Servono scarpe “giuste” per correre in salute?

18 Novembre 2022 di Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

La corsa è una delle forme di esercizio fisico più diffuse in tutto il mondo: una rilevazione di pochi anni fa stimava che in Italia più di sette milioni e mezzo di persone fra i 16 e i 69 anni praticassero più o meno regolarmente jogging o running [1].

Dottore, che differenza c’è tra jogging e running?

È una domanda legittima, perché spesso si fa confusione tra le due cose. In generale, possiamo dire che chi fa jogging non ha scopi agonistici: di solito lo fa saltuariamente, senza avere in mente né i chilometri percorsi o il tempo impiegato.

Al contrario, chi fa running segue quasi sempre un allenamento specifico, che prevede il controllo della propria andatura, i chilometri percorsi e i tempi. In qualsiasi momento qualcuno gli chieda “quanto fa sui mille metri” il runner è capace di dare la risposta.

Il running è al terzo posto tra gli sport più praticati e registra un alto tasso di crescita. Questa tendenza vale anche a livello internazionale: sarebbero oltre 600 milioni i praticanti attivi ai quali vanno aggiunte più di 80 milioni di persone che praticano la cosiddetta “camminata veloce” (walking). Come l’attività fisica in generale, sia il jogging sia il running sono associati a un’ampia gamma di benefici per la salute.

Quali benefici può garantire la corsa?

Un articolo uscito ormai quarant’anni fa sulla rivista ufficiale dell’associazione dei medici statunitensi (il JAMA) snocciolava sinteticamente i molti benefici della pratica del running tra cui – è una cosa importante alla quale si pensa raramente – la maggiore frequenza con cui le persone che corrono per svago abbandonano il fumo [2].

Altri vantaggi sono forse più prevedibili: la perdita di peso è comunemente associata alla corsa ed è maggiore nelle persone che sono in sovrappeso quando iniziano a correre.

La corsa ha anche importanti implicazioni positive per la salute mentale, in particolare per la depressione e i disturbi d’ansia, anche se la ricerca in questo campo dovrebbe essere svolta con maggiore rigore metodologico ed essere estesa anche agli adolescenti e alle persone di oltre cinquant’anni, due gruppi di popolazione ancora poco studiati [3].

Più di un terzo degli intervistati dagli autori dell’articolo aveva però avuto un infortunio muscoloscheletrico attribuito alla corsa nell’anno successivo alle gare a cui aveva partecipato e circa un settimo di tutti gli intervistati aveva dovuto rivolgersi al medico per conoscere le cause o curare i postumi dei propri infortuni. Il rischio di lesioni aumentava con i chilometri percorsi correndo

Quindi la scelta delle scarpe per correre è davvero importante?

È una domanda che chi corre si pone molto frequentemente. Dandosi sempre, però, la “solita” risposta offerta nei negozi di articoli sportivi e che troviamo ovunque in rete: nella corsa, le scarpe sono “tutto”, anche perché sono il solo attrezzo previsto da questo tipo di sport. Basta affacciarsi in un negozio di articoli sportivi per avere conferma dell’esistenza di un’enorme varietà di scarpe da corsa: proprio in ragione dell’abbondanza dell’offerta, possiamo essere sicuri dell’esistenza di prove a sostegno di chi vuole raccomandarci un tipo di scarpa piuttosto di un’altra? Quali sono le basi scientifiche di una convinzione del genere? Che ruolo hanno, se lo hanno, le scarpe da corsa?

Chi segue Dottore ma è vero che sa che la fonte migliore per chiarire i propri dubbi riguardo la salute sono le revisioni sistematiche: quelle sintesi metodologicamente rigorose che selezionano, valutano e sintetizzano i risultati degli studi condotti su un argomento. Una revisione Cochrane pubblicata nell’agosto 2022 ha esaminato gli studi randomizzati e controllati disponibili a livello internazionale per verificare se diversi tipi di scarpe da corsa possano realmente prevenire gli infortuni negli adulti che corrono [4].

Gli autori hanno confrontato diversi tipi di scarpe da corsa (in base alle loro caratteristiche di design) e hanno anche esaminato se la prescrizione di un particolare tipo di scarpa da corsa, scelto in base alla forma del piede, possa fare la differenza nella frequenza di lesioni agli arti inferiori.

Secondo questo studio, le scarpe possono influire sul rischio di lesioni per chi corre?

In primo luogo, c’è una premessa da fare sul rischio di lesioni nella corsa: occorre considerare che le lesioni acute si verificano dopo un evento improvviso, come ad esempio una distorsione della caviglia.

