Le vaccinazioni contro Covid-19 sono iniziate il 13 dicembre 2020 e l’efficacia dei vaccini nel ridurre tasso di infezione e trasmissione, malattia grave e complicazioni fatali è stata dimostrata sul campo, oltre che in laboratorio. Ma se ai vaccini sia possibile attribuire una simile efficacia anche per quanto riguarda il rischio di ridurre l’instaurarsi di long Covid rimane ancora una questione aperta. I dati preliminari di alcune ricerche suggeriscono che i sintomi tipici del long Covid si manifestano meno di frequente nelle persone che al momento di essere contagiate erano già vaccinate e che i vaccini anti Covid-19 proteggono dal rischio di long Covid o ne migliorano i sintomi anche se l’infezione è avvenuta prima della vaccinazione. Ma, stando ai risultati di altre ricerche, potrebbe essere difficile definire fin da ora la relazione tra vaccini e long Covid. Cerchiamo di fare chiarezza.
Dottore, posso soffrire sintomi di long Covid anche se sono vaccinato?
Fra le ricerche citate più spesso da chi sostiene che i vaccini diminuiscono il rischio di long Covid c’è uno studio internazionale che ha analizzato il decorso di Covid-19 tra vaccinati e non vaccinati al momento dell’infezione. L’obiettivo dei ricercatori era identificare gli eventuali fattori che diminuivano (o aumentavano) il rischio di infettarsi dopo la vaccinazione e definire le caratteristiche della malattia insorta in queste condizioni. Riguardo la durata dei sintomi a più di 28 giorni dall’infezione è emerso che la probabilità di soffrire di long Covid si dimezzava, rispetto ai positivi non vaccinati, dopo aver ricevuto la seconda dose di un vaccino contro Covid-19. “Questo risultato”, si legge nell’articolo di Michela Antonelli e colleghi del King’s College di Londra, pubblicato su Lancet Infectious Disease, “suggerisce che il rischio di long Covid sia ridotto in quei soggetti che hanno ricevuto la doppia vaccinazione, anche considerato il rischio ridotto, già comprovato, di infezione” [1].
È corretto dire che vaccinarsi diminuisce il rischio di long Covid?
“I dati che abbiamo a disposizione supportano un’efficacia del vaccino sul rischio di ammalarsi di long Covid” risponde a Dottore ma è vero che Alessandro Bartoloni, professore ordinario di malattie infettive presso il Dipartimento di Medicina sperimentale e clinica dell’università di Firenze. “Non possiamo sostenere che la vaccinazione annulli questo rischio, ma dai risultati dello studio inglese sembra emergere in maniera significativa il fatto che il vaccino riduca sensibilmente la percentuale di persone che sviluppa long Covid”. Vaccinarsi, inoltre, riduce in generale le probabilità di infettarsi e, in particolar modo, il rischio di contrarre la malattia in forma grave. “Il long Covid è molto più evidente nelle persone che hanno avuto forme complicate della malattia, quindi, se il vaccino riesce a ridurre in maniera significativa le forme che portano all’ospedalizzazione, e su questo non abbiamo dubbi, è comprensibile che riduca anche la frequenza del long Covid”, prosegue Bartoloni. “In questo momento la risposta migliore che possiamo dare, dal punto di vista preventivo, rimane la vaccinazione”.
Ma anche se lo studio sopra citato e altre ricerche preliminari (come quella, recentissima, di un team di ricercatori israeliani [2]) puntano effettivamente in questa direzione, abbiamo bisogno di ulteriori evidenze prima di poter affermare con certezza che i vaccini prevengono long Covid e proteggono anche chi contrae l’infezione da vaccinato.
Dottore, può spiegarsi meglio?
I dati pubblicati su Lancet Infectious Disease sono già stati revisionati da altri esperti, pertanto le conclusioni che ne vengono tratte si possono considerare attendibili. Ma ci sono altri dati, ottenuti da altri ricercatori, che non sembrano supportare l’ipotesi secondo cui la vaccinazione abbia un effetto protettivo su long Covid. Si tratta, ad esempio, dello studio pubblicato in pre-print – e quindi non ancora sottoposto a revisione – condotto da Maxime Taquet e colleghi dell’università di Oxford, che hanno seguito per sei mesi più di novemila vaccinati con una diagnosi di Covid-19 e un numero simile di positivi non vaccinati. A confronto con questi ultimi, i vaccinati avevano un rischio minore di sviluppare alcune complicazioni (malattia grave, ricovero in ospedale, ecc.), ma per quanto riguarda il long Covid, l’incidenza riportata era la stessa a prescindere dallo stato di vaccinazione [3].
