilagata dall’Europa alle Americhe, raggiungendo perfino l’Antartide e colpendo moltissime specie [3,4,5,6]. Preoccupa soprattutto che abbia cominciato a infettare sistematicamente molte specie di mammiferi, in particolare gli allevamenti di bovini da latte negli Stati Uniti e molte specie feline, tra cui gatti domestici venuti a contatto con latte crudo infetto [7].

Si sono inoltre registrate dozzine di casi negli esseri umani, per lo più lievi, caratterizzati da una congiuntivite che accompagnava raffreddori o comuni forme influenzali [8,9]. Due episodi gravi fanno eccezione: uno riguarda una tredicenne canadese che si è ripresa dopo settimane di terapia intensiva, mentre l’altro coinvolge un sessantacinquenne della Louisiana, contagiato nel suo pollaio, e successivamente morto a causa del danno polmonare. In entrambi è stata isolata una sottovariante del virus, il genotipo D1.1, prevalente negli uccelli, diversa dal B3.13 che circola tra i bovini: non sappiamo al momento se questo dettaglio abbia qualche correlazione con la diversa manifestazione della malattia [10, 11].

 

Dottore, di che vaccini disponiamo?

Al momento esistono in Occidente quattro vaccini tradizionali prodotti da tre diverse aziende, realizzati contro il virus A(H5N1) isolato nel 2004 in Vietnam. O meglio, esistono per lo più sulla carta, nel senso che la loro immissione in commercio sarebbe già autorizzata dalle agenzie regolatorie, ma solo in caso di pandemia, e dopo che le aziende li avessero aggiornati alla variante circolante. Per questo si parla di vaccini “prepandemici” [12,13].

Un ostacolo importante è rappresentato dalla loro modalità di produzione, che ricalca quella della maggior parte dei vaccini antinfluenzali. Questi sono infatti in genere prodotti a partire da virus coltivati in milioni di uova di gallina, proprio una delle materie prime che rischia di scarseggiare di più nel corso di una pandemia di aviaria, come già si sta verificando nei Paesi in cui gli allevamenti avicoli sono più colpiti. La procedura, poi, richiede tempo e difficilmente riuscirebbe a garantire le dosi necessarie a proteggere miliardi di persone in tempi brevi.

Esiste anche un vaccino coltivato su cellule, che potrebbe aggirare questo limite, ma per il momento non sembra essere in grado di soppiantare gli altri. Infine, la coltura di virus H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) da inattivare o da cui estrarre le componenti necessarie alla realizzazione del vaccino richiederebbe negli impianti misure di biosicurezza perfino maggiori di quelle già in atto per agenti infettivi meno pericolosi.

Alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, possiedono depositi che contengono il materiale necessario a fornire in tempi brevi, in caso di minaccia, centinaia di migliaia di dosi di questo vaccino. Anche queste, tuttavia, devono passare attraverso le fasi finali della lavorazione dette “fill and finish” e ricevere un ultimo via libera delle agenzie prima di essere immessi sul mercato [14].

Dottore, esistono alternative per rispondere più rapidamente?

Quando leggiamo di altri Paesi che si sono procurati centinaia di milioni di dosi di vaccino per proteggersi dall’influenza aviaria non dobbiamo quindi pensare a un prodotto specifico come quello prepandemico specifico contro H5N1, con i vincoli di sicurezza che la sua produzione richiederebbe. Al momento, i vaccini pronti all’uso sono quelli contro il virus H5N8, un altro ceppo di influenza aviaria che in genere non colpisce gli esseri umani. Dal momento che possiedono la componente H5, questi vaccini sono però ritenuti efficaci anche contro l’infezione da H5N1 contratta dagli animali: per questo si parla di “vaccini zoonotici”, perché proteggono dalla zoonosi.

Non possiamo sapere, fino a quando non saranno condotti studi clinici su grandi numeri di persone, se saranno efficaci anche contro un’eventuale pandemia da H5N1. Ma questi studi non possono essere realizzati fino a quando il virus non circolerà appunto tra le persone, e speriamo quindi di non doverlo scoprire mai.

L’Autorità Europea per la Preparazione e la Risposta alle Emergenze Sanitarie (Health Emergency Preparedness and Response Authority, HERA) della Commissione europea a giugno 2024 si è procurata la fornitura di 665.000 dosi di questo vaccino H5N8, prenotandone altri 40 milioni per i prossimi anni. Tra i 15 Paesi europei che hanno aderito a questa richiesta non c’è l’Italia, mentre la Finlandia ha già cominciato a vaccinare 10.000 persone a maggior rischio di esposizione come allevatori, veterinari, personale di laboratorio. Intanto, anche il Regno Unito si è garantito la fornitura di 5 milioni di dosi di questo stesso vaccino [15, 16, 17].

Dottore, quali prospettive ci sono per il futuro?

Nel frattempo, varie aziende che hanno lavorato ai vaccini a mRNA contro Covid-19 stanno cercando di realizzare prodotti analoghi anche contro il virus A(H5N1). Questa tecnologia presenta diversi vantaggi: non dipende da una risorsa limitata come le uova, non prevede la manipolazione di virus vivi pericolosi, consente una produzione più rapida e su maggior scala [18].

Per evitare il ritardo con cui i Paesi a medio e basso reddito hanno avuto accesso ai vaccini nel corso della pandemia da coronavirus, l’Organizzazione mondiale della sanità ha inaugurato negli anni scorsi un programma di trasferimento delle tecnologie a mRNA in Sudafrica e in America Latina [19].

Intanto i ricercatori non si fermano e continuano a inseguire il sogno di un vaccino capace di proteggere da tutti i tipi di virus influenzali, magari anche da somministrare con maggiore facilità tramite uno spray nasale, che crei una barriera immunitaria a livello delle mucose.

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Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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