I muscoli, i tendini e le ossa tollerano l’esercizio – anzi, possiamo dire che sarebbero fatti apposta per sostenerlo – e si adattano a nuovi carichi di lavoro che vengano aumentati gradualmente. Intendo dire che aumentando gradualmente le distanze o l’intensità dell’allenamento un fisico in buone condizioni di salute risponde positivamente.

Tuttavia, se l’aumento del carico è eccessivo, spiegano gli autori della revisione, i tessuti non sono più in grado di rispondere in modo appropriato e questo può provocare una lesione che può cronicizzarsi. In lingua inglese su usa il termine di overuse: “uso eccessivo”. Le infiammazioni ai tendini (tendinopatie), il dolore al ginocchio, lo stress avvertito a livello della tibia mediale sono tipiche lesioni da sovraccarico.

È importante saperlo, perché le scarpe da corsa sono spesso proposte come possibile strumento per ridurre il rischio di lesioni croniche dovute alla corsa, sostenendo che una scelta oculata della scarpa possa controllare il movimento del piede o modificare il modo in cui le forze associate alla corsa sono distribuite attraverso le strutture del piede e della gamba.

Cosa ci dice allora la revisione sull’importanza delle scarpe nella corsa?

La revisione Cochrane ci spiega che potrebbe esserci soltanto una differenza minima o nulla nel numero di corridori che hanno subito una lesione all’arto inferiore utilizzando un modello di scarpa particolarmente ammortizzato rispetto a chi si è accontentato di scarpe di fattura meno elaborata. Ugualmente, c’è una differenza minima o (o non c’è affatto differenza) nel numero di runner che ha subito lesioni agli arti inferiori utilizzando scarpe con un’intersuola morbida rispetto a quelle con intersuola rigida.

Insomma, a farla breve non è necessario acquistare un tipo di scarpe piuttosto che un altro. La raccomandazione di diversi tipi di scarpe da corsa in base alle misure dell’impronta e/o dell’indice di postura del piede può fare poca o nessuna differenza per gli infortuni da corsa nei corridori amatoriali.

Eppure, mi è capitato di leggere in un sito di running i risultati di studi che dicono cose diverse: com’è possibile?

Succede spesso e si finisce con l’essere disorientati. Però – e questo è anche lo scopo di Dottore ma è vero cheoccorre saper leggere tra le righe degli studi, cogliendone le qualità ma anche i limiti. Per esempio, se le persone che hanno partecipato a una ricerca hanno delle caratteristiche particolari, i risultati potrebbero non essere applicabili a persone tutto sommato “normali” come noi.

È il caso, per esempio, di alcuni studi che hanno valutato il diverso effetto di modelli differenti di scarpe da corsa su militari che partecipavano all’addestramento al combattimento. È facile capire come si tratti di un gruppo di persone molto diverso dai corridori amatoriali. Quasi tutti gli studi condotti, inoltre, hanno dei limiti metodologici che ci portano a essere prudenti nel considerare i risultati: alcuni studi avevano considerato solo uomini, altre ricerche erano svolte su runner esperti e semi-agonisti, altri su atleti capaci di correre con intensità per 60 minuti. Fino a studi che riguardavano corridori che si allenavano per una 10 km o una mezza maratona. Una variabilità tale da rendere difficile generalizzare i risultati al cosiddetto mondo reale.

In definitiva cosa mi consiglia?

Le suggerirei di accostarsi con un sano scetticismo alle promesse salutiste che possono accompagnare la proposta di una scarpa da corsa o da allenamento. Per il resto, credo sia sufficiente “accontentarsi” delle numerose evidenze scientifiche che hanno dimostrato che le persone fisicamente attive – e quindi anche chi fa jogging o running – di tutte le fasce d’età hanno livelli più elevati di forma cardiorespiratoria, di salute e sensazione di benessere rispetto alla norma [5]. Inoltre, hanno un rischio minore di sviluppare diverse malattie croniche, tra cui quelle cardiovascolari, rispetto alle persone fisicamente inattive. Sebbene un’attività fisica più intensa e di lunga durata sia direttamente correlata a un miglioramento dei risultati, anche piccole quantità di esercizio fisico forniscono benefici alla salute.

Anche di questi aspetti, davvero molto importanti per la nostra salute, è fondamentale dialogare con il proprio medico, che potrebbe darci – i medici sportivi sono tantissimi e anche attraverso le proprie testimonianze promuovono buone abitudini [6] – anche qualche interessante consiglio sull’attrezzatura sportiva, certamente più disinteressato di quello che potrebbe giungerci dai produttori.

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Autore Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Rebecca De Fiore ha conseguito un master in Giornalismo presso la Scuola Holden di Torino. Dal 2017 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per riviste online e cartacee di informazione scientifica. Fa parte della redazione del progetto Forward sull’innovazione in sanità e collabora ad alcuni dei progetti istituzionali con il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
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