Perché abbiamo risultati tanto diversi?
È importante ricordare che gli studi non ancora verificati attraverso un processo di revisione da parte della comunità scientifica sono considerati meno affidabili e credibili di quelli già revisionati, a causa di eventuali errori o imprecisioni non ancora rilevati dalla revisione tra pari (peer review). In attesa della valutazione di altri ricercatori, è dunque doveroso prendere con cautela le considerazioni o le previsioni supportate dai dati di Taquet e colleghi.
Fatta questa premessa, le possibili ragioni alla base della discordanza tra risultati potrebbero essere riconducibili a eventuali differenze fra uno studio e l’altro. Nel lavoro di Taquet, per esempio, l’analisi statistica è stata eseguita esclusivamente sulle informazioni contenute nelle cartelle cliniche di una popolazione di pazienti molto ampia ed eterogenea, ma che tuttavia potrebbe non aver rappresentato adeguatamente i pazienti asintomatici o che hanno pochi sintomi, o quasi trascurabili (paucisintomatici) [4].
Un aspetto critico di questi studi, infatti, deriva dalla difficoltà di includere pazienti paucisintomatici o asintomatici, che per la minore gravità o la totale assenza di sintomi non hanno avuto necessità di recarsi in ospedale. Attualmente le informazioni relative al decorso di Covid-19, e di conseguenza alla presunta efficacia dei vaccini su long Covid, provengono principalmente da pazienti ricoverati in ospedale. “Da una fotografia scattata su questa casistica di pazienti ci risulta che percentuali anche elevate di pazienti arriva ad avere sintomi a un anno dall’infezione”, chiarisce Bartoloni, “ma sulle persone che si sono infettate e che non sono mai state prese in considerazione perché rimaste al proprio domicilio è necessario realizzare uno studio complesso”, che consenta di generalizzare le conclusioni ottenute anche ai casi in cui l’infezione si è manifestata in forme leggere.
Dottore, cosa succede se mi ammalo prima di ricevere la vaccinazione?
Se non è del tutto chiaro il ruolo dei vaccini nel prevenire il long Covid, è ancora più difficile capire se gli eventuali benefici della vaccinazione siano validi anche su un long Covid preesistente. Fra gli studi in attesa di revisione ce ne sono alcuni che hanno indagato la relazione tra vaccini e long Covid anche nel caso in cui la vaccinazione sia avvenuta dopo l’infezione [5,6]. Sempre procedendo con una certa cautela, possiamo classificare questi studi nella categoria delle “ricerche che giungono a risultati ottimisti”: in base ai risultati ottenuti sembra infatti che le probabilità di riportare manifestazioni cliniche riconducibili a long Covid diminuiscano dopo aver ricevuto almeno una dose di vaccino contro SARS-CoV-2, anche successivamente all’infezione. In particolare, uno studio inglese realizzato su circa ventottomila persone tra i 18 e i 69 anni contagiate da SARS-CoV-2 prima di essere vaccinate ha scoperto che la presenza di sintomi di long Covid a tre mesi dall’infezione diminuiva del 13% dopo aver ricevuto la prima dose di vaccino e di un ulteriore 9% dopo aver ricevuto la seconda dose [5]. Altri dati in attesa di revisione potrebbero confermare che sia sufficiente una sola dose, somministrata prima dell’infezione o entro 12 settimane dalla diagnosi, a diminuire il rischio di long Covid [6].
Quindi, la vaccinazione protegge o no da long Covid?
La questione è piuttosto complessa e la comunità scientifica deve proseguire nella ricerca prima di poter sostenere senza ombra di dubbio che la vaccinazione diminuisca il rischio di long Covid e che possa risultare utile anche nel trattamento dei sintomi. “I dati su vaccini e long Covid necessitano di maggiore precisione, tant’è che si aspettano studi dagli Stati Uniti, che hanno investito molto su questo argomento, che possano dare risultati più sicuri”, sottolinea Alessandro Bartoloni. Buona parte delle evidenze a disposizione, molte delle quali ancora in fase di pre-print, sembrano suggerire che sia così, ma bisogna attendere la conclusione di studi svolti nell’ambito del progetto del RECOVER [7], il grande studio su long Covid finanziato dai National Institutes of Health statunitense, o quello di un team dell’università di Yale, che studierà i campioni biologici provenienti da pazienti con long Covid, vaccinati e non [8]. Questi studi sono stati avviati per cercare di dare una risposta anche a quelle domande (“alcuni vaccini proteggono più di altri dal long Covid?” oppure “perché solo alcune persone potrebbero godere dei benefici dei vaccini su long Covid?”) che al momento rimangono irrisolte.
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